Ben presto si videro i buoni effetti della
promessa che Iddio aveva fatto alla sua serva Elisabetta che per allora avrebbe
sospeso il flagello della sua irritata giustizia e voleva dar luogo alla sua
misericordia. Ben presto, si vide con evidenza, mentre vennero in Roma le
truppe austriache per la rivoluzione dei napoletani, che volevano invadere la
città di Roma per promulgare la loro perversa Costituzione110.
Non mancarono a costoro i partitanti che
erano nella nostra città di Roma in grande numero, i quali cospiravano tutti per
mandare fuori il Santo Padre, Pio VII, con il malizioso pretesto di metterlo al
sicuro per timore di una insurrezione di popolo.
La partenza del Santo Padre sarebbe stata
veramente un passo terribile e molto funesto per la città di Roma e di sommo
pregiudizio per i cattolici. I nemici della religione cattolica avevano
peraltro tentato tutte le strade per far partire da Roma il Santo Padre; gli
avevano incusso tanto timore e con fortissime ragioni lo avevano persuaso a
partire. E difatti una notte avevano allestito una carrozza da viaggio per
condurlo a Civitavecchia, ed avevano già, nei giorni antecedenti, preparato
l’equipaggio per la sua partenza, dicendo che per allora lo trasferivano in
questa città, se poi gli affari del governo fossero andati male lo avrebbero
condotto in altre parti. Questa era tutta una manovra dei settari che volevano
balzar via il Santo Padre.
Con la Sua partenza sarebbero partiti
molti cardinali, prelati e signori, che erano tutti in sommossa per partire da
Roma. Con questo malizioso pretesto volevano prendere loro le redini del
governo di Roma, e così renderla schiava della loro barbara Costituzione.
Gastigo ben meritato e dovuto a questa popolazione per la grande
insubordinazione che si usa al governo ecclesiastico e per il poco e niente
rispetto che si porta ai sacerdoti e ai religiosi, che ormai sono divenuti lo
scherno ed il ludibrio111 degli stolti mondani che inventano a bella
posta delle calunnie con l’insidiare il loro patrimonio, con l’usurpazione dei
loro beni ecclesiastici. Avendo Elisabetta per mezzo di illustrazioni divine
conosciuto chiarissimamente tutte queste trame, non faceva altro che
raccomandare al Signore la Santa Chiesa e il Sommo Pontefice, perché Iddio gli
avesse dato lume di non partire da Roma112. Disse peraltro Elisabetta
al suo confessore che ella non mancava di pregare e la promessa che Iddio le
aveva fatto di non traslatare la cattedra dell’infallibile verità, ma in ogni
modo che procurasse di far sapere al Santo Padre che non si facesse sopraffare
dalle persuasive di quelli che lo consigliavano e lo sollecitavano alla
partenza, ma fosse assolutamente restato in Roma, che la misericordia di Dio
avrebbe trionfato sopra i nostri nemici.
Prudentemente le rispose il confessore che
questo avvertimento non si poteva fare al Santo Padre senza andare incontro a
grandi ciarle, mentre era sentimento comune dei politici di mettere al sicuro
il Santo Padre col farlo partire da Roma, e le aggiunse: Tanto non si otterrebbe il
vostro intento, e che si sarebbe dovuto manifestare quello che molto
premeva di tenersi occulto.
Vi
dico peraltro che dovete pregare fervidamente il Signore, acciò gli dia lume di
conoscere l’inganno per disprezzare tutti gli umani consigli, e possa
deliberare di sua propria volontà di non partire da Roma. A questo
saggio consiglio del confessore, Elisabetta si mise con tutto l’impegno a
pregare il suo amorosissimo Iddio, dicendo: Vedete
Signore io non ho mezzi umani di
avvisare il Santo Padre, trovate voi il modo di avvisarlo con la vostra
infinita sapienza.
