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Suor Maria Giuseppa Mora della SS. Trinità, figlia della Beata Elisabetta Canori Mora
Vita della Beata Elisabetta Canori Mora

IntraText CT - Lettura del testo

  • INTORNO ALLA VITA DELLA SERVA DI DIO ELISABETTA CANORI MORA MORTA IN ROMA IL DÌ 5 FEBBRAIO 1825 – BREVI CENNI SCRITTI DALLA FIGLIA MEDESIMA, MARIA LUCINA MORA, OSSIA MARIA GIUSEPPA DELLA SANTISSIMA TRINITÀ, MONACA FILIPPINA
    • LIBRO PRIMO
        • 22 - Penosa infermità di Elisabetta sostenuta con invitto coraggio e fortezza Fu questa cagionata dalla potestà delle tenebre ed Iddio permise che la straziassero così
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22 - Penosa infermità di Elisabetta sostenuta con invitto coraggio e fortezza Fu questa cagionata dalla potestà delle tenebre ed Iddio permise che la straziassero così

 

Il 25 gennaio 1819 giorno in cui cade la conversione di San Paolo, Elisabetta fu sorpresa da svenimento mortale e restò priva di ogni idea sensibile, senza alcuna sensazione. E siccome stava in orazione, restò giacente per terra come un cadavere. Fu subito posta sopra il letto dalle figlie e altre due persone, senza poterla spogliare temendo di pregiudicarla perché si trovava in un abbandono come in profondo sonno e la lasciarono vestita. Durò questo sopimento dodici ore buone: dalle otto e mezza circa della mattina e si riscosse la sera alle nove e mezza. Furono fatte delle prove in questo tempo per scuoterla da quel letargo, ma tutto indarno. Finalmente la sera si destò e parlava con sentimenti liberi come non fosse stato niente, e niente cercava, nemmeno si curò di qualche piccolo sostentamento. Tutte le sue premure erano di avere il confessore, desiderando parlargli; ma le figlie inesperte, le dissero: Mamma mia, è impossibile questa sera, l’ora è avanzata, non abbiamo chi vada a chiamarlo, perché papà non è tornato a casa, e poi sono religiosi, pare disdica molestarli, verrà in tempo domani mattina.

In questo tempo le figlie la spogliarono e procurarono di sovvenirla; passarono tutta la notte quasi sempre intorno al suo letto. Quando si fece giorno fu sopraffatta da convulsioni tanto terribili che non c’era il modo di reggerla; tanto era il dibattimento e lo strazio che faceva compassione. Aveva perduta ogni idea, non conosceva più nessuno, nemmeno il proprio confessore quando venne la mattina dopo che aveva celebrata la Messa. Le figlie gli dissero che lo desiderava ieri sera, ma noi credevamo venisse in tempo questa mattina, ma il suddetto rispose: Iddio ha disposto così, perché vuole che vostra madre patisca senza aiuti umani e nemmeno conforti spirituali per mio mezzo; vuole che sia sola a combattere. Ciò nonostante mi presterò a soccorrerla per quanto posso. In questa circostanza il Signore permise che questo buon Padre si ammalasse. Si prestarono dunque le figlie ad assistere Elisabetta, con quella premura e assiduità come le avevano promesso. Ella benché non conosceva più nessuno, era così docile alla voce e all’attitudine delle figlie, che prontamente le obbediva come fosse stata una fanciulla. Stavano dunque così assidue il giorno quasi sempre tutte due, se potevano, ma siccome conveniva dare sesto alla casa e udienza a parenti ed amici, bisognava che una si prestasse, ma una o l’altra e mai la lasciavano neanche un solo momento. Appena la buona suocera intese il male di Elisabetta, volle portarsi ogni giorno ad assisterla. La mattina vi andava di buonora e si metteva accanto al letto della nuora, senza mai partirsi, tranne che il momento del pranzo. Poi vi ritornava fino all’ora dell’Ave Maria e fintanto che non fu guarita le fece tutti i giorni un’indefessa assistenza.

