Ugo Foscolo
Ricciarda

ATTO PRIMO

Scena terza – Guido, Ricciarda

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Scena terzaGuido, Ricciarda

 

RICCIARDA Guido! - Qui sei.... pur ti ritrovo!

 

GUIDO Ahi! come

Anzi ora qui? - Misero me! ti miro

Pallida, incerta, ed anelante.

 

RICCIARDA O Guido!

lo ti credea da me diviso.... e spento.

 

GUIDO Che spento io cada, per te sola il temo;

Ma ch'io mi parta, o donna mia, potevi

Crederlo tu?

 

RICCIARDA Te a preghi miei pietoso

Spero e che alfin ti partirai; ma dianzi

(Ne tremo ancor) credei che a fuga e a morte

Corressi tu. - Dall'alto di mie stanze

Vidi un guerrier di brune armi coverto

Guadar, pur or, a gran fatica l'acque

Ond'è cinto il castello; e giunto a proda

S’aprì la via tra le guardie col brando,

E correndo per l'erta, oltre le mura

Balzò da merli perigliando e sparve.

E tu quel mi parevi; e chi potea

Chi se non tu, così fuggirsi? e ratta

Venni; e se qui non eri, io m'affrettava

Ad accertarmi se cadesti illeso,

O a raccorti morente.

 

GUIDO Altri in quel luogo

Perì, se il cielo nol serbò pietoso

Al padre mio!

 

RICCIARDA Qui teco altri era?

 

GUIDO Occulto

Venne Corrado a ricondurmi al campo.

Poteva udirlo io forse? Ottenne lungo

Silenzio, e poscia irati detti e pianto;

E avrà, se è spento, eterno pianto - e vano!

 

RICCIARDA Misera! ch'io dagli occhi miei ti perda

M'è sì amaro pensier, che appena il vince

La ria certezza che qui resti a morte.

Sperava io sì, che ancor sola una volta

Ti rivedrei, che fida unica scorta

Tra l'ombre, e i ferri, io ti sarei per trarti

Di mille insidie che ti stanno intorno,

Per dirti addio, per non più mai....

 

GUIDO Deh il versa

Sovra il mio petto sempre, e meno amaro

Ti fia quel pianto.

 

RICC. Da te lunge il pianto,

Che or parlando mal freno, da te lunge

Men amaro mi fia; ché allora almeno

Potrei versarlo, e non temer che misto

Scorra col sangue del tuo cor trafitto

Dal padre mio - sull'ossa ahi!... della mia

Madre trafitto.

 

GUIDO A piangermi, né un’ora

Ti lascerebbe. A me crudele il temi?

Clemente a te? Dal , che me dal tosco,

lui da più infamia, e colpa hai salvi

Ti festi rea da disperar perdono.

Ben ci sperò che l'amor mio faria

Vile o più lento d'Averardo il brando.

Per più atterrirmi, or ei ti serba in vita;

E nel tuo volto, ove mal finger sai,

Sempre esplorar che mal suo grado m'ami;

Sempre ne' suoi ricordi atri notarlo

Per cancellarlo un col sangue. Ogni atto,

Ogni lagrima tua, la voce, i cenni,

Ed il silenzio, a raffermar varranno

Il rio decreto, ov’ei talor rammenti

Che è padre.

 

RICCIARDA E' spesso, e con pietà il rammenta.

Quanto amar può chi sé medesmo ha in odio,

M'ama; e ciò tempra i suoi furori. A tutti

Svela sue colpe; ma del cor le angosce,

Fuor che a me sola, a tutti asconde. Io sola,

Quand'anche i sgherri suoi trovano il sonno.

Lo intendo andar per la sua vota casa;

E paventa esser solo: e me sua guida

Appella; e dopo un tacer lungo, invoca

Gli avi e la morte e la consorte e i figli.

- Iddio, di cui mai non favella, Iddio,

Non che conforto come a noi, ma speme

Più non gli è di perdono. Oh di che preghi,

Sovra l'altar delle più arcane stanze,

Di che minacce insieme, e di che pianti

Orribilmente insulta il cielo, e trema -,

E geme, e freme... ahi sciagurato padre!

­Ed oggi che a battaglia alto vi sfida,

Io so che disperato a pugnar vola

Sol per fuggire i suoi terror sotterra.

Vedi se pianger nol degg'io? Diffida

Di me, nol niego; ma di tutti, e molto

Di sé medesmo ei trema: ed io.... son rea.

 

GUIDO D'amarmi?...

 

RICCIARDA No, rea non mi tenni io mai

D'amarti:e innanzi che a te invano il padre

Mi promettesse, il sai, gran tempo innanzi,

Da che prima venisti, ed io ti vidi

Giovenilmente generoso e altero,

T'amai, Guido, t'amai; tacita ognora

Arsi quanto il mio core arder potea;

Piansi per te, né men dolea; t'amai

Quanto amar sa mesta donzella e sola,

Che sol trova in amore ogni conforto;

Ma non mi tenni io rea. Poi quando infausta

Certezza ebb'io d'esser da te divisa,

Più ognor t'amai. Te sempre amo, e ti sono

D'alto innocente eterno amore avvinta;

Se rea.... - e per farmi del tuo core indegna

Forse.

 

GUIDO Tu mai, tu del mio core indegna

Tu che a virtù mi sei sprone ed esempio

E se non fosse che spiacerti temo,

Credi tu che porrei tutta mia speme

Nel morir teco? inutil brando io cingo

Sol perché tu non possa oggi incolparti

D'amar colui che ti guerreggia il padre:

Sol per la fama tua, taccio, ne spero

Quel ch'io più bramo; e mille volte il labbro

Apro, e in silenzio doloroso il chiudo.

 

RICCIARDA Ben io lo intendo: e oserò dirlo io prima -

e notte tiemmi e lusinghiero e forte

Il pensier di fuggir teco dal padre:

E più che il padre e il suo misero stato

E il suo periglio, men rattiene amore

Di te; di te, che a snaturata figlia

Sposo infame saresti; e ad Averardo

Faresti dono d'abborrita nuora:

Ed io madre sarei di maledetti

Figli e spregiati - ahi misera! tu stesso

Forse un temer puoi che ben sapria

Tradir lo sposo chi tradito ha il padre.

Pur di tradirlo io mi pensai. Ma farne

Ammenda io vo' col torre a me ogni speme

E a te ad un tempo, e giurarti che mai

Per questa via non mi darai salvezza.

A te il mio core; e al ciel. la vita io fido:

E quando altri la brami, io potrò almeno

Darti innocente il mio sospiro estremo.

Ma più di me tu d'ora, in ora stai

Sotto la scure -... Intendi?... ei vien!...

 

GUIDO D’armati

Son passi....

 

RICCIARDA Ei vien! salvati.

E fuggir sempre?

GUIDO Ahi vita indegna! - assai men grave è morte.

 

RICCIARDA O Guido mio! pietà di me ti vinca....

A sera, e avrai l'ultimo addio, qui riedo;

Fuggi....

 

 


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