Ben
presto il mio Iddio si è degnato di esaudire le mie povere preghiere, così confidò alla figlia minore il
fatto: Ecco che ad un tratto Iddio ha
dato tanta agilità al mio spirito, che in un momento ha potuto penetrare il palazzo
del Quirinale113 e ha parlato
liberamente spiritualmente per via di intelligenza al Santo Padre e ha
manifestato i miei sentimenti dettati dallo Spirito del Signore. Gli ho dato
tutti quei documenti che credevo necessari per la sua permanenza in Roma; ben
presto si vide con evidenza che il Santo Padre cambiò in un punto sentimento, e
mise in pratica quanto Elisabetta con il suo spirito gli aveva manifestato.
Benché tutti i consiglieri, con consigli e persuasive lo sollecitavano a
partire e la carrozza era già attaccata e pronta, il Santo Padre disse che
invece di partire voleva andare a riposare e non voleva andare fuori di Roma
per nessuna ragione.
Questa improvvisa ed inaspettata
deliberazione del Santo Padre guastò ad un tratto tutti i piani già fatti e
stabiliti dai maligni settari. Nacque in loro una grande confusione. Questo fu
un lavoro della grazia del Signore di così confonderli. Sicché le truppe
napoletane, invece di avanzare verso Roma, come già avevano determinato, si
riempirono di timore e si ritirarono precipitosamente lasciando le loro
medesime fortezze senza sparare neppure un cannone e si diedero velocemente
alla fuga.
Le truppe austriache sentendo questo
fatto, avanzarono senza sparare cannoni e, senza combattere s’impadronirono
delle loro fortezze e liberamente andarono in Napoli, benché i napoletani
fossero nel numero di cinquantamila soldati. La loro precipitosa fuga ad altro
non si può attribuire che ad una grande misericordia di Dio, che volle così
risparmiare la vita a molte migliaia di persone. Così la città di Roma restò
libera da questa terribile invasione, la quale sarebbe stata il principio di
funeste sciagure e gravissime tribolazioni.
Eppure, chi lo crederebbe?, questo
portentoso prodigio, operato dalla misericordia di Dio, da pochi si conosce e
si confessa. Un simile portento della divina pietà usata verso la nostra città
e tutto il cristianesimo.
Nel terminare del mese di febbraio
Elisabetta chiamò la sua figlia minore e le disse: Sappiate che io ho avuto un preciso comando dal Signore
di portarmi alla Chiesa di San Giovanni114 in Laterano, per ivi ossequiare la sua divina maestà, e fare i dovuti
ringraziamenti per la grazia ricevuta di aver liberato la città di Roma dal
grande gastigo che la sovrastava, ed insieme avessi formato l’intenzione di
prendere possesso di quella chiesa a nome di tutti i cattolici, essendo la
Chiesa dominante di questa nostra città di Roma. Questo atto io lo devo fare
per riacquistare il diritto che si è perduto di possedere la cattedra
dell’infallibile verità di Dio. Mi ha fatto conoscere che a me conviene di
riprendere questo possesso già perduto, mentre io l’ho riacquistato per mezzo
della sua divina grazia, con l’aver sostenuto virilmente per amor suo un diluvio di gravissimi patimenti.
A questo parlare di Elisabetta, rispose la
figlia: E come è possibile mamma mia che
lei possa fare una simile gita se non si regge in piedi dalla debolezza e dalla
prostrazione di forze? Nemmeno fra un mese! È vero che se il Signore vuole
così, le darà le forze come è stato in tante altre circostanze, come con evidenza abbiamo veduto.
La mattina del 27 febbraio Elisabetta
comunicò al suo confessore quanto Iddio le aveva comandato. Il buon religioso a
questo parlare restò altamente sorpreso, parendole veramente impossibile che lo
potesse eseguire per l’estrema debolezza in cui si trovava.
Dovendo eseguire questo viaggio il primo
marzo, le disse il suddetto: Umanamente
sembra non sia possibile che vi riesca, ciò nonostante se Iddio vuole vi darà
la grazia e la forza di poterlo fare; io credo un dovere di non oppormi e vi dò
il permesso e tutte le licenze di poter eseguire quanto da voi vuole il Signore.
