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Giovanni Faldella Donna Folgore IntraText CT - Lettura del testo |
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2 - Il diritto del marito e il diritto dell'amante
Se il barone Svolazzini meditava disegni coercitivi e sbrigativi contro l'innocente villanella Gilda, il Conte Federico De Ritz a maggior ragione mulinava di arrestare la rea sfolgorante moglie e il complice drudo. Come molti dottori in legge si sentiva indotto nel doppio senso ad applicarla: indotto per mancanza di dottrina pratica; e indotto per impulso di vendetta morale. L'uomo più plutarchiano dei nuovi tempi ebbe uopo di riassumere tutta l'antica virtù per fare fronte alla situazione. Comprendeva benissimo la caducità della carne umana. Contro l'altezza pura degli ideali Iddio ha posto la bassa pravità degli istinti. Ma se nella Società Umana si riconobbero obbligazioni civili e si instituì un diritto penale, nessuna sanzione civile, nessuna applicazione penale potevasi più evidentemente, più utilmente e più santamente invocare, che inseguendo e costringendo la perfida fuggitiva e il suo, più che rapitore, rapito. O si diventa anarchici, e si distruggono leggi ed autorità; e si lascia l'andamento dell'umanità alla lotta brutale degli uomini e alle forze esteriori. O permane il vincolo delle leggi e delle autorità sociali; ed è giocoforza reprimere i delitti. Allo specchio intellettuale e morale del Conte Federico De Ritz niun delitto compariva più enorme di quello perpetrato dalla moglie sua. Egli liberamente, lealmente le aveva offerta una felicità reale ed ideale. Non un'ombra di costrizione, non un filo di seduzione aveva determinato il matrimonio. Durante il matrimonio, egli si era consacrato innamoratamente a Lei, coinvolgendola nei più santi amori di Dio, Patria e Famiglia. Ove alla potenza di lui fisica avessero offerto la più formosa e soda, e meno compromettente villana, o la più procace Diva, egli le avrebbe respinte con la rabbia religiosa di un anacoreta estenuato. Ancora quando Nerina fosse divenuta brutta ributtante, purché fosse rimasta virtuosa, egli le sarebbe stato materialmente e spiritualmente fedele fino al termine della propria vita. Perché Nerina così iniquamente gli corrispose? Per infrangere capricciosamente come giocattoli gli ideali, senza il cui miraggio non può procedere la Società Umana. Dunque per dovere e diritto sociale bisogna colpire la femmina iniqua. E niun motivo dell'ordinamento sociale gli parve più chiaro di quello espresso dal Poeta latino col dare iura maritis. Rendendo ferreo il suo proposito virile, non volle neppure consultare i suoi venerati genitori, per tema che la loro pietà lo ripiegasse a fanciullo. Come un molesto motivo gli ritornavano all'orecchio i versi dei Fratelli d'Italia:
Son giunchi che piegano Le spade vendute.
¾ No! io non sono una spada venduta. Sono una spada libera, cosciente. Sono la spada della giustizia. Ma come manovrare la spada della giustizia? Una crisi morale riassalse Federico De Ritz prima che egli adisse le vie giuridiche. Il diritto è chiaro lampante davanti le coscienze oneste. Ma quale è la procedura per dargli la forza effettiva? Tra la moralità ideale e la giustizia positiva passa lo stesso intervallo, che tra l'anima e il corpo. ¾ Dio! Dio! Perché ci hai data un'anima e un corpo? Perché anime si adergono come fiamme alla purezza dell'ideale con un corpo inclinato alle pecche e ai delitti? E perché spiriti di forza lussuriosa legati a materia impotente? Che contrasti, che pasticci, Domine Dio! Io ho voluto essere l'equilibrio, l'impeccabile. E mi trovo col programma di punire una peccatrice fuggita. Perché non soccorre il fulmine a castigare l'ignominia? Invece del fulmine di Giove la Società Moderna suppedita il consulto di un bravo avvocato.
