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Giovanni Faldella
Una serenata ai morti

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    • APPENDICE - A PARIGI - VIAGGIO DI GERONIMO E COMP.
      • 1 - I viaggiatori
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APPENDICE - A PARIGI - VIAGGIO DI GERONIMO E COMP.

 

1 - I viaggiatori

 

La signora Goldi, oltre a quel suo famoso cappellino, aveva per nota particolare quindici anni di più di suo marito e quindici centimetri di altezza sul livello del cappello di lui.

Essa portava ancora il crinolino gonfiato a pallone, come si usava nei tempi che precedettero l'unificazione d'Italia; e con ciò essa credeva di essere così ammirabile, che anziché diminuire pensava sempre di accrescere la sua sferoide; né aveva mai potuto o voluto accorgersi dei cambiamenti radicali della moda.

Ma l'areostata, dopo di essere salito vertiginosamente alle stelle mentre essa infilava lo sportello del vagone, aveva poi dovuto sgonfiarsi e affaggottarsi umilmente in un canto sotto gli sforzi uniti di tutti i viaggiatori.

Quindi oramai ciò che inquietava sopratutto la vista di Geromino era il cappellino di lei, da cui egli non sapeva distaccare gli occhi. Egli diceva fra sé: - Che ne diranno mai i parigini, che hanno tanto buon gusto? I cavalli delle vetture cittadine vorranno mangiare tutta quella insalata e quel fieno, che si fa distinguere sulla sua testa; i birichini vorranno portarle via tutto quel frutteto di ciliege, fragole e pere che le dondola sulla nuca; i camerieri d'albergo crederanno di trovarvi un giardinetto bello e preparato... Ah! per fortuna, che si rizza in mezzo a tutto quel podere lo spauracchio della alabarda rossa...

Sopravanzato questo pensiero consolante, Geromino si consolava vieppiù voltando lo sguardo dalla signora Clitennestra alla sua diletta moglie, che aveva dieci anni meno di lui ed era appena due centimetri meno alta di lui. Era grassoccia, pienotta, aveva più chiaro del suo solito il suo viso contento da Gesù bambino.

La signora Angelica Giacomina Geromino era una giovine signora, che aveva più bontà che ingegno. Però la sua bontà era grandissima, e il suo ingegno non era difettoso.

Attraverso a quella fisionomia aperta, e più specialmente, attraverso i suoi occhi grandi ed azzurri passava una floridezza, una limpidezza e un riposo di cose per bene, leali, innocenti, sincere, di cose di famiglia e quasi da ragazzina; ma non passava mai un pensiero cattivo e neppure una caricatura.

Essa aveva saputo acconciarsi a meraviglia, si sarebbe detto, che aveva potuto estrarre dall'ultimo figurino tutto ciò che è bello, è vero, è sostanziale, e lo aveva separato da tutto ciò che è esagerato ed è messo soltanto per far spendere o per darla ad intendere.

Geromino guardandola con soddisfazione ed importanza affettuosa: - Oh! mi farò onore a Parigi con mia moglie! - si diceva e si affermava a sé stesso con la sicurezza impareggiabile dei mariti.

Si può facilmente indovinare quali fossero i sensi, che la signora Clitennestra Goldi nutriva verso la signora Angelica Giacomina Geromino; erano quei sentimenti che due spalle ossute così dette da corista, ossia due costolette spolpate, possono nutrire verso due spalloccie rotonde e ben tornite, due mila lire di dote, compreso il corredo, verso 200 mila lire in contanti e quaranta anni verso ventiquattro.

Però questi sentimenti di invidia erano domati in lei da uno spirito di sommessione burocratica e dalle prediche del marito che la facevano persino travolgere troppo spesso in ismancerie di adulazione e di servilità.

Le deferenze verso la famiglia del sindaco erano i principali anzi gli unici punti, su cui Pino Goldi esercitava e ribatteva la sua autorità maritale.