Il consorte era trapassato dalla pena, ma si trovava incapace di agire; per l’assistenza lasciò il carico alle figlie come più adatte ed esperte, e aveva piacere che sua madre si prestasse tanto. Le figlie erano assidue il giorno, e la notte facevano mezza nottata per ciascheduna, senza stancarsi. Non vollero accettare mai le esibizioni che vennero fatte dalle cognate di Elisabetta, dalla sorella della medesima e da molte amiche che volevano prestarsi per amorevolezza per farle riposare qualche notte.

Ringraziarono tutte per tante attenzioni e proseguirono la notte sempre da sole senza sentire fatica, né stanchezza, anzi serviva loro di consolazione perché molte volte la sentivano proferire questi accenti, in modo di risposta: Come mi potete dare quello che non avete? E come volete che vi creda, se siete il padre delle bugie e delle infedeltà? Rinunzio a satanasso e a tutte le sue diaboliche suggestioni e a tutte le sue promesse. Rinunzio al mondo e alla carne, e a tutte le loro promesse e falsi piaceri. Protesto di mortificare il mio corpo con digiuni, vigilie e penitenze, con le debite licenze. Andava ancora ripetendo: Ah Gesù mio, non mi abbandonate in mezzo a sì spietata battaglia, mi manca la forza di resistere, viene meno la mia misera umanità a tanto patire. Mio Dio aiutatemi, e non permettete che la vostra povera serva perisca.

A queste esclamazioni le figlie si avvedevano bene che il conforto le veniva dall’alto, vedendo che fissava gli occhi come se vedesse personaggi e faceva proteste di umiltà, di adorazione, di contrizione e di desiderio di ricevere Gesù Sacramentato, come in effetti riceveva per mano angelica, come poi narrò alla figlia minore.

Per questo oggetto che discorreva in queste guise giorno e notte, le figlie procurarono per quanto era possibile, di non ammettere nella sua camera tante persone, tenendo addietro gli stessi parenti per non dare motivo di ciarle e di biasimi, vedendola in quello stato, benché le figlie operassero con tante cautele. In ogni modo convenne chiamare il medico dal primo giorno che principiarono quelle forti convulsioni. Molti furono i rimedi che le fecero fare oltre che il medico, i parenti; specialmente quel fratello che aveva studiato medicina, si adoprò molto perché voleva con questi, vedere di richiamarla nei giusti sensi. Le volle far applicare i senapismi ai piedi, due vescicanti alle polpe delle gambe, una sanguigna al braccio e una alle tempie. Queste due sanguigne furono molto copiose, particolarmente quella delle tempie, ma tutto indarno, perché erano molto più gravosi i tormenti che soffriva e a tutti questi si rendeva affatto insensibile, proseguendo nella stessa maniera a smaniare e a dibattersi con moto tanto irregolare e terribile.

Vedendo che i rimedi non le giovavano affatto e che continuava a vivere, il medico disse: Questo non è male naturale, al certo non è possibile che un corpo umano regga a tanto strazio, mentre tengo per l’esperienza, che un male così violento non si può sostenere da un corpo umano, ma deve sicuramente cagionargli la morte, e non può andare più a lungo che tre o quattro giorni, aggiungendosi che non inghiottiva nemmeno una stilla di brodo. Fu provato qualche gelato e qualche cucchiaio di vino, ma tutto si riversava sopra la salvietta. Nemmeno una goccia d’acqua le figlie poterono farle ricevere. Se non sbaglio per cinque o otto giorni non prese un minimo ristoro, facendo il suddetto medico le più alte meraviglie: Questa donna non può sopravvivere che per puro miracolo, ma vedendo che ogni giorno si faceva maggiore il male, essendo uomo di molta pietà prese ad interrogarla e conobbe qualche cosa, benché non fosse presente a se stessa. Disse alle figlie: Insegnatemi dove sta e chi è il confessore di vostra madre. Difatti vi andò, lo trovò malato e gli disse: Si conosce che lo spirito di questa sua penitente è tutto assorto in Dio, ma il suo corpo soffre pene infernali perché si distingue benissimo che è malmenato dai demoni e che non è male naturale.