* * *
Uno specialista da consultarsi pei delitti d'amore era senza dubbio l'avvocato veneziano Giandomenico Scuriadi, detto anche l'avvocatissimo. Nella sua superlatività uomo chiaro, complesso e navigato. Ebbe per l'opera patriottica del padre, e per il proprio eroismo giovanile una bella luce dalla storica difesa di Venezia ad ogni costo. Aveva portato a Torino, alla Mecca d'Italia la più bella barba dell'emigrazione veneta, una barba coltivata per la figura dogale. Alla Maestà di un doge lattonzolo univa l'arguzia, e la vis comica del Goldoni, e qualche volta si sarebbe detta la furbizia snella dello Scapin di Molière. Adoperava, per non dire sfruttava, la diligente, paziente compilazione di modesti amici; e a sé riservava la grazia e la potenza dell'oratore forense e del seduttore da salotto. Aveva occhi da girifalco per avvistare e colpire tutte le bellezze; aveva pinne di naso frementi per richiedere ed arrivare i profumi più gustosi. Aveva un debole per tutte le specialità del palato, dai tartufi d'Alba al moscato di Canelli. Alla dirittura alta dell'entusiasmo per gli ideali sapeva congiungere la tenerezza plastica ed elastica degli accomodamenti terreni. Liberata la sua Venezia, egli aveva portato il suo studio legale fra le lagune natie. E la sua barba larga da spartivento faceva riscontro alla lunga lista di barba Catoniana del venerando Sebastiano Tecchio. Questi era un'immagine curule di diaspro, capace da resistere statuariamente anche all'assalto capitolino dei Galli e rintuzzarne, castigarne romanamente l'insulto. L'avvocato Scuriadi con tutta la sua dignità barbuta ed una calvizie spiovente in ricci da sinagoga esercitava una disinvoltura da sbarazzino mobilissimo, per cui la sua barba impavida poteva affrontare le nebbie del Tamigi e il simoun del Saara. Certi peccati non avrebbero neppure osato di presentarsi davanti all'austerità di Papirio Cristiano, in cui si impersonava Sebastiano Tecchio; sapevano di trovare un confessionale indulgente nello sparato dell'avvocatissimo Scuriadi. Niuno più di lui giudicava con sereno accaparrante equilibrio i falli amorosi. Appena doveva accostarsi alla sua eloquenza galante il biondo capitano e gentile barone valoroso e bello e poeta di proverbi martelliani Don Francesco De Renzis, quando alla Camera dei Deputati discutendosi il Codice Penale difese i dolci e marziali reati mondani dell'adulterio e del duello. Ma l'onor. Francesco De Renzis era miele di Pragelato di fronte alla sapienza che bolliva, tiepidava nel Salomone erotico delle Lagune. Dopo aver ascoltato con ammirazione pensosa il Conte Federico De Ritz, il chiaro avvocato lo investì con quel tono di iracondia estetica, che lusinga invece di offendere: ¾ Ma Lei parla come il capo di una tribù selvaggia; almeno tali sono le sue pretese. Vorrebbe catturare, castigare sua moglie, e a un tempo possederla come un sultano in un serraglio. ¾ No! No! ¾ scoppiò il monogamo convinto. ¾ Però, ¾ seguitava imperterrito l'avvocato nella sua terribilità amabile arguta Però vi è sempre contraddizione in termini; confusione di varie civiltà, di cui l'una si è sovrapposta all'altra, ha eliminato l'altra. Dovrebbe accorgersene Ella stessa, che quale eroe garibaldino ha contribuito alla presente nostra civiltà costituzionale laica, e, sì, lo so, che Ella lo vuole, anche religiosa. È innegabile che il gius canonico religioso dà l'assoluto diritto di esigere il debito