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Vincenzo Cuoco
Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli del 1799

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  • 24 - Legge feudale
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24 - Legge feudale

 

La legge feudale richiedeva più lungo esame e presentava interessi più difficili a conciliarsi. Quella dei fedecommessi toglieva poco ai possessori dei medesimi, e quel poco davalo ai figli ed ai fratelli loro: la legge dei feudi toglieva ai feudatari moltissimo, e questo passava agli estranei, che talvolta erano i loro nemici. Intanto, l'abolizione dei feudi era il voto generale della nazione. Gli abitanti delle province ardevano di tanta impazienza, che aveano quasiché strascinato il re a dare alla feudalità de' colpi, i quali sentivano più di democrazia che di monarchia. Io dico ciò per un modo di dire, ma non son certo che la feudalità convenga più all'una che all'altra di queste due forme di governo. La forma di governo a cui la feudalità meglio conviene è l'aristocrazia: aristocratici erano i governi di tutta l'Europa nell'epoca in cui la feudalità prevaleva. Le monarchie presenti dell'Europa eransi elevate sulle rovine della medesima: ove essa era rimasta intatta, il governo era rimasto aristocratico, siccome in Polonia; ove era stata temperata, ma non distrutta, era surto una specie di governo misto, come in Inghilterra e nella Svezia: ove era stata interamente distrutta, era surto un governo aristocratico, come in una grandissima parte dell'Europa, e specialmente in quella parte che altre volte componeva l'immensa monarchia di Spagna, essa era rimasta in uno stato singolare, dove, avendo perduti tutt'i diritti che rappresentava in faccia al sovrano, avea conservati tutti quelli che una volta avea sul popolo. Prendendo per punto di paragone un vassallo degl'imperatori svevi, un pari della Gran Bretagna gli somiglia molto più che un napolitano quando è nel parlamento, il napolitano gli somiglia molto più dell'inglese quando è nelle sue terre.

Ma i primi diritti sono gloriosi al feudatario e posson esser utilissimi ed al sovrano ed allo Stato; i secondi sono al feudatario vergognosi, perché non è mai glorioso tutto ciò che è oppressivo e nocivo allo Stato, al sovrano, agli stessi baroni, perché tendono a distruggere l'industria, dalla quale solamente dipende la vera prosperità di una nazione. Questi diritti sono i diritti dei popoli barbari. Ovunque si sviluppa l'industria, essi vanno a cadere in obblio, ed è interesse degli stessi feudatari che ciò succeda. In Russia gli stessi grandi possessori di terra hanno incominciato a dar libertà e proprietà agli uomini che le abitano: con questa sola operazione, han quasi triplicato il valore delle terre loro.

I feudatari prevedevano che la rivoluzione li avrebbe obbligati a nuovi sacrifici, e bramavano che fossero i minori possibili. Taluni repubblicani troppo ardenti avrebbero voluto loro toglier tutto. Tra questi due estremi il mezzo era difficile a rinvenirsi. Non vi era neanche un esempio da seguire: la Francia, ove i grandi feudatari eran rimasti distrutti dalla guerra civile, non ebbe bisogno di leggi dopo l'opera delle armi35. Giuseppe secondo nella Lombardia avea da lungo tempo eguagliata la condizione de' beni.

Molte popolazioni incominciarono dal fatto, prendendo il possesso di tutti i beni de' baroni: se tutte avessero fatto lo stesso, la legge sarebbe stata men difficile a concepirsi. La forza autorizza molte cose che la ragione non deve ordinare, ed il popolo stesso ama di veder approvati molti trascorsi che fremerebbe vedendo comandati.

La discussione del progetto di legge fu interessante. Le due parti contendenti seguivano opinioni diverse, secondo i loro diversi interessi; i princìpi erano opposti, e, come suole avvenire allorché si va agli estremi, né sempre veri né sempre atti alla quistione.

I feudatari credevano che la conquista potesse essere un diritto; i repubblicani la credevano sempre una forza, e, quando anche avesse potuto diventar diritto, dicevano che, se un tempo i baroni aveano conquistata la nazione, ora la nazione avea conquistati i baroni: una nuova conquista potea spogliare gli usurpatori nel modo stesso e collo stesso diritto con cui essi spogliato aveano altri usurpatori più antichi.

I feudatari credevano legittimi tutti i titoli che dipendevano dall'antico governo, che essi riputavano del pari legittimo: i patrioti credevano illegittimo tutto ciò che non era stato fatto da una repubblica. Se si udivano i feudatari, tutto dovea conservarsi; se si udivano i patrioti, tutto dovea distruggersi, poiché, dichiarato una volta illegittimo un governo, non vi era ragione per cui parte dei suoi atti si dovesse abolire e parte conservare.

