Ugo Foscolo
Dell’origine e dell’ufficio della letteratura

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Ogni uomo sa che la parola è mezzo di rappresentare il pensiero; ma pochi si accorgono che la progressione, l’abbondanza e l'economia del pensiero sono effetti della parola. E questa facoltà, di articolare la voce, applicandone i suoni agli oggetti, è ingenita in noi e contemporanea alla formazione de’ sensi esterni e delle potenze mentali, e quindi anteriore alle idee acquistate da’ sensi e raccolte dalla mente; onde quanto più [14] i sensi s’invigoriscono alle impressioni, e le interne potenze si esercitano a concepire, tanto gli organi della parola si vanno più distintamente snodando. Ché le passioni e le immagini nate dal sentire e dal concepire o si rimarrebbero tutte indistinte e tumultuanti, mancando di segni che nell’assenza degli oggetti reali le rappresentassero, o svanirebbero in gran parte per lasciar vive soltanto le pochissime idee connesse all’istinto della propria conservazione, ed accennabili appena dall’azione o dalla voce inarticolata. Il che si osserva negli uomini muti, i quali non conseguonoricchezzaordine di pensieri che non siano richiesti dalle supreme necessità della vita, se non quando ai segni della parola articolata riescano a supplire co segni della parola scritta. E un segno solo della parola fa rivivere [15] l’immagine tramandata altre volte da’ sensi e trascurata per lunga età nella mente; un segno solo eccita la memoria a ragionare d’uomini, di cose, di tempi che pareano sepolti nella notte ove tace il passato. Il cuore domanda sempre o che i suoi piaceri siano accresciuti, o che i suoi dolori siano compianti; domanda di agitarsi e di agitare, perché sente che il moto sta nella vita e la tranquillità nella morte; e trova unico aiuto nella parola, e la riscalda de’ suoi desideri, e la adorna delle sue speranze, e fa che altri tremi al suo timore e pianga alle sue lagrime, affetti tutti che senza questo sfogo proromperebbero in moti ferini e in gemito disperato. E la fantasia del mortale, irrequieto e credulo alle lusinghe di una felicità ch’ei segue [16] accostandosi di passo in passo al sepolcro, la fantasia, traendo dai secreti della memoria le larve degli oggetti, e rianimandole con le passioni del cuore, abbellisce le cose che si sono ammirate ed amate; rappresenta piaceri perduti che si sospirano, offre alla speranza e alla previdenza i beni e i mali trasparenti nell’avvenire; moltiplica ad un tempo le sembianze e le forme che la natura consente alla imitazione dell’uomo; tenta di mirare oltre il velo che ravvolge il creato; e quasi per compensare l’umano genere dei destini che lo condannano servo perpetuo ai prestigi dell’opinione ed alla clava della forza, crea le deità del bello, del vero, del giusto, e le adora; crea le grazie, e le accarezza; elude le leggi della morte, e la interroga e interpreta [17] il suo freddo silenzio; precorre le ali del tempo e al fuggitivo attimo presente congiunge lo spazio di secoli e secoli ed aspira all’eternità; sdegna la terra, vola oltre le dighe dell’oceano, oltre le fiamme del sole, edifica regioni celesti, e vi colloca l’uomo e gli dice: «Tu passeggerai sovra le stelle: così lo illude, e gli fa obbliare che la vita fugge affannosa, e che le tenebre eterne della morte gli si addensano intorno; e lo illude sempre con l’armonia e con l’incantesimo della parola. La ragione, che, avvertita continuamente dalle alterne oscillazioni del piacere e del dolore, equilibra e dirige per mezzo del paragone e della esperienza tutte le potenze della vita ove fosse destituta della parola, non sarebbe prerogativa dell’uomo; ma, come negli [18] altri animali, ridurrebbesi all’istinto di misurare i beni e i mali imminenti con la norma delle sensazioni. Fuggono ai sensi le forme reali degli oggetti; né si discernerebbe il vero dal falso, né si bilancerebbe il vantaggio apparente col danno nascosto, se non si oltrepassassero l’esterne sembianze, le sole ad ogni modo che i sensi possono imprimere nella mente. Quindi la ragione al difetto d’immagini acquisite provvide co segni della voce, inventati ne’ primi bisogni dall’arbitrio dell’analogia, poi migliorati dall’esperienza e sanciti dalla utilità. Così, poiché furono idoleggiate con simboli e con immagini molte serie di fatti, si desunsero le idee del dovere e del diritto; ma come raffigurarle in tanto tumulto di reminiscenze, di [19] passioni e di fantasmi annessi a quei fatti? come astraerle e preservarle se non con un segno stabile ed arrendevole alle astrazioni? e qual altro segno se non la parola? Tesoro di suoni, di colori e di combinazioni per cui l’intelletto, dopo d’avere percepite e denotate le forme sensibili delle cose, può congetturarne e concepirne le più recondite, e denominarle, e scomporle in minime parti, e considerarle in tutti i loro accidenti, e ricomporle nell’armonia che dianzi non intendeva; onde spesso ne vede le cause e talvolta lo scopo, e resta men attonito e più convinto dell’arcana ragione dell’universo: dell’incomprensibile universo, dell’esistenza di cui mancherebbe perfino la semplice idea, se, come l’uomo non può comprenderlo, così non potesse nemmeno nominarlo.

 


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