coniugale. E vi furono canonisti, ed anche civilisti che sostennero potersi per tale esazione ottenere il braccio secolare, la mano militare. Ma si immagina Lei un paio di carabinieri a custodia e guarentigia del talamo? Il conte De Ritz fieramente: Anzitutto io voglio punire la svergognata infrazione. ¾ Sta bene! ¾ ripigliò l'avvocatissimo: La nostra Civiltà penale ancora colpisce il reato di adulterio... Ma per un sofisma di fatto chi resta realmente punito si è il punitore... Chi ha il coraggio di portare le sue vergogne in pubblico dibattimento...? ¾ Io! io! ¾ asseverò fortemente il conte... ¾ Prima si provi a trattare con le sue mani senza guanti le feci dei prigionieri... Cliente ed avvocato quasi si adersero furiali l'uno di fronte all'altro... L'avvocatissimo Scuriadi si compiaceva di questi culmini drammatici, su cui sapeva versare l'onda sedativa della sua loquacità amena. ¾ Non pigliamoci per il collo. Per carità! Mosaicista di aneddoti e citazioni soggiunse: Non voglio mettere sulla parcella una tiratura di collo, che sarebbe più cara dei patemi d'animo valutati mille lire dallo spiritoso avvocato francese Lepetit Pigmeus per aver dovuto arringare contra il suo magniloquente suocero Golias Giganton... E con un timbro dolcissimo proseguì: ¾ Veniamo ai ferri corti. Riassumiamo. Mi inchino all'eroe, al quale occorrerebbe in moglie Urania, la Venere celeste, per giunta cristianizzata dal nostro santo civile Tommaseo. Ma pur troppo sulla terra anche l'eroe si imbatte nella Venere Terrestre Poliania, di cui sono quasi rituali le numerose pecche. Di queste Le consento ve ne siano alcune imperdonabili. Ma per il voluto castigo e per la voluta riparazione, bisognerebbe che Ella avesse sottomano legislazioni e magistrature oramai sprofondate. Ad esempio le tornerebbe che la colpevole si inchiodasse per la parte del... cuore come si usava nella Polonia e nella Spagna. Invece, se ora Ella presenta una querela di adulterio nanti il nostro Tribunale Civile e Correzionale, otterrà che i colpevoli siano condannati ad una pena tenue, come si fossero limitati a mormorare del prossimo invece di recitare insieme un peccaminoso paternostro. Il gioco non vale la candela. Ed anche ottenesse il carcere per la infedele, non sarebbe un carcere duro, ma un carcere cortese, circondato dalla simpatia del pubblico, che non risparmierebbe il ridicolo al marito... Il conte Federico si aderse sulle stampelle. E l'avvocatissimo dolcemente: ¾ So che Ella è un uomo superiore, un vir; ed io La complisco per il coraggio esemplare, con cui vorrebbe tener fronte ai pregiudizii ed errori popolari... Ma mi lasci spiegare un mio concetto... Il carcere governativo non sarebbe un carcere feudale, in cui il barone teneva a propria disposizione la propria moglie. Sua moglie potrebbe peccare liberamente con i carcerieri ed opporsi legalmente a Lei... Non le verrebbero in taglio neppure i canoni degli ebrei... Ripudiarla... inutile, quando si è allontanata da sé... Il Conte si attizzò in volto di maggiore collera... E l'avvocatissimo forte e soave: ¾ Le accomoderebbe meglio il Tue- la di Dumas figlio. Ma chi Le assicura una assolutoria alla Corte d'assise? ¾ Non me ne importerebbe. Allora l'avvocatissimo assunse un tono di predicatore: ¾ Non ha diritto di togliere una vita chi non l'ha data. Quindi, rendendo la voce razzente da moscone, e facendo splendere sulle ciglia e sulla calvizie un luccichio