Del resto il suo buon umore gli permetteva di non incaricarsi e di non affliggersi troppo della moglie. Egli conduceva e aveva sempre condotto una vita esteriore. A venticinque anni egli poteva già contare di avere fatti più di venticinque mestieri, che si trovava di avere realmente principiati. Educato in seminario, ne aveva esportata la nota malizia che usava a minuti per confonderla presto in una cordialità spensierata. Aveva cantato da tenore sui teatri, aveva fatto il gazzettinista a Milano, aveva fatto un po' il caricaturista a Firenze, aveva pensato di prendere la laurea, ma, appena superato lo scabroso esame di licenza, nello stesso mattino, in cui aveva stabilito di recarsi a Torino per l'ammissione all'Università, era andato sul Lago Maggiore con una artista disoccupata. Aveva avuto i suoi momenti di celebrità per certe appendici musicali, e aveva pensato un istante di riuscire un grand'uomo; poi era finito segretario comunale in un villaggio alpino. Per isfuggire a Torino una zitellona sua vicina di pianerottolo, egli si era raccomandato al suo antico compagno di scuola, l'avvocato Geromino, perché gli facesse ottenere il posto vacante di Machiavelli di Monticella.

Installato segretario comunale in quel luogo igienico, messa su serva e casa (un alloggio di 12 membri ben esposti per 120 lire annue) egli si riteneva completamente scampato ai pericoli della ragazza del pianerottolo torinese, quando si vide comparire innanzi lei, la signorina Clitennestra in persona, mandargli via la serva, impadronirsi lei della cucina, prendere possesso della credenza, lavargli sulla faccia i bicchieri e le tazze da caffè e dirgli risolutamente, che non si muoverebbe più da quella camera, se egli non la sposasse.

Il povero Goldi pensò, che per levarsi provvisoriamente quella seccatura, era meglio prendersela in perpetuità; pensò altresì che era corto a calze e a pezzuole, e che la signora Clitennestra doveva essere ben fornita di biancheria. Insomma se la sposò con l'intima persuasione, che avrebbe sposata qualsiasi altra, la quale avesse saputo prima di lei usare con lui un trattamento egualmente energico.

Fatto il matrimonio, egli si trovò contento di avere acquistata una moglie più vecchia e più brutta di lui. Trovava comodo di avere in casa chi lo stirava, lo rammendava, lo consigliava e gli faceva da cassa di risparmio con interesse coniugale e non con intento mercenario. Egli aveva i vantaggi del coniugio e della famiglia senza le seccature della figliuolanza, della gelosia e dei soverchi timori inspirati da Balzac sulla fedeltà femminina; imperocché la signora Clitennestra con la sua figura di una giraffa, aggirantesi nella più accertata sterilità di un deserto, era proprio al riparo di ogni tentazione, anche del demonio.

Pino alla fine d'ogni trimestre rimetteva alla moglie il mandato già firmato dello stipendio, cui riscuoteva poi dessa dall'esattore, dando al marito cinquanta centesimi al giorno per le consumazioni quotidiane, che gli permetteva fuori del santuario domestico.

Così, dal fortunato possesso d'una moglie, che portava lei i calzoni, egli era impedito di profondere tutte le sue entrate all'osteria, come soleva fare prima; si trovava pagato il fitto, il salcicciaio, il sarto ecc., senza che egli pure se ne accorgesse; - sapeva per di più che sua moglie tesaurizzava nella Cassa Postale, mentre egli ai tempi del celibato si era sempre dichiarato ed era sempre stato un illetterato del risparmio. Per giunta il soprappiù dei minuti piaceri largiti quotidianamente dalla moglie egli se lo guadagnava lautamente a tarocchi, in cui era professore abilissimo, dando lezioni molto retribuite allo studentino nipote del parroco e agli altri novellini dell'Antico albergo della volpe.

Aveva anche la consolazione di esilarare sé stesso e il prossimo chiamando sua moglie mamma! o salutandola per sua veccbia, o raccontando ai tarocchisti da lui pelati le serie e frequenti quanto infondate preoccupazioni che essa provava consultando dottori ostetrici e levatrici più o meno approvate, e votandosi alla Madonna d'Oropa, di cui essa era però sempre scontenta.

Come si vede, Pino Goldi era un cervello un po' scarico, e non solo scarico, ma incapace di qualsiasi carico, gravità o peso specifico; e lo dava subito a divedere all'aspetto: un aspetto leggero, di poca importanza, una faccia fra l'Esopo ed il clown, fra l'intontito per disegno e il corbellatore per caso.

Quando egli si trovava fermo per qualche necessità davanti a una cantonata o era lasciato due minuti solo col sigaro in bocca, egli architettava già la caricatura, ruminava già la facezia, con cui avrebbe fatto ridere la brigata al suo prossimo comparire.

A Geromino egli dava sempre del tu, ma condito di quel rispetto, che un uomo sapendo di non essere serio, professa sinceramente verso gli uomini di polso, e circonfuso di quella sollecitudine ubbidiente che un povero diavolo stipendiato tributa al personaggio ricco, capo dell'amministrazione che lo stipendia.

