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Suor Maria Giuseppa Mora della SS. Trinità, figlia della Beata Elisabetta Canori Mora
Vita della Beata Elisabetta Canori Mora

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  • INTORNO ALLA VITA DELLA SERVA DI DIO ELISABETTA CANORI MORA MORTA IN ROMA IL DÌ 5 FEBBRAIO 1825 – BREVI CENNI SCRITTI DALLA FIGLIA MEDESIMA, MARIA LUCINA MORA, OSSIA MARIA GIUSEPPA DELLA SANTISSIMA TRINITÀ, MONACA FILIPPINA
    • LIBRO PRIMO
        • 28 - Come si avverò la promessa che Iddio aveva fatto alla sua serva Elisabetta - Se ne servì come di suo istromento per impedire la fuga al Santo Padre Pio VII - Indi va a visitare la Chiesa di San Giovanni in Laterano
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28 - Come si avverò la promessa che Iddio aveva fatto alla sua serva Elisabetta - Se ne servì come di suo istromento per impedire la fuga al Santo Padre Pio VII - Indi va a visitare la Chiesa di San Giovanni in Laterano

 

Ben presto si videro i buoni effetti della promessa che Iddio aveva fatto alla sua serva Elisabetta che per allora avrebbe sospeso il flagello della sua irritata giustizia e voleva dar luogo alla sua misericordia. Ben presto, si vide con evidenza, mentre vennero in Roma le truppe austriache per la rivoluzione dei napoletani, che volevano invadere la città di Roma per promulgare la loro perversa Costituzione110.

Non mancarono a costoro i partitanti che erano nella nostra città di Roma in grande numero, i quali cospiravano tutti per mandare fuori il Santo Padre, Pio VII, con il malizioso pretesto di metterlo al sicuro per timore di una insurrezione di popolo.

La partenza del Santo Padre sarebbe stata veramente un passo terribile e molto funesto per la città di Roma e di sommo pregiudizio per i cattolici. I nemici della religione cattolica avevano peraltro tentato tutte le strade per far partire da Roma il Santo Padre; gli avevano incusso tanto timore e con fortissime ragioni lo avevano persuaso a partire. E difatti una notte avevano allestito una carrozza da viaggio per condurlo a Civitavecchia, ed avevano già, nei giorni antecedenti, preparato l’equipaggio per la sua partenza, dicendo che per allora lo trasferivano in questa città, se poi gli affari del governo fossero andati male lo avrebbero condotto in altre parti. Questa era tutta una manovra dei settari che volevano balzar via il Santo Padre.

Con la Sua partenza sarebbero partiti molti cardinali, prelati e signori, che erano tutti in sommossa per partire da Roma. Con questo malizioso pretesto volevano prendere loro le redini del governo di Roma, e così renderla schiava della loro barbara Costituzione. Gastigo ben meritato e dovuto a questa popolazione per la grande insubordinazione che si usa al governo ecclesiastico e per il poco e niente rispetto che si porta ai sacerdoti e ai religiosi, che ormai sono divenuti lo scherno ed il ludibrio111 degli stolti mondani che inventano a bella posta delle calunnie con l’insidiare il loro patrimonio, con l’usurpazione dei loro beni ecclesiastici. Avendo Elisabetta per mezzo di illustrazioni divine conosciuto chiarissimamente tutte queste trame, non faceva altro che raccomandare al Signore la Santa Chiesa e il Sommo Pontefice, perché Iddio gli avesse dato lume di non partire da Roma112. Disse peraltro Elisabetta al suo confessore che ella non mancava di pregare e la promessa che Iddio le aveva fatto di non traslatare la cattedra dell’infallibile verità, ma in ogni modo che procurasse di far sapere al Santo Padre che non si facesse sopraffare dalle persuasive di quelli che lo consigliavano e lo sollecitavano alla partenza, ma fosse assolutamente restato in Roma, che la misericordia di Dio avrebbe trionfato sopra i nostri nemici.

