Ugo Foscolo
Ricciarda

ATTO SECONDO

Scena terza – Guelfo, Averardo, Corrado, Uomini d’arme

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Scena terzaGuelfo, Averardo, Corrado, Uomini d’arme

 

GUELFO Com'io intenda d'udirti, abbi argomento

Dal loco ov'io t'accolgo.

 

AVERARDO. I monumenti,

Signor, io veggo de' tuoi padri: e gioja

Essi n'avran se col fratel....

 

GUELFO Non ebbi

Fratelli io mai. So che scendea Tancredi,

Mentr'io versava in Palestina il sangue,

A nuove nozze: e dimezzò il mio regno

Quindi per darlo a chi credea suo figlio.

So che colui fanciullo, e inetto al brando,

Al mio tornar fuggì in Lamagna, e l'anno

Trentesmo volge omai da ch'ei pur sempre

Fratel mi chiama a guerreggiarmi e tormi

E regno, e figli, e onore. Alto or m'appella

De' suoi figli assassino, e disertarmi

Giura de' tetti miei. Se il feci - o ingiusta

Vendetta feci - ecco, alla sua vendetta,

Oppongo l'armi. Se nol feci, - io deggio

Trar dalla sua calunnia alta vendetta.

Or più assai ch'ogni taccia, or la discolpa

Vil mi faria: resterà l'onta al vinto.

Or come offerir mai, né accettar pace,

S'egli nel sangue si richiama offeso,

Io nella fama?

 

AVERARDO. Assai ragion di pace

Stan nelle accuse tue. Esul fuggiva

Il signor mio, perché tu d'Asia in armi

Minacciando venivi. Che Tancredi

Tra voi partisse ingiustamente il regno,

Non so; ma ben più ingiusto era Averardo

Se abbandonava i figli suoi mendichi

Del retaggio degli avi: e sol. da quando

Fu padre, ei tel chiedea. L'armi opponesti:

E tel chiedea con l'armi: e i figli tuoi

Cadder - ma in campo, ed han sepolcro e fama.

Vinse; e ancor regni: ecco ragion di pace.

 

GUELFO Ragion di guerra è il dirlo - Astuto meco

Parli, ed ardito.

 

AVERARDO.. Ardito; e più il vorrebbe

Forse Averardo; astuto no, se m'odi.

 

GUELFO Ma e tu chi sei che parli?

 

AVERARDO. Io son Corrado;

Guerrier d'Arrigo un .

 

GUELFO Ben io ti vidi

Tosto all'aspetto il ghibellino core.

Prode guerrier tu sei: ma meno antico

Della tua fama io ti credea nel volto -

Or dimmi: e quando data era la fede

Di quella pace, orrido aguato forse

Teso non fu? Guido avvilia l'altero

Cor di Ricciarda anzi che nuora il padre

Me la chiedesse; e quindi, 'io l'avessi

Ripulso, a fuga seco trarla; e quindi

Con quel dritto sul mio trono sedersi.

Vidi l'aguato.... ahi! non in tempo a trarvi

L'iniqua stirpe tutta. E co' suoi figli

Perché non venne allor nella paterna

Casa Averardo?... ed io l'avrei.... pur anche

Come nell'alma, conosciuto in volto.

 

AVERARDO. Allor che Guido occultamente il core

Pose in vergin regale, e ne fu amato

Ben si fe' reo: né ancor sapea che in corte

Delitto è amore; e ch'oggi a vil si tiene

Chi gli pena che non sia di sangue.

Ma di che fero duol dovea piagarti

L'orror del figlio suo, vide Averardo;

Né ad altro intento che di pace ei chiese

La figlia a te. Che se a vendetta giusta

Simulasti assentirla, assai vendetta

Non t'è colui che spirò in grembo a Guido? -

Giusto duole armò il padre; or si rimane,

Che oltre molte cagioni oggi il costringe

Anche l'amor per l'infelice Italia.

 

GUELFO Amor d'Italia? A basso intento è velo

Spesso:e tale oggimai s'è fatta Italia,

Ch'io, non che dirmi suo campione, e inulto

Lasciar per essa d'un mio figlio il sangue,

Io sdegnerei di dominarla, ov'anche

Sterminar potess'io, tutti i suoi mille

Vili signori, e la più vil sua plebe.