da scarabeo d'oro, confessò: ¾ Le confesso, che con tutta la mia barba da padre guardiano sono un morbido. E vagheggio Corti Spirituali d'amore per giudicare i reati femminei... Però non voglio lasciar partire un eroe da un mio consulto... imperfetto. La voce dell'oratore scese a profondità di mistero ed oracolo: ¾ Ella non potrà ottenere nulla dalla Società palesemente organizzata. Ma potrà ottenere assai dalle potenze secrete, dalle organizzazioni occulte... Verrà un tempo, in cui il pubblico stanco della inettitudine governativa, per cui si pagano le imposte forzose, si imporrà sacrifizii volontari per avere il servizio di una propria magistratura e di una propria forza... Tra le più forti coscrizioni e costrizioni volontarie vi sarà il Socialismo... Intanto scruti, si approfondisca nelle attuali organizzazioni sotterranee... Ella potrà sicuramente contare sulla massoneria e sulla gesuiteria. Si rivolga ad una di queste potenze. Se il momento non fosse stato tragico, il cliente avrebbe potuto rispondere al consultore nel dialetto piemontese compreso pure dall'antico emigrato veneto: Chielam badina. Un giovane scritturale dall'aria di Leporello portò sopra una guantiera di argento al commendatore Avvocato due viglietti di visita, uno dei quali orlato d'oro. L'avvocatissimo, che ci teneva alle combinazioni drammatiche come ad un privilegio della sua sorte, inarcò le ciglia, quasi a dimostrare, che la combinazione stavolta non era soltanto stupenda, ma altresì tremenda. Come per un lampo dall'orlatura aurea di uno di quei viglietti, il conte Federico De Ritz si avvide chi erano i nuovi clienti, che ricorrevano all'avvocato Scuriadi, era la parte avversaria: e quale avversaria! Egli sentì l'avversità fino all'ultimo sangue; si sentì intronare il consiglio di Alessandro Dumas figlio: Tue- la. Reggendosi sopra una stampella, con la mano libera frugò nelle tasche in cerca di un rivolverino, un giocattolo gemmato in cui dormiva la virtualità di più morti. L'avvocato Scuriadi, con una rattezza liquida, che pareva inverosimile nella sua soda corpulenza, balzò a chiudere l'uscio a chiave, mettendosela in tasca. Quindi con una imposizione di mani sacerdotali sulle spalle del Conte, gli inculcò: ¾ Sia savio, virtuoso, eroe. Ottenuta una relativa calma dall'eroe, l'avvocatissimo sgusciò via, rinchiudendo lo studio dall'esterno. Non ritardò molto a ritornare presso il suo prigioniero, liberandolo con l'assicurazione menzognera: ¾ Li ho fatti scappare. Non si deve profanare nel sangue questo pacifico tempio di Astrea. Caro mio: vi fu chi osò chiamare gli avvocati benefattori dell'umanità, la provvidenza della terra. Il Conte si era energicamente ripiegato su se stesso; ma quando sentì il congedo in un mellifluo «ora basta la sessione di massima; ad un'altra sessione i dettagli!» avrebbe voluto per un miracolo gittare da sé gli inciampi delle gloriose ferite, e, adoperando le forze centuplicate dalla gelosia, regina delle furie, atterrare con le gruccie gli usci, polverizzare invetriate, invadere fughe di stanze fino a sorprendere i traditori accovacciati ed impalarli ciascuno con una stampella nella gola. Nel transitare dall'anticamera lo guadagnò un filtro di ammaliatrice invincibile; il profumo di carne eterea, unica nella bellezza terrestre, che egli aveva meritato di fare tutta sua, il profumo di un'anima sovrana, che egli aveva voluto santamente aggiogare tutta per sé.
