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Ioannes Paulus PP. II Ut unum sint IntraText CT - Lettura del testo |
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Continuare l'ecumenismo spirituale e testimoniare la santità
Certamente, in questa relazione di conversione alla volontà del Padre e, al tempo stesso, di penitenza e di fiducia assoluta nella potenza riconciliatrice della verità che è Cristo, si trova la forza per condurre a buon fine il lungo ed arduo pellegrinaggio ecumenico. Il "dialogo della conversione" di ogni comunità con il Padre, senza indulgenze per se stessa, è il fondamento di relazioni fraterne che siano una cosa diversa da una cordiale intesa o da una convivialità tutta esteriore. I legami della koinonia fraterna vanno intrecciati davanti a Dio e in Cristo Gesù. Soltanto il porsi davanti a Dio può offrire una base solida a quella conversione dei singoli cristiani e a quella continua riforma della Chiesa in quanto istituzione anche umana e terrena136, che sono le condizioni preliminari di ogni impegno ecumenico. Uno dei procedimenti fondamentali del dialogo ecumenico è lo sforzo di coinvolgere le Comunità cristiane in questo spazio spirituale, tutto interiore, in cui il Cristo, nella potenza dello Spirito, le induce tutte, senza eccezioni, ad esaminarsi davanti al Padre e a chiedersi se sono state fedeli al suo disegno sulla Chiesa.
83. Ho parlato della volontà del Padre dello spazio spirituale in cui ogni comunità ascolta l'appello ad un superamento degli ostacoli all'unità. Ebbene, tutte le Comunità cristiane sanno che una tale esigenza, un tale superamento, per mezzo della forza che dà lo Spirito, non sono fuori della loro portata. Tutte, infatti, hanno dei martiri della fede cristiana137. Malgrado il dramma della divisione, questi fratelli hanno conservato in se stessi un attaccamento a Cristo e al Padre suo tanto radicale e assoluto da poter arrivare fino all'effusione del sangue. Ma non è forse questo stesso attaccamento ad essere chiamato in causa in ciò che ho qualificato come "dialogo della conversione"? Non è proprio questo dialogo a sottolineare la necessità di andare fino in fondo all'esperienza di verità per la piena comunione?
84. In una visione teocentrica, noi cristiani già abbiamo un Martirologio comune. Esso comprende anche i martiri del nostro secolo, più numerosi di quanto non si pensi, e mostra come, ad un livello profondo, Dio mantenga fra i battezzati la comunione nell'esigenza suprema della fede, manifestata col sacrificio della vita138. Se si può morire per la fede, ciò dimostra che si può raggiungere la mèta quando si tratta di altre forme della stessa esigenza. Ho già constatato, e con gioia, come la comunione, imperfetta ma reale, è mantenuta e cresce a molti livelli della vita ecclesiale. Ritengo ora che essa sia già perfetta in ciò che tutti noi consideriamo l'apice della vita di grazia, la martyria fino alla morte, la comunione più vera che ci sia con Cristo che effonde il suo sangue e, in questo sacrificio, fa diventare vicini coloro che un tempo erano lontani (cfr. [link] Ef 2,13). Se per tutte le Comunità cristiane i martiri sono la prova della potenza della grazia, essi non sono tuttavia i soli a testimoniare di tale potenza. Sebbene in modo invisibile, la comunione non ancora piena delle nostre comunità è in verità cementata saldamente nella piena comunione dei santi, cioè di coloro che, alla conclusione di una esistenza fedele alla grazia, sono nella comunione di Cristo glorioso. Questi santi vengono da tutte le Chiese e Comunità ecclesiali, che hanno aperto loro l'ingresso nella comunione della salvezza. Quando si parla di un patrimonio comune si devono iscrivere in esso non soltanto le istituzioni, i riti, i mezzi di salvezza, le tradizioni che tutte le comunità hanno conservato e dalle quali esse sono state plasmate, ma in primo luogo e innanzi tutto questa realtà della santità139. Nell'irradiazione che emana dal "patrimonio dei santi" appartenenti a tutte le Comunità, il "dialogo della conversione" verso l'unità piena e visibile appare allora sotto una luce di speranza. Questa presenza universale dei santi dà, infatti, la prova della trascendenza della potenza dello Spirito. Essa è segno e prova della vittoria di Dio sulle forze del male che dividono l'umanità. Come cantano le liturgie, "incoronando i santi, Dio incorona i suoi propri doni"140. Laddove esiste la sincera volontà di seguire Cristo, spesso lo Spirito sa effondere la sua grazia in sentieri diversi da quelli ordinari. L'esperienza ecumenica ci ha permesso di comprenderlo meglio. Se, nello spazio spirituale interiore che ho descritto, le Comunità sapranno veramente "convertirsi" alla ricerca della comunione piena e visibile, Dio farà per esse ciò che ha fatto per i loro santi. Egli saprà superare gli ostacoli ereditati dal passato e le condurrà sulle sue vie dove egli vuole: alla koinonia visibile che è al tempo stesso lode della sua gloria e servizio al suo disegno di salvezza.
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136 Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 6. 137 Cfr. ibid., 4; Paolo VI, Omelia per la canonizzazione dei martiri ugandesi (18 ottobre 1964): AAS 56 (1964), 906. 138 Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994), 37: AAS 87 (1995), 29-30; Lett. enc. Veritatis splendor (6 agosto 1993), 93: AAS 85 (1993), 1207. 139 Cfr. Paolo VI, Discorso tenuto all'insigne santuario di Namugongo, Uganda (2 agosto 1969): AAS 61 (1969), 590-591. 140 Cfr. Missale Romanum, Præfatio de Sanctis I: "Sanctorum "coronando merita, tua dona coronans"". |
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