Prudentemente le rispose il confessore che questo avvertimento non si poteva fare al Santo Padre senza andare incontro a grandi ciarle, mentre era sentimento comune dei politici di mettere al sicuro il Santo Padre col farlo partire da Roma, e le aggiunse: Tanto non si otterrebbe il vostro intento, e che si sarebbe dovuto manifestare quello che molto premeva di tenersi occulto.

Vi dico peraltro che dovete pregare fervidamente il Signore, acciò gli dia lume di conoscere l’inganno per disprezzare tutti gli umani consigli, e possa deliberare di sua propria volontà di non partire da Roma. A questo saggio consiglio del confessore, Elisabetta si mise con tutto l’impegno a pregare il suo amorosissimo Iddio, dicendo: Vedete Signore io non ho mezzi umani di avvisare il Santo Padre, trovate voi il modo di avvisarlo con la vostra infinita sapienza.

Ben presto il mio Iddio si è degnato di esaudire le mie povere preghiere, così confidò alla figlia minore il fatto: Ecco che ad un tratto Iddio ha dato tanta agilità al mio spirito, che in un momento ha potuto penetrare il palazzo del Quirinale113 e ha parlato liberamente spiritualmente per via di intelligenza al Santo Padre e ha manifestato i miei sentimenti dettati dallo Spirito del Signore. Gli ho dato tutti quei documenti che credevo necessari per la sua permanenza in Roma; ben presto si vide con evidenza che il Santo Padre cambiò in un punto sentimento, e mise in pratica quanto Elisabetta con il suo spirito gli aveva manifestato. Benché tutti i consiglieri, con consigli e persuasive lo sollecitavano a partire e la carrozza era già attaccata e pronta, il Santo Padre disse che invece di partire voleva andare a riposare e non voleva andare fuori di Roma per nessuna ragione.

Questa improvvisa ed inaspettata deliberazione del Santo Padre guastò ad un tratto tutti i piani già fatti e stabiliti dai maligni settari. Nacque in loro una grande confusione. Questo fu un lavoro della grazia del Signore di così confonderli. Sicché le truppe napoletane, invece di avanzare verso Roma, come già avevano determinato, si riempirono di timore e si ritirarono precipitosamente lasciando le loro medesime fortezze senza sparare neppure un cannone e si diedero velocemente alla fuga.

Le truppe austriache sentendo questo fatto, avanzarono senza sparare cannoni e, senza combattere s’impadronirono delle loro fortezze e liberamente andarono in Napoli, benché i napoletani fossero nel numero di cinquantamila soldati. La loro precipitosa fuga ad altro non si può attribuire che ad una grande misericordia di Dio, che volle così risparmiare la vita a molte migliaia di persone. Così la città di Roma restò libera da questa terribile invasione, la quale sarebbe stata il principio di funeste sciagure e gravissime tribolazioni.

Eppure, chi lo crederebbe?, questo portentoso prodigio, operato dalla misericordia di Dio, da pochi si conosce e si confessa. Un simile portento della divina pietà usata verso la nostra città e tutto il cristianesimo.

Nel terminare del mese di febbraio Elisabetta chiamò la sua figlia minore e le disse: Sappiate che io ho avuto un preciso comando dal Signore di portarmi alla Chiesa di San Giovanni114 in Laterano, per ivi ossequiare la sua divina maestà, e fare i dovuti ringraziamenti per la grazia ricevuta di aver liberato la città di Roma dal grande gastigo che la sovrastava, ed insieme avessi formato l’intenzione di prendere possesso di quella chiesa a nome di tutti i cattolici, essendo la Chiesa dominante di questa nostra città di Roma. Questo atto io lo devo fare per riacquistare il diritto che si è perduto di possedere la cattedra dell’infallibile verità di Dio. Mi ha fatto conoscere che a me conviene di riprendere questo possesso già perduto, mentre io l’ho riacquistato per mezzo della sua divina grazia, con l’aver sostenuto virilmente per amor suo un diluvio di gravissimi patimenti.