Questo era lo stesso che far la causa degli usurpatori e dei governi e non dell'umanità e della nazione, che eran tradite per soverchio zelo dai loro stessi difensori. Oggi si dice: - Un re non potea far questo; - domani un re avrebbe detto: - Questo non si potea far da una repubblica. - Quando prenderemo noi per principio la salute del popolo ed esamineremo, non ciò che un governo potea, ma solo ciò che dovea fare?

Voler ricercare un titolo di proprietà nella natura è lo stesso che voler distruggere la proprietà: la natura non riconosce altro che il possesso, il quale non diventa proprietà se non per consenso degli uomini. Questo consenso è sempre il risultato delle circostanze e dei bisogni nei quali il popolo si trova. Tutto ciò che la salute pubblica imperiosamente non richiede, non può senza tirannia esser sottomesso a riforma, perché gli uomini, dopo i loro bisogni, nulla hanno e nulla debbono aver di più sacro che i costumi dei loro maggiori. Se si riforma ciò che non è necessario riformare, la rivoluzione avrà molti nemici e pochissimi amici.

La feudalità presso di noi presentava una massa immensa di possessi, di proprietà, di esazioni, di preminenze, di diritti, acquistati, ricevuti, usurpati da diverse mani ed in tempi diversi. I feudatari non furono in origine che semplici possessori di fondi coll'obbligo della fedeltà, e, colla legge della devoluzione, essi non differivano dagli altri proprietari se non per aver ricevute dalla mano di un uomo quelle terre che altri ricevute avea dalla sorte. Ma i grandi feudatari erano nel tempo istesso grandi officiali della corona, ed, in tempi di anarchia o di debolezza, quei rappresentanti della sovranità, potenti ed inamovibili, fecero obbliar la sovranità che rappresentavano: quei diritti, che essi esercitavano come officiali della corona, divennero prima diritti del feudatario, indi della sua famiglia, finalmente del feudo. In tempi di continue guerre civili, i pochi uomini liberi che eran rimasti nelle nostre regioni, non avendo né sicurezzaproprietà, chiesero la protezione dei potenti e l'ottennero a prezzo di libertà.

Grandi erano certamente questi abusi; ma tale era l'infelicità dei tempi, tale la condizione degli uomini, tale la desolazione delle nostre contrade, che essi dovettero sembrar tollerabili effetti, e talora, giunti all'estremo, produssero il ritorno del bene. Gli uomini moltiplicati dovettero estendere la loro industria e reclamarono la loro libertà civile: è questo il primo passo che le nazioni fanno verso la coltura. Un re di spirito generoso, che voleva elevarsi, si rese forte col favore del popolo, che egli difese contro gli altri tiranni minori, e le monarchie di Europa sorsero dalle rovine dell'aristocrazia feudale. Noi vediamo nella nostra storia tutti i passi dati dal popolo, le opposizioni de' baroni, l'ondeggiar perpetuo de' sovrani a seconda che temevano o de' baroni o de' popoli, e la rapacità del fisco, eterno traditore de' baroni, de' popoli e dei re. La storia indica la strada da seguire uniforme alle idee de' popoli; le stesse leggi feudali indicano la riforma della feudalità; quella riforma, che i popoli bramano, che i baroni non possono impugnare.

Non bastava una legge che dichiarasse abolita la feudalità: questa legge sarebbe stata più pomposa che utile. Poco rimaneva presso di noi che avesse l'apparenza feudale: il difficile era riconoscer la feudalità anche dove parea che non vi fosse. I feudatari aveano de' diritti acquistati come officiali della corona e come protettori de' popoli: tali diritti non doveano più esistere in una forma di governo, in cui la sovranità veniva restituita al popolo ed il cittadino non dovea aver altro protettore che la legge. I baroni possedevano delle terre: non bastava che queste fossero eguagliate alla condizione delle altre. Se la riforma fosse rimasta a questi termini, i baroni, sgravati dall'adoa e dalla devoluzione, divenuti proprietari di terre libere, avrebbero guadagnato molto più di quello che loro dava l'esazione de' diritti incerti, vacillanti ed odiosi: il popolo non avrebbe guadagnato nulla. In una nazione, in cui l'industria è attiva, sarà vantaggio del feudatario far coltivare le sue terre dall'uomo libero, anziché dallo schiavo. Una nazione oziosa e povera chiede esser sgravata dai tributi: una nazione ricca ed industriosa è contenta di pagare, purché abbia mezzi di accrescer la sua industria. Nell'immensa estensione di terreni che i baroni possedevano, non vi erano che pochi i quali appartenessero al feudo: negli altri voi vedevate un cumulo di diritti diversi accatastati l'uno sopra l'altro ed appartenenti a persone diverse, tra le quali era facile il riconoscere che il più potente dovea esser l'usurpatore. Quindi veniva restituita alle popolazioni gran parte di quella massa di terreni feudali, chiamati «demaniali de' feudi» e che ne formavano la maggior parte; i boschi doveano per necessità divenire oggetti di pubblica ispezione; ai feudatari veniva a rimaner pure tanto di terreno da esser ricchi, quando all'ozio avessero sostituita l'industria; e la nazione, senza legge agraria, avrebbe avuta, se non la perfetta eguaglianza, almeno quella moderazione di beni, che in una gran nazione è più utile, meno pericolosa e più vicina alla vera eguaglianza.

