Il giorno 8 novembre 1819, ottava di tutti i
Santi, Elisabetta tornò a Roma con le sue figlie, le quali furono tanto contente
di ritornare alla loro patria e alla propria casa.
Ripresero subito il loro sistema di famiglia: il
consorte di Elisabetta tornò a casa e tutto si rimise nell’andamento di prima.
Ma la suddetta non si trovava bene in salute, o per meglio dire, il suo spirito
stava quasi sempre estatico e fuori dei sensi esterni, motivo per cui il corpo
si trovava in un continuo indebolimento e la maggior parte del giorno e molte
volte le notti intere se ne stava in ginocchio oppure seduta per terra, nel
modo che siedono sopra i loro piedi le forestiere nelle Chiese. In questa
situazione non poteva sortire di casa per ricevere la Santa Comunione e
ascoltare la Santa Messa.
Fu fatta l’istanza al Santo Padre Pio VII e per Sua
bontà si degnò con Suo rescritto di dichiarare oratorio privato la cappella di
Elisabetta, con la facoltà di poter celebrare quotidianamente la Santa
Messa77.
Il giorno 10 gennaio 1820, l’eccellentissimo
Cardinale Vicario78 mandò a visitare la cappella, se tutto era secondo
i sagri canoni. Fu trovato che tutto andava bene e in buona forma; il signor
visitatore ne restò molto edificato di vedere in tanto bello ordine tanto
l’altare quanto i paramenti sagri e tutti gli ornamenti della cappella. Altro
rescritto fu ottenuto in seguito per celebrare la Santa Messa nelle festività
solenni79. Altro rescritto ottenuto per fare la confessione
sagramentale e ricevere la Santa Comunione tutte le volte che si celebra la
Santa Messa nella suddetta cappella80. Fu ottenuto anche il rescritto
per l’indulgenza della Via Crucis,
valevole per tutti quelli che la visitavano, benché non fossero persone della
sua famiglia. Altro rescritto ottenuto dal Santo Padre, il quale dichiarò Altare
Privilegiato due volte la settimana, applicabile alle anime del
purgatorio81.
Chi potrà descrivere le consolazioni di Elisabetta
nell’avere ricevuto questi privilegi vantaggiosi per l’anima sua e per il
prossimo! Non si potrebbero numerare le grazie e i prodigi che il Signore si
degnò di compartire a molte persone e il gran numero di anime del purgatorio
delle quali per essere un numero, senza numero, ne formerò un capitolo a parte,
quando si parlerà della carità verso il prossimo.
Con tutte queste consolazioni spirituali non
mancarono ad Elisabetta molti patimenti tanto di spirito, di desolazione e di
abbandoni interni, quanto che fu travagliata dai demoni che molte volte le
comparivano e la percuotevano, specialmente quando orava in cappella.
Uno di questi maligni più volte le compariva in
figura di un nano e si metteva sopra le spalle, recandole un peso e un fastidio
straordinario. Ma ella proseguiva le sue contemplazioni, senza alterarsi
facendo forza a se stessa con l’aiuto di Dio ma, vedendo il nemico che non
poteva profittare niente, la percuoteva in modo che ne restava malconcia.
Se poi si metteva a scrivere è impossibile dire
come la maltrattava e la beffava, dicendole: Quanto sei sciocca ad obbedire a quel scimunito del tuo confessore,
vedi a che perdimento di tempo ti obbliga, lascia andare queste pazzie di
rendere conto dei favori che ti comparte il Signore, che bella figura, che sei! e cose simili.
Quando tratterò dei rigorosi digiuni che
Elisabetta praticò, narrerò quanto la molestò il demonio; basterà questo poco
per dimostrare i continui patimenti interni ed esterni, senza interruzione,
avendo sempre la spina quotidiana di quella benedetta figlia che si voleva
allocare, e questo pensiero e direi tentazione, la rendeva alquanto irrequieta
recando qualche disturbo alla madre. Elisabetta non credeva di acconsentire a
farle prendere qualcuno che era di suo genio, per non rovinarla e la figlia si
querelava perché la madre, per non farla maritare, le mandava indietro i
partiti e non voleva compiacerla; e in questa guisa Elisabetta dovette patire
tutta la vita.
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