Ugo Foscolo
Dell’origine e dell’ufficio della letteratura

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[31] O quanti mi si presentano i campi fecondati da un unico germe! e come nel percorrerli ammiro i principj del creato acquistando sempre propagazione ed aspetti, né si propagano senza tenore d’armonia che li ricongiunga, né si trasformano senza serbare vestigi delle origini antiche! Perdono le scienze i loro calcoli per numerare con quanti anni di [32] sudore, con quanta prepotenza d’oro e di imperio, con quanta moltitudine di mortali la piramide di Ceope4 sorgesse quasi insulto all’ambizione di Cambise e d’Alessandro e dell’astutissimo Augusto, e del più ferocemente magnanimo tra i discendenti d’Otomano, e di quanti trionfarono e trionferanno l’Egitto5: i [33] Romani e l’Oriente videro ed adorarono in Grecia le sembianze immortali di Giove trasferite dall’Olimpo in terra da Fidia: Michelangiolo e Rafaele astraendo dalla commista ed inquieta materia le forme più nobili e le più venuste apparenze, ed animandole o perpetuandole nelle tele e ne’ marmi, consecrarono in Italia un’ara alla bellezza celebrata dalle offerte di tutta l'Europa; e l’innalzamento delle piramidi e la divina ispirazione di Fidia e il genio delle arti belle ebbero principio da que’ rudi massi, da quegl’informi simulacri, da quei disegni ineleganti de’ geroglifici, che pur non tendevano se non a far permanenti i suoni della parola. Ma e la religione più solenne nel mondo e la più arcana sapienza e la più bella poesia ebbero principio [34] da questo medesimo intento. Però che il firmamento istoriato dalle memorie de’ mortali, fatti abitatori degli astri, non era più omai spettacolo di muto stupore; ma, quasi sentisse gli affetti dell’uomo, ripercotea nelle menti mille immagini, le quali animate dal timore e dalla speranza popolarono di numi, di ninfe e di geni la terra. Perché le conquiste e le colonie accomunando a’ popoli le religioni, veniva ogni nume invocato in più lingue, assumeva differenti attributi, e moltiplicavasi in più deità diverse tra loro. Onde la luna, emula del sole nelle prime adorazioni degli uomini, era Astarte a’ Fenici6, e Dione [35] agli Assiri7, ed Iside e Bubaste agli Egizi8; poi, di regina celeste degl’imperi, ottenne in Grecia e nel Lazio tanti nomi e riti ed altari quant’erano le necessità. Le vedove sedenti sul sepolcro de’ figli offerivano alla luna corone di papaveri e lacrime, placandola in nome di Ecate9; a lei, chiamandola Trivia, ululavano nelle orrende evocazioni le pallide incantatrici10; a lei, chiamandola Latmia, si volgeano le preci del pellegrino notturno e del romito esploratore degli astri11; a lei gli occhi verecondi e il desiderio della vergine innamorata12; [36] a lei, che rompea col suo raggio le nuvole, fu dato il nome di Artemide13; e i primi nocchieri appendeano nel suo tempio dopo la burrasca il timone, cantandola Diana dea de’ porti e delle isole mediterranee, cantandola Delia guidatrice delle vergini oceanine14; e a lei sull’ara di Dittinna votavano i cacciatori l’arco, la preda e la gioia delle danze15; e l’inno di Pindaro la salutò Fluviale16; la seguiano le Parche, ministre dell’umana [37] vita17; la seguiano le Grazie quando scendeva dagli auspicj dei talami18; e dalle spose fu invocata Gamelia, e Ilitia dalle madri19, e Opi20, e Lucifera21, e Diana madre22, e Natura23. Videro i saggi che la tutela degl’iddii su tutti gli oggetti del creato, e la consuetudine col cielo ammansava nell’uomo la ferina indole e l’insania di guerra, e lo ritraeva all’equità de’ civili istituti; onde ampliarono la religione con l’eloquenza, e la mantennero col mistero. Però le arti della divinazione e dell’allegoria [38] furono sì celebrate in tutta l’antichità, e tanti a noi tramandarono testimoni ne’ poemi e negli annali e ne’24 monumenti, che da quelle arti soltanto la critica, dopo d’avere interpretato con induzioni il silenzio delle età primitive, potrà progredire con più fiducia nell’istoria letteraria de’ secoli che seguirono. Imperciocché o sia che i Babilonesi fossero dagli Etiopi iniziati negli arcani della astronomia teologica, quando l’alterno dominio d’ogni nazione sul mondo die all’Africa di popolare l’Asia di sacerdoti e di eserciti; o sia che que’ riti fossero istituzioni di Zoroastro desunte dagli Sciti o dalla magìa de’ Caldei, e propagatesi poi con la possanza di Nino; o più veramente emanassero dal limpido cielo e dall’ingegno acuto degli Egizi mediterranei [39] e quindi venissero con Inaco in Grecia e con Pitagora nei templi d’Italia; certo è che le storie de’ popoli i quali nobilitarono gran parte del nostro emisfero, mentre pur vanno magnificando i propri numi quasi coevi del mondo e primi benefattori del genere umano, tutte non pertanto palesano le loro città fondate da re pontefici e persuase alla umanità dagli studi de’ poeti filosofi25. Da que’ popoli e da quegl’istituti, per lungo ordine d’usi, d’idiomi e d’imperi, sovente degenerando e più sovente a torto accusate, le lettere si propagarono a noi.





