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Suor Maria Giuseppa Mora della SS. Trinità, figlia della Beata Elisabetta Canori Mora
Vita della Beata Elisabetta Canori Mora

IntraText CT - Lettura del testo

  • INTORNO ALLA VITA DELLA SERVA DI DIO ELISABETTA CANORI MORA MORTA IN ROMA IL DÌ 5 FEBBRAIO 1825 – BREVI CENNI SCRITTI DALLA FIGLIA MEDESIMA, MARIA LUCINA MORA, OSSIA MARIA GIUSEPPA DELLA SANTISSIMA TRINITÀ, MONACA FILIPPINA
    • LIBRO PRIMO
        • 19 - Il modo meraviglioso e singolare di come Elisabetta ricevette in dono la prodigiosa immagine di Gesù Nazareno
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19 - Il modo meraviglioso e singolare di come Elisabetta ricevette in dono la prodigiosa immagine di Gesù Nazareno

 

In questi più di due mesi di assenza del consorte, un giorno Elisabetta disse alle figlie: Non vi contristate più perché vedrete come il Signore vi consolerà presto; mi è parso di vedere in sogno una persona che Iddio ha destinato per farvi da padre, e gliene descrisse a minuto le fattezze, e ridendo disse: Io non so se quest’uomo esista al mondo, perché non lo conosco, ma nel mio sogno ho veduto i lineamenti di questo soggetto, che abbia il personale così, soggiunse, ve l’ho detto più volte che foste buone, ché il Signore vi avrebbe consolato, come spero, e sarà fra breve; anzi vi dirò anche questo, il Signore mi ha promesso che egli stesso verrà a farvi da padre e padrone di casa; la maniera non la so, confidiamo nella divina provvidenza.

Così la povera Elisabetta animava le figlie e con la sua fiducia in Dio mai fece mancare il necessario, non solo alle figlie, ma poté sovvenire tante persone indigenti, direi miracolosamente perché non chiedeva mai niente ad alcuno, mai raccontava le sue circostanze, non si sfogava con nessuno del poco giudizio del consorte. Tutte le persone che si prestavano a sollevarla lo facevano non per altri mezzi che per ispirazione che ne avevano; e così passò il tempo della dimora in Napoli del consorte. Tornò in Roma, se non erro, il giorno 7 di luglio 1816, di domenica mattina di buonora dicendo che era arrivato allora. Elisabetta e le figlie erano contente, avendo portato circa cento scudi e due tagli di abiti alle figlie. La buona Elisabetta lo ringraziò e offrì al Signore, a conto di merito, questo atto di dovere. Si dette subito moto di mandare a chiamare la suocera, perché potesse riabbracciare il figlio; mandò le figlie alla Messa, essendo festa, e in questo tempo fece fare la spesa per il pranzo e preparò tutto per la cucina acciò niente mancasse in una giornata di tanta letizia. Aspettò che arrivasse la suocera e le figlie tornassero dalla Chiesa, e con tutte queste aziende, si fece ora di ultima Messa. La figlia minore si prendeva pena, vedendola così affaticata ché per quel giorno non poteva ascoltare che una Messa, ma la savia Elisabetta, le disse: Vi serva di regola, si deve essere indifferente anche nelle opere di pietà, quando si soddisfa l’obbligo proprio e si adatta a quello che permette il Signore. Data questa risposta istruttiva alla figlia, se ne andò in Chiesa all’ultima Messa, in San Carlo alle Quattro Fontane, e benché così tardi, si comunicò al principio della Messa o dopo la consumazione del sacerdote, non saprei dirlo.

 