Il confessore sapeva bene la causa per cui tanto pativa e benché si trovasse cagionevole non lasciò di fare molte orazioni per aiutarla a sopportare e vincere una simile battaglia e procurò che molte persone pregassero secondo la sua intenzione.

L’istesso confessore ne fece inteso il Santo Padre acciò con le valide preghiere e autorevole comando l’avesse liberata dai demoni che così fieramente la strapazzavano. Il Santo Padre, per sua bontà, si compiacque di sentire che ci fosse chi prendeva tanta parte per i bisogni della Santa Chiesa senza avere riguardo alla propria vita, ma il solo amor di Dio e del prossimo l’aveva ridotta in questo stato per l’offerta fatta. Il Santo Padre anche per riguardo del confessore di cui aveva molta stima pregò molto e poi con la sua potestà pontificia, comandò a quei maligni spiriti che terminassero di malmenarla. Il Santo Padre fece sapere al suddetto confessore che il giorno della Purificazione di Maria santissima sarebbe restata libera, come seguì.

La figlia minore che faceva la mezza nottata, nel farsi giorno vide che la madre andava quietandosi e si avvide che placidamente conversava alla familiare come con persone, poi si riscosse come da un profondo sonno e disse alla figlia: Sappi che sono guarita, a voi come mia segretaria, narrerò il fatto.

 

Sappiate che per mezzo di un celeste favore sono restata del tutto sanata, mi è apparsa la santissima Vergine Maria, con uno stuolo di sante vergini e martiri. La santissima Vergine mi si è avvicinata al letto, vedendomi così semiviva per i gravi strapazzi ricevuti, mi ha chiamato con il dolce nome di figlia, mi ha benedetta e poi ha comandato ad una santa vergine che era presso di lei, che mi avesse toccato gli occhi perduti dall’atrocità dei tormenti di quei maligni spiriti, i quali con piombo bollente gocciato me li avevano tolti. Questa santa vergine ha fatto una profonda riverenza avanti alla santissima Vergine, poi mi ha toccato gli occhi e mi ha ridato la vista. La gran Madre di Dio così mi ha parlato: «Questa è la mia diletta Tecla73, che ti ha restituito la vista. Abbi gran stima di questa santa vergine la quale ha saputo tanto bene imitare le mie virtù».

Con queste e simili parole la santissima Vergine mi dava a conoscere questa gran santa, che io non conoscevo, né mai avevo inteso ci fosse questa santa. Oh quanto mai mi sono rallegrata nel vedermi, senza alcun merito, tanto favorita da tante sante vergini e martiri, ma il mio maggior contento era di vedermi favorita dalla presenza della gran Madre di Dio, che, tutta amore, con la sua amabile presenza mi ha consolata e ha comandato a tutte quelle sagre vergini che si rallegrassero meco per la vittoria riportata. Poi ha comandato a santa Silvia74 di toccare il mio corpo, così malconcio e rovinato per tanti strapazzi sofferti da quei maligni spiriti infernali. E difatti questa benigna santa, fatto un profondo inchino alla beatissima Vergine, ha toccato il mio corpo e mi ha sanata del tutto.