A questo parlare di Elisabetta, rispose la figlia: E come è possibile mamma mia che lei possa fare una simile gita se non si regge in piedi dalla debolezza e dalla prostrazione di forze? Nemmeno fra un mese! È vero che se il Signore vuole così, le darà le forze come è stato in tante altre circostanze, come con evidenza abbiamo veduto.

La mattina del 27 febbraio Elisabetta comunicò al suo confessore quanto Iddio le aveva comandato. Il buon religioso a questo parlare restò altamente sorpreso, parendole veramente impossibile che lo potesse eseguire per l’estrema debolezza in cui si trovava.

Dovendo eseguire questo viaggio il primo marzo, le disse il suddetto: Umanamente sembra non sia possibile che vi riesca, ciò nonostante se Iddio vuole vi darà la grazia e la forza di poterlo fare; io credo un dovere di non oppormi e vi il permesso e tutte le licenze di poter eseguire quanto da voi vuole il Signore.

Difatti Iddio voleva fare questo prodigio di renderle immantinente le forze, perché mettesse in esecuzione i suoi divini ordini.

Il primo marzo 1821, Elisabetta si levò dal letto di buonora e si trovò in forze di stare in piedi come una sana che non aveva sofferto niente.

Se ne andò nella sua cappella e ascoltò la Santa Messa; ricevette la Santa Comunione con molto fervore e si trovò forte, disse per scherzo: Come un gigante, e il confessore che aveva celebrato la Messa restò sorpreso per un tal prodigio. Andò dunque Elisabetta a fare questa visita a San Giovanni accompagnata dalle sue figlie, ma non a piedi perché il prudente confessore le comandò che andasse con la carrozza, benché ella avesse il coraggio di andare a piedi. Fece così il suo viaggio in legno per sola obbedienza, andando piena di spirito, senza avere bisogno di appoggio.

Nella Chiesa di San Giovanni ascoltò una Messa, dopo andò camminando con molto sentimento per tutta la navata di mezzo; essendo entrata dalla porta minore sortì dalla porta maggiore. In altre visitò la Scala Santa senza neppure appoggiarsi. Nel ritornare a casa visitò la Chiesa di Santa Maria Maggiore115; e se ne tornò in casa vigorosa e forte come se fosse stata sempre bene.

 

Raccontò in seguito alla figlia quanto le era occorso in quella mattina: Vi dico il vero, mi trovo contenta di aver compìto e soddisfatto quanto mi aveva comandato Iddio. Mi ha dato a conoscere che molto aveva gradito il povero mio ossequio e il mio rendimento di grazie. Mi ha benedetta e mi ha chiamata «sua amica carissima, figlia obbediente alla sua divina volontà», mi ha fatto ossequiare da molti Santi Angeli, mostrandomi a loro qual figlia Sua prediletta, arbitra del suo cuore. Questa moltitudine di santi angeli mostravano le loro alte ammirazioni nel vedere la povera anima mia peccatrice tanto amata e tanto favorita dal loro Creatore e supremo Signore. Pieni di gioia e di contento tripudiavano di gaudio e con piena allegrezza cantavano inni di gloria al loro Signore, magnificando le sue infinite misericordie. Ne hanno provato i buoni effetti delle divine misericordie le anime sante del purgatorio, perché io ho chiesto in grazia al Signore la loro liberazione.

In questa santa giornata Iddio, per mera sua bontà, si mostrava tanto propenso e tanto liberale verso di me, che mi diceva: «Chiedi quanto vuoi che tutto otterrai». Ho approfittato di questa buona occasione e gli ho detto: «Mio Dio, Padre delle divine misericordie, vi prego di aprire le porte del purgatorio, acciò vengano tutte quelle anime benedette a lodarvi e benedirvi per tutta l’interminabile eternità».

Al momento, per comando di Dio, andarono in volo molti santi angeli a dischiudere quelle ferali porte, e un numero immenso di quelle sante anime, se ne sono volate al cielo, corteggiate dai loro santi angeli custodi.

