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Vincenzo Cuoco
Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli del 1799

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  • 39 - Nuovo governo costituzionale
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39 - Nuovo governo costituzionale

 

Forse con più ragione domandavano i patrioti la riforma del governo. Tralasciando i motivi privati, che spingevano taluni a declamare più di quello che conveniva, era sicuro però che si voleva una riforma. Abrial finalmente giunse commissario organizzatore del nostro Stato, e si accinse a farla.

Ma vi erano nell'antico governo molti che godevano la pubblica confidenza, o perché la meritassero, o perché l'avessero usurpata; e questi secondi (pochissimi per altro di numero) erano, come sempre suole avvenire, più accetti, più illustri de' primi, perché le lodi che loro si davano non rimanevano senza premio. - Questi sono i primi che io toglierei - diceva acutamente, ma invano, in una società patriotica il cittadino Mazziotti. Un governo formato da un'assemblea si riduce a cinque o sei teste, le quali dispongono delle altre: se queste rimangono, voi inutilmente cangiate tutta l'assemblea.

Le intenzioni di Abrial erano rette: Abrial fu quello che più sinceramente amava la nostra felicità e quello di cui più la nazione è rimasta contenta. Le sue scelte furono molto migliori delle prime; e, se non furono tutte ottime, non fu certo sua colpa, poiché né poteva conoscere il paese in un momento, né vi dimorò tanto tempo quanto era necessario a conoscerlo.

Abrial divise i poteri che Championnet avea riuniti. Il governo da lui formato fu il seguente: nella commissione esecutiva, Abamonti; Agnese, napolitano, ma che aveva dimorato da trent'anni in Francia, ove avea i beni e famiglia; Albanese; Ciaia; Delfico, il quale non potette per le insorgenze di Apruzzo mai venire in Napoli. I ministri furono: 1° dell'interno, De Filippis; 2° di giustizia e polizia, Pigliacelli; 3° di guerra, marina ed affari esteri, Manthoné; 4° di finanze, Macedonio. Tra i membri della commissione legislativa vi furono sempre Pagano, Cirillo, Galanti, Signorelli, Scotti, De Tommasi, Colangelo, Coletti, Magliani, Gambale, Marchetti... Gli altri si cambiarono spesso, e noi non li riferiremo; tanto più che, nello stato in cui era allora la nostra nazione, poco potea il potere legislativo, e tutto il bene e tutto il male dipendeva dall'esecutivo.

Con ciò Abrial volle darci la forma della costituzione prima di avere una costituzione, e con ciò rese i poteri inattivi, e discordi i poteri dei cittadini. Questo involontario errore fu cagione di non piccoli mali, perché la divisione de' poteri ci diede la debolezza nelle operazioni in un tempo appunto in cui avevamo bisogno dell'unità e dell'energia di un dittatore; ch'egli per altro non poteva darci, perché, incaricato di eseguire le istruzioni del Direttorio francese, avrebbe ben potuto modificare in parte gli ordini che si trovavano in Francia stabiliti, ma non mai cangiarli intieramente. Talché tutti i fatti ci conducono sempre all'idea, la quale dir si può fondamentale di questo Saggio: cioè che la prima norma fu sbagliata, ed i migliori architetti non potevano innalzar edifizio che fosse durevole.





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