Non mai si vide più chiaramente quanto il freddo e costante esame sia più pericoloso agli usurpatori che il caldo e momentaneo entusiasmo. I baroni avrebbero mille volte amato ritornare ai princìpi della «conquista» e della «legittimità», che, sebbene in apparenza più distruttivi, erano più facili a combattersi, più facili ad eludersi nell'esecuzione. Ma come combattere princìpi evidenti, che essi stessi aveano riconosciuti anche nell'abolito governo?

Ad onta di tutto ciò, il progetto non passò senza grandi dispareri: la spirante feudalità avea tuttavia molti difensori. Talun legislatore credeva nulla potersi decidere sulla feudalità, perché nulla avea deciso la Francia: invincibile argomento per un rappresentante di una nazione libera ed indipendente! Pagano credeva non esser giunto ancora il tempo di decidere la controversia: egli riconosceva necessarie e giuste le abolizioni de' diritti, ma voleva che non si toccassero i terreni, quasi che un popolo non dovesse esser oppresso, ma potesse essere legittimamente misero. Taluno volea che l'affare si fosse commesso ad un tribunale, che si sarebbe di ciò incaricato; ma, se le leggi sono fatte pel popolo, i giudizi sono fatti per i potenti, i quali, col possesso, coi cavilli e talora colla prevaricazione, riacquistano coi giudizi tutto ciò che il popolo avea guadagnato colle leggi.

Tanto importa che le idee del legislatore sieno a livello con quelle della nazione e che i progetti di legge contengano quelle idee medie, che tutti gli uomini sentono ed a cui tutti convengono! Se si fosse rimasto agli estremi, la legge non si sarebbe avuta o avrebbe prodotta una guerra civile; essa avrebbe portata con sé l'apparenza dell'ingiustizia. Fondata su princìpi che nessuno poteva negare, gli stessi baroni più avversi alla rivoluzione l'avrebbero sofferta, se non con indifferenza (poiché chi potrebbe pretendere che taluno resti indifferente alla perdita di tante ricchezze?), almeno con decoro.

Ma, nel tempo appunto in cui il governo era occupato della discussione del progetto di questa legge, Championnet fu richiamato, e Magdonald, che a lui successe, fu ben lontano dal voler sanzionare ciò che il governo avea fatto. Si dovette aspettare Abrial, il quale fu ragionevole e giusto. Ma intanto il tempo era scorso, ed il timore di disgustar diecimila potenti fece perdere ai francesi ed alla repubblica l'occasione di guadagnar gli animi di cinque milioni.

È degna di osservazione la differenza che passa tra la discussione che sulla feudalità vi fu in Francia e quella che vi è stata tra noi. Parlando della prima, Anquetil dice che la discussione dell'Assemblea incominciò da una proposizione fatta per render sicura l'esazione delle rendite a coloro che ne possedevano i diritti, e, passando da idea in idea, si finì coll'abolizione di tutti i diritti. In Francia s'incominciò dalle massime moderate e si passò alle esagerate; in Napoli da queste si ritornò a quelle. Ed era ciò nell'ordine della natura, perché noi riprendevamo le idee dal punto istesso nel quale le avean lasciate i francesi. Quindi è che tra noi furono più esagerate le opinioni de' privati che le idee del governo. Il governo seguì la massima che le leggi sulle proprietà hanno una giustizia propria, la quale consiste nel far sì che ciascuno perda il meno che sia possibile; e, nel caso della riforma feudale, si può far in modo che guadagnino ambedue i partiti. Io per me son sicuro che i feudatari potrebbero guadagnar più con una legge nuova che colle antiche. I diritti feudali si sostengono pel solo uso del fòro. Da che fu imposto tra noi l'obbligo ai giudici di dettar le loro sentenze sul testo espresso della legge, i diritti feudali sono stati di giorno in giorno aboliti, e col tempo lo saranno tutti. Ma una legge nuova dovea considerarsi piuttosto come una transazione che come un decreto; ed il lunghissimo possesso poteva per essa acquistar forza di titolo. La nuova legge feudale non dovea aver per iscopochimerica eguaglianza di benirevindica di domìni, ma solamente di liberare il popolo da tutto ciò che turbava l'esercizio dell'autorità pubblica, comprimeva e distruggeva l'industria ed impediva la libera circolazione delle proprietà.





35 Nella Francia vi fu ne' primi giorni dalla rivoluzione una legge feudale, ma essa non riformò che i disordini più orribili, i quali non vi erano più tra noi. La feudalità in Francia era più gravosa che in Napoli. Noi dovevamo incominciare precisamente dal punto in cui eransi arrestate le leggi francesi. Or questa seconda riforma era stata fatta in Francia dalla guerra civile.






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