Quanto grandi siano stati i miei ringraziamenti, non ve li posso esprimere, mi sono trovata in un momento sanata perfettamente. Ho ringraziato di cuore la santissima Vergine e le ho offerto tutti i meriti di quelle gloriose vergini e martiri, che attorno le facevano corona. Versando lagrime di tenerezza e gratitudine mi sono annientata in me stessa, riconoscendomi indegna di sì alto favore. La Vergine santissima in atto di gradimento mi ha benedetta, promettendomi la sua speciale assistenza in tutto il tempo della mia vita, e particolarmente nel punto della mia morte, sicché, vedete che io sono del tutto guarita - disse alla figlia – «e potrei alzarmi, ma siccome stimo bene di fare tutto con l’obbedienza, sarà meglio aspettare il mio confessore.

Intanto si fece l’ora e si levò l’altra figlia e il consorte, i quali entrarono nella camera di Elisabetta e la trovarono in pieni sentimenti; le domandarono come stava, rispose: Molto meglio, vedete nella solennità di Maria santissima, posso dire che questa cara madre mi abbia guarita.

In questo mentre arrivò la suocera e, sentendo questa istantanea guarigione, si unì con il figlio e le nipoti a congratularsi e a ringraziare Maria santissima per una così straordinaria grazia. Piangeva di tenerezza dicendo: Ieri sera vi lasciai con il timore di non ritrovarvi viva, così diceva il medico ogni giorno e di più, ma in fine con tanti strapazzi di macchina vi spirerà che non ve ne accorgerete, perché è impossibile che possa sopravvivere. Ringraziamo dunque adesso unitamente il Signore e Maria santissima, poi soggiunse la buona suocera: Dovete curare la debolezza e bisogna che vi abbiate gran cura, perché una ricaduta sarebbe più cattiva. Elisabetta gradì moltissimo le premure della suocera e le rispose: Sono figlia di obbedienza, farò quanto mi dice.

La ringraziò di tante attenzioni che le aveva usato e di tanto strapazzo che si era presa ogni giorno per sua cagione e gliene dimostrò la gratitudine.

Il confessore nella stessa mattina si portò a visitare Elisabetta, la quale narrò tutto l’accaduto e il consiglio della suocera la quale ignorava la causa del male e la guarigione miracolosa per mezzo di favori celesti, e gli domandò come doveva regolarsi; le disse dunque il buon Padre Ferdinando: Stimo bene che vi tratteniate a letto per qualche giorno, per riguardo dei parenti e anche per obbedire alla suocera e al consorte che ha approvato ciò che ha detto la madre e in questo modo, stando a letto, vi lasceranno stare più quieta dalle loro dicerie, e così fu fatto.

Per altri otto giorni si trattenne a letto, poi principiò ad alzarsi, ma siccome Iddio la chiamava con frequenti favori, stava estatica di continuo e con il pretesto di debolezza tutto restava occulto.

Vedendo il suo confessore l’impossibilità che potesse andare in Chiesa per ricevere la Santa Comunione le ottenne dal Santo Padre la licenza di celebrare nella cappella la Santa Messa, con il permesso di poter ricevere la Santa Comunione ogni volta che si celebrava la Messa.

Il giorno 13 febbraio 1819, primo sabato di carnevale, si principiò a celebrare la Santa Messa. Più volte in voce il Santo Padre Pio VII gli accordò la licenza di celebrare la Santa Messa tre volte la settimana e così Elisabetta ebbe la consolazione di ricevere la Santa Comunione nella sua cappella, passando in quella quasi tutto il giorno e parte della notte.


 




73 Tra le varie Sante con tale nome, pensiamo che alluda a Santa Tecla, vergine e martire, la quale, convertita alla fede da San Paolo apostolo, sotto l’imperatore Nerone, nella confessione di Cristo vinse il fuoco e le fiere; e dopo aver superato, per istruzione di molti, innumerevoli combattimenti, andò a Seleucia, ed ivi si riposò in pace. Essa fu celebrata con somme lodi dai santi Padri. (Martirologio Romano). (Cfr. La mia vita...op. cit., p. 450).



74 Santa Silvia, madre di Papa San Gregorio Magno. (Cfr. La mia vitaop. cit., 451).






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