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Allorché fu sicuro, che il Conte era disceso, l'avvocatissimo si avanzò a scovare la Contessa Nerina De Ritz ed il pubblicista Adriano Meraldi dal boudoir, dove li aveva rapidamente colle buone e colle brusche tradotti e rintanati a salvezza, un boudoir, dove nella penombra di velluti, vernici ed oro pareva nuotassero tese di abbracciamenti storici. Li condusse nel suo studio luminoso; li fece sedere, mezzanamente lusingandoli con una esclamazione furtiva: ¾ Belli! Poi di proposito: ¾ In che ho l'onore...? Sentita l'esposizione, come se nell'oriuolo della testa il congegno scoccasse un'altra ora, meditò, più che disse: ¾ Non par vero; subito dopo che mi era chiesto in consulto il diritto del marito, ora mi si domanda il diritto degli amanti... Ma per Venere e Marte è di una semplicità da Monsignor de la Palisse... Il diritto degli amanti è di amarsi... Ed in questo mondo, non avete bisogno di saperlo da me, nulla si è ancora trovato di meglio, che fare all'amore... Il Padre Eterno per assicurarsi la continuità della sua creazione, le ha dato per istimolo la quintessenza del maggiore godimento... Testé mi capitò in mano un libro di A. G. Cagna, giovane scrittore vercellese di molta originalità e di molto polso e di molte carte. Questo libro è arguto ed erotico (due qualità difficilissime ad accoppiarsi) ed è intitolato: Falene dell'amore. Una mia svista pose un tagliolino alla prima elle del titolo; e lessi Fatene dell'amore! Che dolcezza di titolo e di raccomandazione insuperabile. Titolo da angeliche farfalle: Fatene dell'amore. Sì fatene pure dell'amore. La Contessa De Ritz, dottorale, teologhessa, senza diminuire la sua incomparabile leggiadria, ed imponente, come una giudichessa di Corte d'amore, notò: ¾ Ma l'amore, senza matrimonio, è soltanto una speculazione maschile. Io voglio, che a dimostrarmi l'amore, l'amante mi sposi... Egli gentilmente e doverosamente consente. E domandiamo a Lei... il mezzo più spiccio per rompere il mio precedente matrimonio con il signor conte De Ritz... E poiché ci troviamo qui in confidenza... per facilitarle il responso le annunzio, che io sono disposta a ritornare dal Papa, inventando qualsiasi motivo di nullità... L'avvocatissimo mostrò sulla fronte una nube di corruccio per quella esibizione falsaria contro un monolito di sincerità... e rispose: ¾ Questa è la strada vecchia, ma non è la strada buona... Ottenuta la rottura dal Vaticano, le rimarrebbe da rimpattarla con il nostro Diritto Civile... E qui calza il mio brevetto d'invenzione per le nuove nozze degli infelici coniugati italiani... È un'alta questione di diritto internazionale privato, che ancora l'altro giorno discutevo fraternamente con il mio eloquente contradditore ed amico on. Spantigati... Egli, interpretando il titolo preliminare al Codice Civile, vorrebbe con la sua grossa eloquenza e giurisprudenza attaccare una Camicia di Nesso ai coniugi italiani per la bella ragione detta dall'art. 6° che «lo stato e la capacità delle persone ed i rapporti di famiglia sono regolati dalla legge della nazione, a cui esse appartengono». Ma, caro mio (l'avv. Scuriadi parlava con l'assente collega avv. On. Spantigati) se due persone cessano di appartenere alla nostra nazione, acquistando un'altra cittadinanza?... Tu mi rincorri e mi riempii la bocca con il successivo art. 12: «In nessun caso le leggi, gli atti e le sentenze di un paese straniero e le provate disposizioni e convenzioni potranno derogare alle leggi proibitive del regno, che concernono le persone, i beni o gli atti, né alle leggi riguardanti in qualsiasi modo l'ordine pubblico ed il buon costume». E mi domandi: Il nostro codice Penale, che colpisce la bigamia, è una legge proibitiva sì o no? Ed io ti rispondo che un nuovo matrimonio contratto legalmente da stranieri in terra straniera non è un reato; se pretendessero contrarlo qui, sarebbe un altro paio di maniche. Sarebbe domandare al trattore un piatto, che non è nella lista del giorno. Ma un matrimonio debitamente celebrato fuori