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Vincenzo Cuoco
Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli del 1799

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  • Lettera dell'autore a N.Q.
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Lettera dell'autore a N.Q.

 

Quando io incominciai ad occuparmi della storia della rivoluzione di Napoli, non ebbi altro scopo che quello di raddolcire l'ozio e la noia dell'emigrazione. È dolce cosa rammentar nel porto le tempeste passate. Io avea ottenuto il mio intento; né avrei pensato ad altro, se tu e gli altri amici, ai quali io lessi il manoscritto, non aveste creduto che esso potesse esser utile a qualche altro oggetto.

Come va il mondo! Il re di Napoli dichiara la guerra ai francesi ed è vinto; i francesi conquistano il di lui regno e poi l'abbandonano; il re ritorna e dichiara delitto capitale l'aver amata la patria mentre non apparteneva più a lui. Tutto ciò è avvenuto senza che io vi avessi avuto la minima parte, senza che neanche lo avessi potuto prevedere: ma tutto ciò ha fatto sì che io sia stato esiliato, che sia venuto in Milano, dove, per certo, seguendo il corso ordinario della mia vita, non era destinato a venire, e che quivi, per non aver altro che fare, sia diventato autore. «Tutto è concatenato nel mondo», diceva Panglos: possa tutto esserlo per lo meglio!

In altri tempi non avrei permesso certamente che l'opera mia vedesse la luce. Fino a ier l'altro, invece di princìpi, non abbiamo avuto che l'esaltazione de' princìpi; cercavamo la libertà e non avevamo che sètte. Uomini, non tanto amici della libertà quanto nemici dell'ordine inventavano una parola per fondare una setta, e si proclamavan capi di una setta per aver diritto di distruggere chiunque seguisse una setta diversa. Quegli uomini, ai quali l'Europa rimprovererà eternamente la morte di Vergniaud, di Condorcet, di Lavoisier e di Bailly; quegli uomini, che riunirono entro lo stesso tempio alle ceneri di Rousseau e di Voltaire quelle di Marat e ricusarono di raccogliervi quelle di Montesquieu, non erano certamente gli uomini da' quali l'Europa sperar poteva la sua felicità.

Un nuovo ordine di cose ci promette maggiori e più durevoli beni. Ma credi tu che l'oscuro autore di un libro possa mai produrre la felicità umana? In qualunque ordine di cose, le idee del vero rimangono sempre sterili o generan solo qualche inutile desiderio negli animi degli uomini dabbene, se accolte e protette non vengano da coloro ai quali è affidato il freno delle cose mortali.

Se io potessi parlare a colui a cui questo nuovo ordine si deve, gli direi che l'obblio ed il disprezzo appunto di tali idee fece sì che la nuova sorte, che la sua mano e la sua mente avean data all'Italia, quasi divenisse per costei, nella di lui lontananza, sorte di desolazione, di ruina e di morte, se egli stesso non ritornava a salvarla.

- Un uomo - gli direi, - che ha liberata due volte l'Italia, che ha fatto conoscere all'Egitto il nome francese e che, ritornando, quasi sulle ali de' venti, simile alla folgore, ha dissipati, dispersi, atterriti coloro che eransi uniti a perdere quello Stato che egli avea creato ed illustrato colle sue vittorie, molto ha fatto per la sua gloria; ma molto altro ancora può e deve fare per il bene dell'umanità. Dopo aver infrante le catene all'Italia, ti rimane ancora a renderle la libertà cara e sicura, onde né per negligenza perda né per forza le sia rapito il tuo dono. Che se la mia patria, come piccolissima parte di quel grande insieme di cui si occupano i tuoi pensieri, è destino che debba pur servire all'ordine generale delle cose, e se è scritto ne' fati di non poter avere tutti quei beni che essa spera, abbia almeno per te alleviamento a quei tanti mali onde ora è oppressa! Tu vedi, sotto il più dolce cielo e nel più fertile suolo dell'Europa, la giustizia divenuta istrumento dell'ambizione di un ministro scellerato, il dritto delle genti conculcato, il nome francese vilipeso, un'orribile carneficina d'innocenti ch'espiano colla morte e tra tormenti le colpe non loro; e, nel momento istesso in cui ti parlo, diecimila gemono ancora ed invocano, se non un liberatore, almeno un intercessore potente.

Un grande uomo dell'antichità che tu eguagli per cuore e vinci per mente, uno che, come te, prima vinse i nemici della patria e poscia riordinò quella patria per la quale avea vinto, Gerone di Siracusa, per prezzo della vittoria riportata sopra i cartaginesi, impose loro l'obbligo di non ammazzare più i propri figli. Egli allora stipulò per lo genere umano.

Se tu ti contenti della sola gloria di conquistatore, mille altri troverai, i quali han fatto, al pari di te, tacere la terra al loro cospetto; ma, se a questa gloria vorrai aggiungere anche quella di fondatore di saggi governi e di ordinatore di popoli, allora l'umanità riconoscente ti assegnerà, nella memoria de' posteri, un luogo nel quale avrai pochissimi rivali o nessuno.

L'adulazione rammenta ai potenti quelle virtù de' loro maggiori, che essi non sanno più imitare; la filosofia rammenta ai grandi uomini le virtù proprie, perché proseguano sempre più costanti nella magnanima loro impresa...

 

 

NB. Ogni volta che si parlerà di moneta di Napoli, il conto s'intenda sempre in ducati: ogni ducato corrisponde a quattro lire di Francia.


 




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