4 La prima o la maggior piramide fu eretta da Chemi, secondo Diod., lib. I, 64; o da Ceope, secondo Erodoto, lib. II, 126.



5 L’Egitto fu sempre insanguinato dalle guerre straniere, cittadinesche e servili; ma la storia ci presenta tre celebri conquistatori: Cambise, che desolò ed imbarbarì tutto l’Egitto mediterraneo; Alessandro, che fabbricando la capitale nell’Egittto marittimo, ridusse quel paese all’antica prosperità, e riunendo la delicatezza greca all’acutezza africana, lo fece scuola delle scienze e delle arti; finalmente Selim I, che lo tolse ai Circassi; su di che vedi Demetrio Cantemir, Storia della Casa Ottomanna, vol. II.



6 Antonio Conti, Sogno nel globo di Venere.



7 Vedi il cardinale Noris, Epoche de’ Siromacedoni, Dissert. V, cap. 4.



8 L’Iside egizia è le più volte rappresentata or con la luna falcata sul capo, or con la luna piena sul petto.



9 Virgilio, Georg., lib. IV, verso 502.



10 Orazio, Episodi, ode V, verso 52; ode XVII, verso 3.



11 Ateneo, l. XIII, ove narra che ‘l Sonno, ottimo fra gl’iddii, addormentasse Endimione, ma con le palpebre dischiuse, perch’egli nella tranquillità fissasse gli sguardi perpetuamente ne’ moti celesti.



12 Teocrito, Idilio II, segnatamente verso la fine.



13 Dalle voci Ž¡ra t¡mnv, aera rumpere.



14 Callimaco, Inno a Diana.



15 Omero, Inno a Venere, verso 19.



16 Pitica II, verso 12.



17 Vedi gli espositori de’ monumenti etruschi.



18 Orazio, Carm. Saeculare, verso 25.



19 Platone parla d’un tempio di Diana ilitia aperto alle incinte: Delle Leggi, lib. VI.



20 Tesoro Gruteriano, XLI, 8. Opiw suona provvidenza.



21 In molte medaglie Diana rappresentasi con una face.



22 Tesoro Gruteriano, XLI, 4, ove Diana è chiamata mater.



23 Visconti, Museo Pio-Clementino.



24 Introduco nel testo questo «ne’», togliendolo dalla correzione autografa dell’esemplare della Biblioteca di Udine.



25 Questa verità sui principj di tutte le nazioni fu veduta dal Vico, e noi ci siamo studiati di dimostrarla e di applicare le sue conseguenze alla storia de’ nostri tempi. Vedi il nostro discorso su le Deificazioni, nella Chioma di Berenice.



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