Quindi egli accompagnava ognora il tu con un signore o sindaco o avvocato, non osando mai dire puramente e semplicemente: Geromino, prestami, ma dicendo sacramentalmente: fammi il piacere, sindaco, o avvocato, o signor Geromino di ecc.

Geromino d'altra parte non ismentiva certamente per nulla l'amicizia da compagno di scuola che lo legava al suo subordinato, però si permetteva spesso e assai volentieri di correggerlo e di strapazzarlo per fargli del bene, s'intende; e se ne serviva altresì per comodo proprio. Gli faceva copiare le sue relazioni, le sue monografie e i suoi articoli più o meno amministrativi, con la più precisa e più dichiarata intenzione di non lasciargli frequentar troppo l'osteria; intanto risparmiava a se stesso un copista privato; - gli faceva cercare le parole del dizionario; - quando voleva palesare in paese un secreto del potere, lo propalava al segretario; e la parrocchia, il Comune, i travi pubblici, tutti i tavolini e i tavoloni da tresette e tarocchi erano serviti nello stesso giorno a meraviglia.

Da ciò si può con qualche fondamento arguire, che l'avvocato e sindaco Geromino, oltreché lodato e lodevole per la sua bontà e ingenuità e qualche volta per la sua serenità ed arguzia, aveva eziandio uno spirito, come si dice, eminentemente utilitario, e senza soggezione, sbrigativo, che voleva colpire subito perpendicolarmente la verità e i vantaggi delle cose e delle persone, anche a costo di passare o di riuscire un tantino vanitoso, indiscreto e seccante.

Quindi non è da stupire, se nei pochi giorni preparatorii della gita, egli aveva voluto ferrarsi molto bene anticipatamente di tutte le nozioni necessarie ed utili sui paesi che avrebbe visitati, per risparmiare poi tempo e disagi, ed evitare molte delle mille difficoltà che il Cancelliere confessò di avere incontrato sulla faccia del luogo.

Perciò, oltre a un corso preliminare di lingua francese, a cui aveva assoggettato eziandio la moglie, egli aveva ristudiato sulla Storia d'Europa del Ricotti (quella stessa che gli aveva servito così bene nel liceo) i principali rivolgimenti francesi; e per fare poi uno sfarzo scientifico-letterario con sé stesso, con i suoi compagni e con quanti avrebbe incontrato nel viaggio, aveva ricercato e rivedute le impressioni dell'andata e del soggiorno a Parigi di molti illustri italiani, specialmente dell'Italia settentrionale, fra cui Vittorio Alfieri, Carlo Botta, Angelo Brofferio, e Cesare Beccaria, che secondo lui andò fra gli Enciclopedisti imbrogliato come una comare; - aveva riletto i libri umoristici su Parigi di Sterne, di Heine, di Taine e del dott. G. Raiberti; - aveva con una spesa riguardevole fatto acquisto delle rinomate Guide Baedecker e Joanne; e vi aveva studiata la carta della grande città, facendosene presto un concetto esatto, come l'avesse costruita lui.

Ora, mentre il treno rullando guadagnava terreno a precipizio, e mentre la signora Goldi manifestavasi di pessimo umore, forse perché nessuno dei paesi finora trascorsi aveva applaudito alla sua penna rossa, o salutatala colla musica e coi mortaletti, - il buon sindaco spiegava beatamente sulle ginocchia alla sua signora la pianta di Parigi, indicando i giri concentrici degli antichi bastioni e le enormi spaccature Haussmann.

A un tratto, levando gli occhi, colse in fallo la faccia del Goldi tra l'ilare e l'imbrogliato, come chi è sorpreso a preparare qualche corbelleria da spacciare presto. Forse il cattivello stava per dire qualmente, essendo venuti di moda i piccioni viaggiatori, egli e sua moglie si erano creduti in obbligo di viaggiare anche loro; ma Geromino gli ruppe in bocca qualsiasi sciocchezza, dicendogli con amichevole confidenza e impero sindacale: - Non cominciare a farmi il poltrone adesso; prendi il temperino e lavora.

Quindi estratti dalla coperta da viaggio due volumi intonsi, glie li diede, perché tagliasse loro i fogli. Erano lo Zig Zag per l'Esposizione Universale di Folchetto e il Ventre de Paris dello Zola.

 

 




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