d'Italia, tanto meno può offendere il nostro ordine pubblico e i nostri buoni costumi... come non ci offendono gli altri matrimoni stranieri di tutte le specie. Inutilmente vuoi trarre la corda della galera alle rive profumate, alle quali non farebbe il niffolo neppure padre Didon... Io credo sinceramente, profondamente, e lo professo chiaramente davanti all'altare del Buon senso; all'ordine e ai buoni costumi giova qualsiasi matrimonio meglio di un libero e sfrenato amore. E lasciamo dire il contrario ai socialisti internazionalisti, che vorrebbero abolire il matrimonio, perché fa della carne umana una proprietà personale, mentre per loro ogni proprietà è un furto. Io lodo il sindaco rurale italiano, che alletta i suoi amministrati al matrimonio civile offrendo agli sposi il caffè sul bilancio comunale. Ha più buon senso quel sindaco eccentrico, che non ne dimostrassero gli antichi romani, che si vendicavano delle loro infelicità coniugali con la maldicenza del loro diritto contra le donne. Ricordi, caro Spantigatone? Qui a Venezia la stessa Austria cattolica e apostolica per 50 anni, dico, per cinquant'anni permise il divorzio agli israeliti e ai protestanti. Se la diversità di religione bastava a togliere l'imputabilità, a fortiori basta la diversità di cittadinanza... Con una triplice arcuazione di ciglia e sopraccigli l'avvocatissimo diede maggiori cinghie alla sua argomentazione; quindi staccandosi dall'on. Spantigati assente e rivolgendosi alla Contessa presente, continuò in tono più dolcificato: ¾ Ella, impareggiabile Contessa, sentenziò saviamente che il matrimonio è l'unica convalidazione dell'amore... E siccome l'amore è principalmente un'attrattiva femminile io vorrei, che le donne principalmente giudicassero delle infrazioni matrimoniali, giudici naturali secondo lo Statuto. Sarei curioso di sentire che disporrebbe un tribunale di donne sopra la motivazione di ripudio fatta da quell'antico romano, il quale aveva la moglie buona, feconda ed appariscente: «E questa mia scarpa non è forse bella e nuova? Pure nessuno sa in quale parte mi offenda il piede». Io credo, che la giurisprudenza femminile sarebbe tanto larga da accogliere anche la teoria della scarpa, applicandola agli stivaletti del marito... Intanto, faute de mieux, abbiamo specialmente in Germania quanto ci accomoda... Io non ho ancora chiesto il brevetto per la mia scoperta... Ma le donne dei paesi senza divorzio non faranno di troppo, se mi erigeranno un bel monumento internazionale. Io scopersi in Italia l'articolo 234 del Landsrecht tedesco, secondo cui le separazioni tra i cattolici equivalgono ai divorzii. Adunque almanaccai sull'Almanacco di Gotha... Una donna appartenente a nazione, dove non si ammette il divorzio, si separa, stando al proprio paese, di letto e di mensa dal marito, poi va in un piccolo Stato di Germania o forse meglio in Ungheria e in Serbia, vi elegge domicilio, chiede la cittadinanza... In alcuni Stati la si concede volontieri e rapidamente a chi acquista qualche pezzo di terreno o di muro, e massime poi a chi con qualche opera buona e generosa si gratifica le autorità municipali... Ottenuta la cittadinanza, la donna sposa legalmente il proprio amante. Il giuoco è fatto. Io cominciai ad insegnarlo alla splendida duchessa francese di Bouffeseptmonts, la quale, piantato il suo duca, era venuta a filare il perfetto amore in una villa asolana con un principe moldovalaco e molto valente... Brocesco o Vattelapesca... Ma l'amore, Ella lo sa, non è perfetto senza matrimonio... L'ombra petrarchesca del Cardinal Bembo condusse la duchessa da me, ed io le diedi la ricetta immancabile, la quale è anche più facile per gli uomini... Ritengo che Ella, chiarissimo signor Meraldi, benché reduce dalle patrie battaglie, non avrà scrupoli a barattare cittadinanza per amore, essendosi Ella resa un'illustrazione cosmopolita... Forse il conte De Ritz, benché di origine tedesca, sarebbe più cocciuto a rimanere italiano,... e si metterebbe il codino di Cesare Beccaria, il quale voleva persino punire l'emigrazione... Ma