 

AVERARDO. Inerme freme, e sembra vile Italia

Da che i signori suoi vietano il brando

Al depredato cittadino, e cinti

Di sgherri o di mal compre armi straniere

Corrono a rissa per furor di strage

E di rapina; e fan de' dritti altrui

Schermo e pretesto alla vendetta.. e quindi

Or di Lamagna i ferri, or gl'interdetti

Del Vaticano invocano. Ben s'ode

Il Pastor de' fedeli gridar: Pace

Ma frattanto, a calcar l'antico scettro

Che a Cesare per tanto ordine d'anni

Diedero i cieli, attizza i prenci: e indurli

Ben può alle colpe; non celarle al guardo

Di chi vindice eterno il ver conosce.

Ma a noi che pro chi vinca? infame danno

Bensì a noi vien dal parteggiar da servi

In questa pugna fra la croce e il trono,

Per cui città a cittade, e prence a prence

E castello a castello, e il padre al figlio

Pace contende, e infiamma a guerra eterna

L'odio degli avi, ed a' nepoti il nutre.

E di sangue, e di obbrobrio inonderemo

Per l'ire altrui la patria?, Imbelle, abbietta,

Divisa la vedran dunque i nepoti

Per l'ire altrui'? Preda dell'ire altrui

Forse da tante e grandi alme d'eroi,

Fondata fu? - Togli alla Guelfa setta,

Che in te fida, l'ardire; e a' Ghibellini

Averardo il torrà. Congiunte e alfine

Brandite sien da cittadine mani

Le spade nostre; e in cittadini petti

Trasfondererno altro valore, altr'ira.

E co' pochi inagnanimi trarremo

I molti e dubbi itali prenci a farsi

Non masnadieri, o partigiani, o sgherri,

Ma guerrieri d'Italia. Ardua, è l'impresa,

E incerta forse; ma onorata almeno

Fia la rovina; e degli antichi al nome

L'età future aggiugneranno il nostro.

 

GUELFO Se grande Italia un tempo era, nol cerco.

Qual è la vedo, e la dispregio. Io patria

Non ho che il trono, a cui nulla io prepongo

Che la vendetta. E a che parli d'eroi?

Tacer fia meglio degli antichi: e giova

Che stolti più di noi sieno i nepoti:

La gloria altrui splende a mostrarci abbietti.

Io del futuro a me chiudo la porta:

Io sol dell'oggi ho cura. Ardire a' Guelfi,

Perché voi li temete; e omaggio a Roma,

Perché sta inerme e frena il volgo, io presto:

Mi benedice e non mi spezza il brando

­Se ragioni di pace altre non rechi,

Ti parti.

 

AVERARDO. Se né patria omai né fama

Ti tocca il cor, di te medesmo almeno

Amor ti vinca. Ribellanti e scarse

Son le tue schiere: e di Salerno intanto

Di bavariche spade orrido è il piano,

Al signor mio devote, alla vittoria

Anelanti e alla preda.

 

GUELFO Antica è l'arte,

Atta sol ne' codardi, onde il nemico

Vuol atterrire altrui di quel terrore

Ch'ei per sé prova; -

 

AVERARDO. Sì,... teme Averardo

Pel figlio suo unico omai, che amore

Forsennato può torgli. E l'ira tua

Teme per la tua figlia; e per sé teme,

E perciò sol fuggì il tuo aspetto.... ei teme

Che tu a forza nol tragga un a macchiarsi

Del sangue tuo.

 

GUELFO Io il bramo.... ov'io del suo

Nol possa. Ah mai, se non se morto, e d'altra

Man non vorrà ch'io vegga alfin chi egli era

Quel mio fratel! - E quali patti or m'offre?

 

AVERARDO. Che tu Salerno e le castella e il mare:

Esso Avellino e Benevento regga;

E Guido in moglie abbia Ricciarda.

 

GUELFO Accolti

Denno esser dunque da Ricciarda i patti

Pria che da me.. Perfidamente venne

Altro orator: ma, a quanto io so.... nol vide.

La udrai tu qui. Col tuo scudier frattanto

Abbiate stanza, e la mia . - Mi siegui.

 


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