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Tecmessa, Calcante, Teucro, Ajace, Guerrieri
È perduto! — e ogni soccorso è vano.
Dal suol ripiglia il ferro tuo... mi svena,
O fratricida; e nell’onde il mio figlio
Insegui, e sovra il padre suo lo svena.
O morte!... amara or sei... ah!
Ahi! chi t’uccide,
O sposo mio?
Deh!... statti...
Si sorregge e vacilla. — O Ajace mio
Vieni; sul petto mio spira... io ti seguo.
Ah!... — del mio cor la via... non trovò il ferro...
E a tanto lutto or qui rimani... — L’elmo
Lasciami, armato io morirò... Il mio scudo
Serba al mio figlio... ah!... non obblii ch’è mio
Figlio... ma troppo nol rammenti... — E dove
Mi posi tu?... Questo è d’Atride il seggio.
Nè a me un guardo rivolge... O mio fratello,
Sangue le tue ferite; io che t’uccisi
E per salvar gl’ingrati Achei.
Gli hai salvi?
Tu!... — o mi deludi anche sull’urna?... or dove
Eri?... — e quai genti ti seguian?
Di prigioni, e d’Ulisse eran le squadre.
Meco ei dovea sul monte Ida mostrarsi
A sviar verso noi l’armi nemiche
Mentre alle rocche tu co’ Greci avresti
Pochi scontrai degli Itacensi.
Invan sino alla prima ora notturna
L’armi d’Ulisse: e mentre io dubitando
Di sue promesse, già volea dar volta,
Gran stuol d’armati traversò la selva
Tacitamente. Eran novelli ajuti
Che a’ Dardani guidava il Licio Sire.
Pugnai: fuggí Glauco ferito; e i suoi
Dall’ombre esterrefatti e dall’assalto
Si arresero. Io tornava. A sommo il monte
Da’ precursori miei seppi che il campo
Si congregava in ordinanza; e tutti
Unirsi a’ miei vidi i guerrier d’Ulisse.
Ei lor duce mi fea, poi che la pugna
Il venir gli contese; e che in agguato
Stessi a infestar l’oste nemica a tergo,
Che a guerreggiarvi dalle porte uscia. —
Sicura io tenni la vittoria e conscio
Te Ajace mio, del loco ond’io pugnava,
Ch’io fin d’jer t’inviava a darti avviso
Medonte nostro. A mezza via sul lito
Mel recar l’onde a’ piedi; a mezza via
Fu trucidato e in mar sospinto...
O quanti
Fedeli amici... io trassi meco... a morte!
Spesso l’afflitta mia mente presaga
Mi consigliò il ritorno. Ah tardi io mossi
Poi che m’accorsi dell’incendio. Vidi
Che pria distormi dal congresso volle
Il traditore; e quando arse la rissa
Mandò i guerrieri e t’impedí il soccorso.
Mentr’io già tocco il vallo, gl’Itacensi
Il mio drappel trafiggono alle spalle.
E con le guardie Argive Ulisse a un tempo
Precorre il campo, e m’investe. Indifeso
Cado ed oppresso, e te invocando, o Ajace.
Frattanto i Licj prigionier cogliendo
I nostri dardi, tentano la fuga;
Li cinge Ulisse, e a’ popoli che omai
Accorrean con gli Atridi: «Ecco, gridava,
Ecco quali armi il traditor notturno
Traea contro voi tutti» — Gl’Itacensi
La calunnia ripetono, e la plebe
Liberatore Ulisse acclama; e tolte
L’armi d’Achille dall’altar, ne veste
Quel traditor, che anelante ed esangue
Non domo ancor dalle ferite esulta.
L’empio nei nembi ravvolgete, o venti!
Deserta il pianga la sua casa! all’empio,
O mari, le carpite armi togliete!
Recatele alla sacra urna d’Ajace!
Al tuo fratel gl’iniqui dubbii, o mio
Teucro, perdona... reggimi, Tecmessa,
Ch’io l’abbracci. — O fratello!... io non ti lascio
Esecrandoti... io piú vile non moro...
E tu sei salvo.
Spade il sire de’ Locri; ei la tua fama
Difende ancor... e il delirante volgo
Disingannar solo potea Calcante.
Ma qui, mia scorta il trassi... ohimè! salvarti
Piú non poss’io. — O Salamini, o soli
Di tanti forti, o sciagurati avanzi,
Chi piú vi resta omai? viver degg’io?
Morite almen col nostro re; struggete
La tenda e il trono del tiranno.
O figlio!
Qui i tutelari Dei stanno e le leggi
Del popol nostro; il popolo a piú atroci
O Teucro,... teco ogni sostegno a questa
Donna rapisci e a’ tuoi... Vano è il tuo brando
Se sta ne’ fati che d’Atreo la stirpe
Regni... — Io manco... addio, Teucro... su questa
Tremante destra... e questo estremo priego
Reca al duce de’ Locri — O Teucro giura
Che lascerai le mie vendette... al cielo...