per non annoiarli maggiormente, conchiudo: il diritto assoluto degli amanti non è solo di amarsi, ma altresì di maritarsi... E per maggiore comodità rimetto loro una copia del mio consulto poligrafato, dove troveranno, come in uno specchietto, tariffe e termini di cittadinanza, divorzio e nuovo matrimonio nei varii stati di Germania, nei varii cantoni della Svizzera, in altri stati disuniti d'Europa, e negli stati Uniti d'America... È un consulto che vale un Perù o per lo meno un milione, e, ciò che sarebbe qualche cosa di più, un bacio della signora Contessa... L'impertinenza venne detta con una grazia così lusinghiera, che passò liscia. ¾ Invece mi contento di un biglietto rosso. La contessa lo sborsò dessa con un gesto imperioso, che avrebbe fatto arrossire l'amante, se il drudo fosse stato capace di mortificazione. Congedata la coppia furtiva, l'avvocato, ripiombando sul suo seggiolone, si prese la gran testa in mano, applaudendo a se stesso: «Nella stessa mattinata ho sviscerato il diritto del marito e il diritto dell'amante... Sono un palombaro e un aerostata... Sì! anche troppo leggero... che mi sono contentato di cento lire...» Ma un sorriso di cavaliere goldoniano lo compensò del rammarico:... «Benché avvocato, anzi avvocatissimo, farò da medico Pagello con questi nuovi amants de Venise».
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La terribilità dell'amore... la terribilità del senso... Avvolge nella sua ala, rapina, come il vento più impetuoso... Altro che terribil come oste schierata in campo... In paragone è una beneficenza questa qualificazione biblica appiccicata dal Manzoni alla sua laude del nome di Maria, degli afflitti scampo... Invece l'amore sensuale è la rovina ineluttabile eziandio dei felici... Con questo pensiero di rimorso Adriano Meraldi rivolgeva l'animo alla sua natia San Gerolamo, ai suoi abbandonati genitori, al padre suo probo ed operoso, alla sua madre semplice e santa... E pur di uscire da quel fascino di voluttà sapiente avrebbe sposato l'ignoranza e l'innocenza più contadina... ¾ O Santa Maddalena, con il tuo esempio tu scusi le peccatrici e i peccatori... Gesù, che ti ha perdonata, perché hai amato, salvi anche noi, sia pure con la più selvaggia penitenza... Ma i pittori, che hanno ritratto le forme sporgenti e i capelli lunghi avvolgenti di Maria Maddalena, hanno visto le forme e i capelli di Nerina? Per ovviare ai danni della sensualità, la civiltà utilitaria ha inventato il terzo sesso delle fanciulle intellettuali... Ma non fidatevi... Anche Nerina è una intellettuale... Parno tutto greco, tutta matematica, tutta chimica; e poi, mentre meno ve lo aspettate, vi conquidono mostrandovi un seno di bomba che scoppia... Forse... Sì! Sì! la Religione è l'unico riparo... Potessi con una conversione manzoniana ricuperare i miei sogni di gloria letteraria... Dominare nel romanzo e nel giornalismo... Invece egli diverrebbe schiavo di Nerina, fino a sposarla da italiano rinnegato... La Contessa De Ritz diportavasi a Venezia anelando di imitare il modo con cui la baronessa Dudevant (Giorgio Sand) erasi diportata a lato di Alfredo Musset. E credeva di collimare con l'ardente e riflessiva romanziera ed apostola, notando: ¾ Come i frutti hanno un sapore proprio per ogni clima, così l'amore... L'amore a Venezia è una specialità di gondola e chiaro di luna... Pare che sul velluto scuro del felze i raggi della luna aggiungano capelli biondi ai miei capelli biondi... Ma ciò bisogna farselo dire in dialetto veneziano da un medico Pagello... E la Contessa avrebbe voluto trovare lì per lì un medico Pagello, come la Sand, il quale le guarisse, rinfrancasse il suo Alfredo de Musset e divertisse Lei... Dovette accontentarsi dell'avvocatissimo en bon point, e fugacemente di un erculeo gondoliere. Il Conte de Ritz, rivoltosi ad un avvocato austero vegliardo, aveva spiccata una citazione per separazione civile e presentata una querela di adulterio. La Contessa si decise all'immediata fuga per ottenere il divorzio e contrarre nuovo matrimonio in paese straniero.
