Forse con più
ragione domandavano i patrioti la riforma del governo. Tralasciando i motivi
privati, che spingevano taluni a declamare più di quello che conveniva, era
sicuro però che si voleva una riforma. Abrial finalmente giunse commissario
organizzatore del nostro Stato, e si accinse a farla.
Ma vi erano
nell'antico governo molti che godevano la pubblica confidenza, o perché la
meritassero, o perché l'avessero usurpata; e questi secondi (pochissimi per
altro di numero) erano, come sempre suole avvenire, più accetti, più illustri
de' primi, perché le lodi che loro si davano non rimanevano senza premio. -
Questi sono i primi che io toglierei - diceva acutamente, ma invano, in una
società patriotica il cittadino Mazziotti. Un governo formato da un'assemblea
si riduce a cinque o sei teste, le quali dispongono delle altre: se queste
rimangono, voi inutilmente cangiate tutta l'assemblea.
Le intenzioni
di Abrial erano rette: Abrial fu quello che più sinceramente amava la nostra
felicità e quello di cui più la nazione è rimasta contenta. Le sue scelte
furono molto migliori delle prime; e, se non furono tutte ottime, non fu certo
sua colpa, poiché né poteva conoscere il paese in un momento, né vi dimorò
tanto tempo quanto era necessario a conoscerlo.
Abrial divise i
poteri che Championnet avea riuniti. Il governo da lui formato fu il seguente:
nella commissione esecutiva, Abamonti; Agnese, napolitano, ma che aveva
dimorato da trent'anni in Francia, ove avea i beni e famiglia; Albanese; Ciaia;
Delfico, il quale non potette per le insorgenze di Apruzzo mai venire in
Napoli. I ministri furono: 1° dell'interno, De Filippis; 2° di giustizia e
polizia, Pigliacelli; 3° di guerra, marina ed affari esteri, Manthoné; 4° di
finanze, Macedonio. Tra i membri della commissione legislativa vi furono sempre
Pagano, Cirillo, Galanti, Signorelli, Scotti, De Tommasi, Colangelo, Coletti,
Magliani, Gambale, Marchetti... Gli altri si cambiarono spesso, e noi non li
riferiremo; tanto più che, nello stato in cui era allora la nostra nazione,
poco potea il potere legislativo, e tutto il bene e tutto il male dipendeva
dall'esecutivo.
Con ciò Abrial
volle darci la forma della costituzione prima di avere una costituzione, e con
ciò rese i poteri inattivi, e discordi i poteri dei cittadini. Questo
involontario errore fu cagione di non piccoli mali, perché la divisione de'
poteri ci diede la debolezza nelle operazioni in un tempo appunto in cui
avevamo bisogno dell'unità e dell'energia di un dittatore; ch'egli per altro
non poteva darci, perché, incaricato di eseguire le istruzioni del Direttorio
francese, avrebbe ben potuto modificare in parte gli ordini che si trovavano in
Francia stabiliti, ma non mai cangiarli intieramente. Talché tutti i fatti ci
conducono sempre all'idea, la quale dir si può fondamentale di questo Saggio:
cioè che la prima norma fu sbagliata, ed i migliori architetti non potevano
innalzar edifizio che fosse durevole.
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