Ugo Foscolo
Dell’origine e dell’ufficio della letteratura

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Le forze parziali di una società, incorporate dagli effetti della guerra, tendeano sempre a’ primi contrasti per cui non avrebbero potuto assalire le forze più concordi d’altra nazione; ogn’individuo dunque, rinunziando col fatto l’uso delle sue forze al valore del più prode o al senno de’ più avveduti, videsi punito quando le ridimandò o le ritolse; quindi l’origine delle leggi: così la giustizia eresse carceri, tribunali e patiboli in mezzo ad un popolo per conservargli la forza, e quindi il diritto di combattere un altro. Ma perché le passioni de’ soggetti poteano rivendicare le loro forze dalla giustizia o [24] dall’arbitrio di chi ne usava, i pastori de’ popoli, compresi anch’essi dal sentimento dell’esistenza d’una mente infinita, attiva, incomprensibile al pari dell’universo, si valsero di questo sentimento che vive in tutti, e confederandosi al cielo minacciarono di difendersi co suoi fulmini; le menti, affascinate dal terrore di peggior male e dalla speranza di futuro compenso, s’assopirono sul danno presente; il mistero accrebbe il silenzio, e il silenzio la venerazione; le leggi furono santificate, e deificati i legislatori; quindi dal mistero i riti. Finalmente i principi per eternare la loro fama e la loro possanza ne’ lor successori, e i popoli per disanimare le altre nazioni che l’alterno moto della forza trarrebbe ad imporre o a pagare tributo, [25] vollero narrare alla posterità e alle lontane regioni le loro glorie, e l’onnipotenza de’ loro numi; quindi le tradizioni. Dalle leggi, dalle religioni e dalle tradizioni progredì ogni umano sapere; ché se non pertanto continuavano a commettersi al suono delle parole, non poteano propagarsi che a poche generazioni; da che l’età rende inferma la memoria, ambigue le lingue, ed infedeli le tradizioni. Ma il vincitore, troncando con le scuri grondanti di sangue e rotolando sovra i cadaveri de’ vinti i ciglioni delle montagne, lascia un monumento che attesti agli uomini che vivono e che vivranno in futuro il campo della vittoria. I cedri verdeggianti sovra le sepolture, effigiati dalla spada in simulacri d’uomo, sorgono da lontano custodi della memoria [26] d’egregi mortali; e a’ tronchi corrosi dalle stagioni sottentrano ruvidi marmi, ove nel busto informe dell’eroe sono imitazioni di fiere e di piante, a ciascheduna delle quali e alle loro combinazioni sono consegnate più serie d’idee che tramandano il nome di lui, le conquiste, le leggi date alla patria, il culto istituito agli iddii, gli avvenimenti, le epoche, le sentenze e l’apoteosi che l’associò al coro de’ beati: così prime are degl’immortali furono i sepolcri1. Se non che, oltre alle guerre e alle pesti che, lasciando solitudine e scheletri nelle città, distruggevano e abbandonavano alla dimenticanza que’ monumenti, la [27] natura innondò parte del globo e sommerse genti e trofei; anzi ardendo le viscere della terra, e la terra fremendo orribilmente e agitandosi, vomitò fiamme e si squarciò, e i laghi ondeggiarono sulle ceneri delle foreste, e le montagne spalancarono abissi, e i fiumi precipitarono ove dianzi l’aquila ergeva il suo volo, e l’isole disparvero, e, svelti i continenti, furono cinti dalle procelle e daglintentati spazi del mare. Ma l’uomo restava. Dalle reliquie dei suoi monumenti desunse esempio di accrescerli e di premunirli; ed avvedutosi che la terra anch’essa era obbediente e mortale, li confidò al cielo che sembravagli eterno. [28] Pria che Teuto2 esplorasse l’ordine delle stelle, e che l’osservazione, congiuntasi per cinquanta e più secoli al calcolo, assegnasse le distanze non solo tra i pianeti del nostro emisfero, ma le forze e le perturbazioni de’ loro moti, il pastore, salutando col canto l’apparire di quel pianeta bellissimo tra gli astri, [29] che segue tardo il sole all’occaso e lo precede vigile nell’oriente, avvertiva i momenti delle tenebre e della luce; l’immobilità della stella polare guidava tra l’ombre la vela del navigante; la luna col perpetuo ricorso d’una notte più consolata dal suo lume distinse i mesi, e rinfrangendosi ne’ vapori e nell’aura, presagiva le meteore maligne e propizie; e il sole, abbreviando l’oscurità che assiderava la terra, e rallegrando con raggi più liberali l’amor nei viventi e la beltà nelle cose, die con l’equinozio di primavera i primi auspicj alle serie degli anni. Al cielo dunque, che col moto perenne dei suoi mondi dispensava il tempo alle umane fatiche e promettevalo eterno, fu raccomandata [30] la tradizione delle leggi, de’ riti, delle conquiste e la fama de’ primi artefici e dei principi fortunati. I pensieri del mortale, ch’ebbero dalla parola propagazione e virtù, trovandosi incerti nella memoria di lui, e caduchi nei monumenti terreni, conseguirono perpetuità nel vario splendore, nel giro diverso, negli orti e negli occasi degli astri, e nelle infinite apparenze con cui le stelle tutte quante errano ordinate e distinte nel firmamento; e la scienza dei tempi ordinò la scienza de’ fatti. Assai nomi ed avvenimenti scritti nelle costellazioni, benché trapassassero per densissima oscurità di tempi, sopravvivono forse ad imperi meno antichi, i quali, per non avere lasciato il loro nome se non sulla terra, diedero al silenzio anche il luogo delle loro rovine. Sapientemente dunque fu detto: Essere il globo celeste il libro più antico di letteratura3.





1 Vedi Zoega, De origine et usu obeliscorum.



2 Assegno a Teuto l’invenzione del calcolo astronomico su la testimonianza degli Egizi, i quali dissero a Socrate: che Yeðy (Theuth) era nume etiope, e che primo aveva inventati numeri e computi, e geometria ed astronomia. Platone, nel Fedro.

Da questo passo derivano e si concatenano le prove di tre nostre opinioni: Che le leggi fossero incorporate ai dogmi e alle storie, come appare nella Genesi, e che i principi fossero capitani o sacerdoti ed artefici ad un tempo, e i primi tra loro deificati; Che i popoli nell’emigrazioni e nelle guerre si portassero reciprocamento le loro religioni, e che, ampliandosi quindi le idee, si ampliasse il significato de’ nomi; così Teuto, nome individuale degli Etiopi, si convertì in Zeæw, Giove, nume supreme, poi in Yeñw, nome solenne d’ogni dio, finalmente in deus e dio, voce universale ed incomprensibile; Quindi confermasi che senza parole non si danno astrazioni.



3 E certamente possiamo affermare che i due globi, celeste e terrestre, siano i due più antichi libri della profana letteratura; perciocché il terrestre ne’ vari nomi delle province e de’ mari conserva un catalogo assai fedele di varie nazioni che le abitarono, e di molti principi che le ressero: ed il celeste nelle immagini antichissime, disegnatevi sopra avanti all’età di Omero e di Esiodo, è un monumento chiarissimo di imprese e di capitani, d’arti e di artefici, tramandati alla cognizione dei posteri. Bianchini, Istor. univ., Introd., cap. III.



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