Non ho dimenticato ancora di pregare per la salute eterna di tutti i parenti e benefattori, e nuovamente Iddio mi ha promesso che li avrebbe salvati tutti. Dio mi ha dato a conoscere molte cose riguardanti i presenti bisogni della Santa Chiesa e le sue giuste determinazioni, che a suo tempo avrebbe prese sopra di lei. Non credere, o figlia mia che questo mio parlare con voi sia a caso, ma il Signore è quello che mi obbliga ad esternarmi con voi per Suoi altissimi fini, volendomi istromento della Sua gloria e a suo tempo siate grata per tanti benefici e portatevi bene. Aggiunse molte cose del futuro riguardanti lo spirito e molti avvenimenti che sarebbero occorsi nella vita alla suddetta figlia, come nel decorso degli anni a puntino si è tutto avverato.


 




110 La rivoluzione liberale, scoppiata all’inizio dell’anno 1820, impose al paese la Costituzione (giurata il 7 marzo dal re Fernando VII), di ispirazione massonica, che resterà in vigore per tre anni (il cosiddetto triennio costituzionale). Il risultato dei governi liberali per la Chiesa, fu disastroso: ingerenze nella vita dei parroci, espulsione dei gesuiti (14 agosto 1820), soppressione di quasi tutti i monasteri e riduzione comandata di centinaia di conventi di regolari, annullamento di vari diritti della Chiesa, espulsione di vescovi anti-liberali dalle loro diocesi, divisione interna tra gli ecclesiastici, ecc. (Cfr. La mia vitaop. cit., p. 515).



111 Derisione.



112 Abbiamo motivo di ritenere che Lucina si riferisca ad una esperienza mistica di Elisabetta del 1821, esposta più dettagliatamente nel Diario della Beata. (Cfr. La mia vitaop. cit. pp. 516-517).



113 Fatto costruire quale residenza estiva dei Papi (1574), sotto il pontificato di Gregorio XIII, vi lavorarono grandi architetti come: Mascherino, Ponzio, D. Fontana, Maderno, Bernini e, nel ’700 F. Fuga. Fu palazzo dei re d’Italia ed attualmente è la residenza ufficiale del Presidente della Repubblica italiana.

(Cfr. Museo Italia, op. cit.).



114 È la Cattedrale della città di Roma. Fatta costruire da Papa Melchiade (311-314) nelle proprietà dei Plauzi Laterani a cinque navate, è dedicata al Salvatore e più tardi ai Santi Giovanni Battista ed Evangelista. Sin dal 1305 fu residenza ufficiale dei Papi che al ritorno dall’esilio di Avignone si trasferirono in Vaticano. Vari furono i rifacimenti nel corso dei secoli ma quello che cambiò totalmente volto alla Chiesa avvenne nel 1646 ad opera di Francesco Borromini, per volontà di Innocenzo X. (Cfr. Museo Italia, Armando Curcio Editore, s.d.).

 



115 La Basilica, così chiamata perché è la Chiesa più grande di Roma fra quelle dedicate alla Madonna, risale al V secolo ed ha conservato la struttura paleocristiana. Fu fatta costruire da Papa Sisto III in occasione del Concilio di Efeso del 431 che aveva proclamato la Madonna «Madre di Dio» e ne aveva sancito ufficialmente il culto. Al suo splendore hanno contribuito diversi artisti, fra cui J. Torriti, F. Fuga, D. Fontana, A. di Cambio, F. Ponzio, G. Reni, G. della Porta, C. Rainaldi. L’altare maggiore è sormontata da un maestoso baldacchino di Ferdinando Fuga; al di sotto si apre la Confessione, dove è conservata la reliquia più preziosa di Santa Maria Maggiore: la Sacra Mangiatoia. Si tratta di cinque tavole di legno, racchiuse in un reliquiario d’argento, che avrebbero composto la mangiatoia che fu la culla di Gesù Bambino. A destra dell’altare maggiore c’è la Cappella Sistina, costruita nel 1585 da Domenico Fontana per Sisto V. Nella navata di sinistra, di fronte alla cappella Sistina, c’è la cappella Paolina, costruita nel 1606 da Flaminio Ponzo per Paolo V Borghese.

(Cfr. Museo Italia, op. cit.).






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