Difatti Iddio voleva fare questo prodigio
di renderle immantinente le forze, perché mettesse in esecuzione i suoi divini
ordini.
Il primo marzo 1821, Elisabetta si levò
dal letto di buonora e si trovò in forze di stare in piedi come una sana che
non aveva sofferto niente.
Se ne andò nella sua cappella e ascoltò la
Santa Messa; ricevette la Santa Comunione con molto fervore e si trovò forte,
disse per scherzo: Come un gigante, e
il confessore che aveva celebrato la Messa restò sorpreso per un tal prodigio.
Andò dunque Elisabetta a fare questa visita a San Giovanni accompagnata dalle
sue figlie, ma non a piedi perché il prudente confessore le comandò che andasse
con la carrozza, benché ella avesse il coraggio di andare a piedi. Fece così il
suo viaggio in legno per sola obbedienza, andando piena di spirito, senza avere
bisogno di appoggio.
Nella Chiesa di San Giovanni ascoltò una
Messa, dopo andò camminando con molto sentimento per tutta la navata di mezzo;
essendo entrata dalla porta minore sortì dalla porta maggiore. In altre visitò
la Scala Santa senza neppure appoggiarsi. Nel ritornare a casa visitò la Chiesa
di Santa Maria Maggiore115; e se ne tornò in casa vigorosa e forte come
se fosse stata sempre bene.
Raccontò in seguito alla figlia quanto le
era occorso in quella mattina: Vi dico il
vero, mi trovo contenta di aver compìto e soddisfatto quanto mi aveva comandato
Iddio. Mi ha dato a conoscere che molto aveva gradito il povero mio ossequio e
il mio rendimento di grazie. Mi ha benedetta
e mi ha chiamata «sua amica carissima, figlia obbediente alla sua divina volontà», mi ha fatto ossequiare da molti Santi Angeli, mostrandomi a loro qual
figlia Sua prediletta, arbitra del suo cuore. Questa moltitudine di santi
angeli mostravano le loro alte ammirazioni nel vedere la povera anima mia
peccatrice tanto amata e tanto favorita dal loro Creatore e supremo Signore.
Pieni di gioia e di contento tripudiavano di gaudio e con piena allegrezza
cantavano inni di gloria al loro Signore, magnificando le sue infinite
misericordie. Ne hanno provato i buoni effetti delle divine misericordie le
anime sante del purgatorio, perché io ho chiesto in grazia al Signore la loro
liberazione.
In
questa santa giornata Iddio, per mera sua bontà, si mostrava tanto propenso e
tanto liberale verso di me, che mi diceva:
«Chiedi quanto vuoi che
tutto otterrai». Ho approfittato di questa
buona occasione e gli ho detto: «Mio
Dio, Padre delle divine misericordie, vi prego di aprire le porte del
purgatorio, acciò vengano tutte quelle anime benedette a lodarvi e benedirvi
per tutta l’interminabile eternità».
Al
momento, per comando di Dio, andarono in volo molti santi angeli a dischiudere
quelle ferali porte, e un numero immenso di quelle sante anime, se ne sono
volate al cielo, corteggiate dai loro santi angeli custodi.
Non
ho dimenticato ancora di pregare per la salute eterna di tutti i parenti e
benefattori, e nuovamente Iddio mi ha promesso che li avrebbe salvati tutti.
Dio mi ha dato a conoscere molte cose riguardanti i presenti bisogni della
Santa Chiesa e le sue giuste determinazioni, che a suo tempo avrebbe prese
sopra di lei. Non credere, o figlia mia che questo mio parlare con
voi sia a caso, ma il Signore è quello che mi obbliga ad esternarmi con voi per
Suoi altissimi fini, volendomi istromento
della Sua gloria e a suo tempo siate grata per tanti benefici e portatevi bene. Aggiunse molte cose del futuro
riguardanti lo spirito e molti avvenimenti che sarebbero occorsi nella vita
alla suddetta figlia, come nel decorso degli anni a puntino si è tutto
avverato.
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