Nell’atto dunque che faceva il suo ringraziamento, dopo la Santa Comunione ringraziava il suo Signore con abbondanza di cuore e gli presentava quanto bene aveva soddisfatto al suo dovere il consorte con averle consegnata quella buona somma, e che gliela ascrivesse a merito. Non aveva terminata questa protesta in vantaggio del consorte che sente rispondersi internamente: Non lo credere che mentisce; sappi che da ieri sera e non questa mattina è tornato e ha portato la tale somma e altri oggetti per regali, significandogli tutto con chiarezza come era seguito. Le soggiunse di più: Egli è un ingrato, ma io oggi verrò in persona a fare da padre e padrone; di qui in avanti, non solo avrai il necessario per te e la tua famiglia, ma il soprabbondante. A queste espressioni pareva alla buona Elisabetta di non sapersi persuadere, ma il Signore tornò a replicargli il medesimo, con tutta asseverazione63, e così si assicurò che non era illusione. Dopo il mezzogiorno tornò in casa, chiamò la figlia minore e le disse: A voi in segreto dico che oggi arriva il padrone di casa, e tutto l’accaduto, ma il modo non lo so, vedremo quello che farà il Signore. Dopo questo fece allestire il pranzo, aspettando peraltro che tornasse in casa il consorte; sarà stata più di un’ora dopo il mezzogiorno, quando si misero in tavola con molta allegria. Ma l’allegrezza di Elisabetta aveva cambiato idea, attendendo l’arrivo di altro padrone di casa. Quando fu la metà del pranzo si sentì suonare il campanello di casa: Nessuno si muova - disse Elisabetta - vado io a ricevere il personaggio64, che sarà, e fece cogli occhi cenno alla figlia e andò ad aprire la porta. Era questi un sacerdote forestiero, non saprei dire se appena conoscesse Elisabetta, le disse il suddetto che si era portato in Roma per vari affari e prima di tornare fuori: Sono stato a visitare San Pietro questa mattina; stando dunque in questa Chiesa, procuravo di applicare al gran santuario in cui mi ritrovavo, quando da forte impulso e voce sensibile mi sentivo dire che da quella Chiesa partissi e subito portassi alla sua casa l’immagine di Gesù Nazareno65, miniatura miracolosa, che ho presso di me, e raccontò ad Elisabetta in confidenza come fu. Volevo far fare prova di obbedienza ad un mio penitente di 18 anni, gli comandai che mi miniasse un Gesù Nazareno, una Madonna Santissima Addolorata, che ho donata al Santo Padre Pio VII e un’altra con il Bambino in Braccio.

La forza dell’obbedienza l’ha fatto riuscire a tutto, e adesso è un bravo maestro senza avere mai imparato. Disse dunque il sacerdote ad Elisabetta: Riceva questa Santa Immagine, che da sé ha scelto il luogo di Sua dimora dalle mani di un indegno Suo ministro, e ben volentieri me ne privo per adempìre alla Sua Santissima volontà, e così si licenziò questo buon sacerdote. Questa visita andò un poco in lungo e il pranzo era terminato. Il consorte si era infastidito perché si era trattenuta tanto tempo, ma Elisabetta scherzando disse: Io mangio subito, e poi soggiunse, ho avuto un bel regalo e ve lo farò vedere, come fece, senza spiegare i sensi. Lo vide il consorte, la suocera e le figlie. Piacque molto, credevano fosse un regalo da mettersi quasi sopra una scatola da tabacco, ma Elisabetta sapeva, che era venuto per mettersi in trono da padrone, come poi seguì. Procurò per allora al meglio di adattargli come una cornicetta per venerarlo. Gli formò una specie di altarino nella sua camera, ci mise una lampadina per tenergli il lume e qualche candeliere da tavolino con le candele e in questo modo lo teneva in venerazione dicendo le orazioni in famiglia, avanti a questa Santa Immagine, la quale cominciò subito a fare miracoli. Non so se il secondo giorno che Elisabetta aveva questo Gesù Nazareno, un’amica venne a pregarla che facesse orazioni per un padre di famiglia che stava quasi moribondo, spedito66 da professori e la malattia era irrimediabile. L’infermo era carico di famiglia e molto anziano, e se periva erano tutti in mezzo alla strada. Elisabetta presa da compassione, piena di fede disse all’amica: Diciamo tre credo a questa Santa Immagine, poi prese certe ciambellette e gliele mise avanti acciò le benedisse, dopo le mise nel fazzoletto dell’amica, dicendole: Abbiamo fede che sarà guarito appena avrà mangiato qualche ciambella di queste, come appunto seguì. Quando andarono i professori, lo trovarono guarito del tutto. Dissero, sopraffatti dallo stupore, che se un simile miracolo l’avesse operato qualche Santo, poteva benissimo farsi il processo e gli attestati, ma avendolo fatto il padrone non c’era che ammirare la Sua clemenza. Quello che cagionò meraviglia fu il vedere l’infermo non solo guarito, ma rimesso in carne come non fosse mai stato malato, benché erano più di quaranta giorni che spasimava ed era già formata la cancrena. In questo modo graziosamente operò molti e strepitosi miracoli, che per brevità tralascio, ma del culto e della venerazione in cui fu tenuta la suddetta Santa Immagine e della cappella che fu eretta, ne tratterò a suo luogo, per ora accennerò solamente il compimento della predizione e della chiara dimostrazione di essere venuto a fare da padre e padrone; eccone il modo.