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Il 21 Marzo 1868 (vedi Almanacchi dell'epoca) il commendatore Atanasio Vispi smagrito, nobilitato dal dolore presentavasi risolutamente davanti al suo genero conte Federico De Ritz in un appartamento dell'Hotel Danieli a Venezia. Il Conte si metteva in parata: ¾ È inutile! Non venga a domandarmi pietà per quell'indegna anche di Lei... ¾ Federico, ti sbagli, se credi io invochi pietà per mia figlia... Piuttosto mi inginocchio a chiedere perdono per me..., che credevo di darti un angelo, invece ti ho dato un demonio in carne ed ossa... Sebbene io non abbia fatto il macellaio, come il padre della signora Losati, mi sento un polso fermo, il fegato sano, un cuore di popolo, che accorre alla vendetta... Sono venuto qui per darti man forte... Tu hai voluto ricorrere alle vie giuridiche... Ed io ti propongo di affrontarli col sacro diritto della Natura... Sono un padre... (Così dicendo l'emerito droghiere assurgeva a una dignità tremenda da romano delle Dodici Tavole). Sono un padre; ed ho preparata una reclusione paterna per la figlia dissoluta... Essa non resisterà al mio imperativo categorico... ¾ Per combinazione dove va a cacciarsi la filosofia di Kant?... ¾ mormorava l'avvocato Ilarione Gioiazza rimasto nell'anticamera con il prof.e abate Vigo Razzoni. E il padre droghiere romanizzato: ¾ La tradurremo all'Ospizio del Santo Oblio... Invece appunto in quella mattina la Contessa Nerina De Ritz nata Vispi ed Adriano Meraldi avevano lasciato il grand Hotel Lido per salire sull'Ofelia, che salpava verso l'Oriente. Dalla balaustra sotto il gabbiotto di prora la Contessa con un gomito sopra una spalla di Adriano scioglieva un inno intimo alla libertà coniugale... Le onde che si increspavano alla fenditura mandavano immagini di ninfe plaudenti, sprizzanti... Orazio e Virgilio, Camoens e Shakespeare, o maggiori poeti, che abbiate dato i migliori augurii del mare, dateli agli amanti nel concerto della poesia universale... Esaurito l'amore di Venezia, andranno a fruire l'amore del Bosforo, così dolce di fosforescenza da meritare per un bacio la traversata mortale... ¾ Tutta per te! ¾ faceva sentire Nerina ad Adriano con un premito di Odalisca... Tutta per te... Paese che vai, usanza che trovi... A Costantinopoli sarai il mio sultano senza harem... Io sarò la tua unica schiava... Poi risaliremo tra le rive pittoresche del Danubio mezzo turco e mezzo cristiano nel cuore della Germania, e ci faremo santamente marito e moglie... Bella silente premeditazione di santità! Tradire un nuovo marito, avendo riconosciuta l'insulsaggine di tradire un libero amante... Ed Adriano, avvinto da quella ondata di capricci voluttuosi, pensava alla vittoria riservatagli quando moveva al gran conquisto per il concorso di Pompei... Così ripigliato dai ricordi arcaici non poteva presentemente liberarsi del bagaglio letterario scolastico di un'immagine dantesca:
Sicura, quasi rocca in alto monte, ...una puttana sciolta m'appare con le ciglia intorno pronte .................... l'occhio cupido vagante...
Ed avrebbe voluto essere lui il feroce drudo del Purgatorio di Dante per flagellarla dal capo insin le piante. Mentre il vizio salpava libero, appena rinserrando immagini letterarie, le reali costrizioni imprigionavano o salvavano la Virtù perseguitata ed innocente.
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