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RICCIARDA Guido! - Qui sei.... pur ti ritrovo!
GUIDO Ahi! come
Anzi ora qui? - Misero me! ti miro
Pallida, incerta, ed anelante.
lo ti credea da me diviso.... e spento.
GUIDO Che spento io cada, per te sola il temo;
Ma ch'io mi parta, o donna mia, potevi
Crederlo tu?
RICCIARDA Te a preghi miei pietoso
Spero e che alfin ti partirai; ma dianzi
(Ne tremo ancor) credei che a fuga e a morte
Corressi tu. - Dall'alto di mie stanze
Vidi un guerrier di brune armi coverto
Guadar, pur or, a gran fatica l'acque
Ond'è cinto il castello; e giunto a proda
S’aprì la via tra le guardie col brando,
E correndo per l'erta, oltre le mura
Balzò da merli perigliando e sparve.
E tu quel mi parevi; e chi potea
Chi se non tu, così fuggirsi? e ratta
Venni; e se qui non eri, io m'affrettava
Ad accertarmi se cadesti illeso,
Perì, se il cielo nol serbò pietoso
Al padre mio!
Venne Corrado a ricondurmi al campo.
Poteva udirlo io forse? Ottenne lungo
Silenzio, e poscia irati detti e pianto;
E avrà, se è spento, eterno pianto - e vano!
RICCIARDA Misera! ch'io dagli occhi miei ti perda
M'è sì amaro pensier, che appena il vince
La ria certezza che qui resti a morte.
Sperava io sì, che ancor sola una volta
Ti rivedrei, che fida unica scorta
Tra l'ombre, e i ferri, io ti sarei per trarti
Di mille insidie che ti stanno intorno,
Per dirti addio, per non più mai....
Sovra il mio petto sempre, e meno amaro
Che or parlando mal freno, da te lunge
Men amaro mi fia; ché allora almeno
Potrei versarlo, e non temer che misto
Scorra col sangue del tuo cor trafitto
Dal padre mio - sull'ossa ahi!... della mia
Ti lascerebbe. A me crudele il temi?
Clemente a te? Dal dì, che me dal tosco,
lui da più infamia, e nuova colpa hai salvi
Ti festi rea da disperar perdono.
Ben ci sperò che l'amor mio faria
Vile o più lento d'Averardo il brando.
Per più atterrirmi, or ei ti serba in vita;
E nel tuo volto, ove mal finger sai,
Sempre esplorar che mal suo grado m'ami;
Sempre ne' suoi ricordi atri notarlo
Per cancellarlo un dì col sangue. Ogni atto,
Ogni lagrima tua, la voce, i cenni,
Ed il silenzio, a raffermar varranno
Il rio decreto, ov’ei talor rammenti
Che è padre.
RICCIARDA E' spesso, e con pietà il rammenta.
Quanto amar può chi sé medesmo ha in odio,
M'ama; e ciò tempra i suoi furori. A tutti
Svela sue colpe; ma del cor le angosce,
Fuor che a me sola, a tutti asconde. Io sola,
Quand'anche i sgherri suoi trovano il sonno.
Lo intendo andar per la sua vota casa;
E paventa esser solo: e me sua guida
Appella; e dopo un tacer lungo, invoca
Gli avi e la morte e la consorte e i figli.
- Iddio, di cui mai non favella, Iddio,
Non che conforto come a noi, ma speme
Più non gli è di perdono. Oh di che preghi,
Sovra l'altar delle più arcane stanze,
Di che minacce insieme, e di che pianti
Orribilmente insulta il cielo, e trema -,
E geme, e freme... ahi sciagurato padre!
Ed oggi che a battaglia alto vi sfida,
Io so che disperato a pugnar vola
Sol per fuggire i suoi terror sotterra.
Vedi se pianger nol degg'io? Diffida
Di me, nol niego; ma di tutti, e molto
Di sé medesmo ei trema: ed io.... son rea.
RICCIARDA No, rea non mi tenni io mai
D'amarti:e innanzi che a te invano il padre
Mi promettesse, il sai, gran tempo innanzi,
Da che prima venisti, ed io ti vidi
Giovenilmente generoso e altero,
T'amai, Guido, t'amai; tacita ognora
Arsi quanto il mio core arder potea;
Piansi per te, né men dolea; t'amai
Quanto amar sa mesta donzella e sola,
Che sol trova in amore ogni conforto;
Ma non mi tenni io rea. Poi quando infausta
Certezza ebb'io d'esser da te divisa,
Più ognor t'amai. Te sempre amo, e ti sono
D'alto innocente eterno amore avvinta;
Se rea.... - e per farmi del tuo core indegna
Forse.
GUIDO Tu mai, tu del mio core indegna
Tu che a virtù mi sei sprone ed esempio
E se non fosse che spiacerti temo,
Credi tu che porrei tutta mia speme
Nel morir teco? inutil brando io cingo
Sol perché tu non possa oggi incolparti
D'amar colui che ti guerreggia il padre:
Sol per la fama tua, taccio, ne spero
Quel ch'io più bramo; e mille volte il labbro
Apro, e in silenzio doloroso il chiudo.
RICCIARDA Ben io lo intendo: e oserò dirlo io prima -
Dì e notte tiemmi e lusinghiero e forte
Il pensier di fuggir teco dal padre:
E più che il padre e il suo misero stato
E il suo periglio, men rattiene amore
Di te; di te, che a snaturata figlia
Sposo infame saresti; e ad Averardo
Faresti dono d'abborrita nuora:
Ed io madre sarei di maledetti
Figli e spregiati - ahi misera! tu stesso
Forse un dì temer puoi che ben sapria
Tradir lo sposo chi tradito ha il padre.
Pur di tradirlo io mi pensai. Ma farne
Ammenda io vo' col torre a me ogni speme
E a te ad un tempo, e giurarti che mai
Per questa via non mi darai salvezza.
A te il mio core; e al ciel. la vita io fido:
E quando altri la brami, io potrò almeno
Darti innocente il mio sospiro estremo.
Ma più di me tu d'ora, in ora stai
Sotto la scure -... Intendi?... ei vien!...
Son passi....
E fuggir sempre?
GUIDO Ahi vita indegna! - assai men grave è morte.
RICCIARDA O Guido mio! pietà di me ti vinca....
A sera, e avrai l'ultimo addio, qui riedo;
Fuggi....