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I. Benchè il Petrarca siasi studiato di ricoprire d'un bel velo la figura di Amore, che greci e romani poeti ebbero vaghezza di rappresentar nudo; questo velo è sì trasparente, che lascia tuttavia scernere le stesse forme. La distinzione ideale tra i due Amori derivò primamente dalle differenti cerimonie con cui gli antichi prestavano culto alla Venere Celeste, che presedeva a' casti amori delle zittelle e delle maritate, ed alla Venere Terrestre, riconosciuta divinità tutelare delle galanterie delle donne più in voga a que' tempi. Malgrado le mistiche e politiche allegorie che l'antica metafisica e la moderna erudizione fabbricarono sopra questi due nomi, la popolare distinzione è costantemente avvalorata da' poeti, allorchè descrivono i costumi de' loro tempi e il culto delle due dive1. Mentre virtuose donne vivevano in sì stretto ritiro da non comparir mai a' banchetti, e occupavano stanze appartate da quelle degli uomini; artisti, poeti, filosofi, magistrati, sacerdoti e tutto il bel mondo teneva le sue adunanze nelle case di donne che facevano aperto traffico delle bellezze loro, e prestavano le loro persone a modello delle statue, delle quali i templi della Grecia venivano adornandosi. Ognuno sa come Aspasia, che governò Pericle ed educò Alcibiade, fosse sacerdotessa della Venere Terrestre. Queste donne seppero far tanto da porsi esse pure sotto il patrocinio della Venere Celeste, col propagare la credenza che fossero di un solo amante, e che i sentimenti da esse inspirati a tutti gli altri fossero virtuosi; e tornò in politico acconcio de' loro stessi ammiratori il diffondere accortamente sì fatta opinione fra il popolo. Platone pose in bocca di Socrate ogni sottigliezza di raziocinii, a provare la possibilità di essere devoti a donna galante senza bramarne i favori2.