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E quanto alle scienze ed alle arti asseriva: che le scienze erano una serie di proposizioni le quali aveano bisogno di dimostrazioni apparentemente evidenti ma sostanzialmente incerte, perché le si fondavano spesso sopra un principio ideale: che la geometria, non applicabile alle arti, era una galleria di scarne definizioni; e che, malgrado l’algebra, resterà scienza imperfetta e per lo più inutile finché non sia conosciuto il sistema incomprensibile dell’Universo. L’umana ragione, diceva Didimo, si travaglia su le mere astrazioni; piglia le mosse e senza avvedersi a principio, dal nulla; e dopo lunghissimo viaggio si torna a occhi aperti e atterriti nel nulla: e al nostro intelletto la sostanza della Natura ed il nulla furono sono e saranno sinonimi. Bensì le arti non solo imitano ed abbeliscono le apparenze della Natura, ma possono insieme farle rivivere agli occhi di chi le vede o vanissime o fredde; e ne’ poeti de’ quali mi vo ricordando a ogni tratto, porto meco una galleria di quadri i quali mi fanno osservare le parti più belle e più animate degli originali che trovo su la mia strada; ed io spesso il trapasserei senza accorgermi ch’e’mi stanno tra’ piedi per avvertirmi con mille nuove sensazioni ch’io vivo. E però Didimo sosteneva che le arti possono più che le scienze far men inutile e più gradito il vero a’ mortali; e che la vera sapienza consiste nel giovarsi di quelle poche verità che sono certissime a’ sensi; perché o sono dedotte da una serie lunga di fatti, o sono sì pronte che non danno bisogno di dimostrazioni scientifiche.