Aveva Elisabetta un’amica religiosa in un monastero, con la quale erano in scambievole unione di spirito, questa per motivo di ufficio aveva occasione di vedere molte persone anche secolari, le quali si raccomandavano sempre che pregasse per loro. La buona e umile religiosa rispondeva: Lo farò fare da un’anima buona67, e difatti, con questo mezzo tutti ricevevano le grazie che domandavano. Fra gli altri, una persona riguardevole andava a questo monastero anche per affari della comunità e si raccomandava a questa monaca che facesse orazioni per lui.

La suddetta gli promise che le avrebbe fatte fare; forse avrà ottenuto delle grazie, non saprei, ma so che questo soggetto domandò in grazia a questa monaca di poter parlare alla persona cui lei faceva pregare, sentendone un impulso particolare.

La buona religiosa scrisse ad Elisabetta che un suo amico aveva necessità di parlarle; se non aveva difficoltà glielo avrebbe mandato. Elisabetta rispose alla religiosa che lo inviasse pure non avendo alcun impedimento per poterlo ricevere. Appena ebbe ricevuto il biglietto e data la risposta, chiamò le figlie e disse: Oggi viene quel galantuomo che vi dissi mesi addietro, io non lo conosco. Quando lo vedrete, guardatelo se è come ve lo descrissi dopo che è arrivato il padrone di casa Gesù Nazareno; considerate sono pochi giorni, adesso vi costituisce le sue veci in questo soggetto, vedrete con la forza dell’ispirazione cosa saprà fare il Signore per voialtre, ma corrispondete alle Sue misericordie. Infatti, la suddetta persona favorì in casa di Elisabetta. Dopo averla ringraziata di molte grazie che aveva ricevuto per mezzo delle sue orazioni, le domandò vari consigli per l’anima sua e trattò anche di molti affari temporali, se e come poteva incamminarli, senza pregiudicare il suo spirito e ne risultasse gloria a Iddio e vantaggio al prossimo. Terminata la conferenza volle vedere le figlie, e chiaramente disse: Il Signore mi ha ispirato nell’intimo dell’animo che io debba farvi da padre, voglio darvi un appunto mensile, qualunque cosa vi occorre me la direte con tutta libertà, come la chiedereste al padre. So le vostre vicende essendo famiglia cognita68 e rinomata non si ignora la condotta di una parte all’altra. Dette poi l’occhio al piccolo altarino nella camera di Elisabetta e vide l’Immagine di Gesù Nazareno. Lo visitò con molta devozione e fervore, dopo disse: Faremo una cornicetta migliore, con il piede», come fece fare, di metallo dorato; e così si licenziò per quel giorno, domandando il permesso ad Elisabetta di tornare ogni volta che occorreva, restando fisso nella esibita spontanea mensualità. Partito che egli fu, le figlie se ne andarono da Elisabetta, fuori di loro per lo stupore, dissero: Mamma mia che prodigi straordinari sono questi, chi avrebbe mai creduto a un simile portento, ah! davvero non vogliamo avere altro padre che Gesù Nazareno, il quale sa e può operare simili miracoli. Veramente il soggetto è simile a quello che ci aveva descritto mesi addietro, senza conoscerlo. Con queste speranze ci andava animando perché fossimo buone, nelle strettezze in cui ci trovavamo, stando anche fuori nostro padre, più che mai non avevamo dove rivolgerci, benché è sempre stato per noi il meno del suo lucro. Con queste ed altre riflessioni ringraziarono di cuore il Signore, di tante grazie e misericordie compartite senza alcun merito. In questo sistema tranquillo per tali grazie ricevute terminò l’anno 1816. Ma il Signore preparò ad Elisabetta altri patimenti che descriverò nel capitolo seguente.


 




63 Assicurazione.



64 Don Andrea Felici di Imola. (Cfr. Pagani Antonio, op. cit., p. 212).



65 L’originale si trova nella cappella a sinistra dell’altare mggiore della Chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane di Roma, accanto all’urna dove riposa la Beata Elisabetta Canori Mora.

La devozione a Gesù Nazareno si richiama all’attività propria redentrice dell’Ordine Trinitario, e si riallaccia all’evento di una redenzione del 1682, nella quale, con gli schiavi, fu riscattata anche una statua lignea di Gesù Nazareno, venerata a Madrid. Da allora l’immagine di Gesù Nazareno si venera in tutte le Chiese dei Trinitari e trova riscontro in una grande e diffusa devozione popolare. La festa si celebra fin dagli inizi il 23 ottobre.

(Cfr. La mia vita …, op. cit., p. 397).



66 Destinato a morte sicura.



67 Si riferisce ad Elisabetta Canori Mora, come dirà più avanti.



68 Conosciuta.






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