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VII. La sua giovenile inclinazione all'amore venne allettata da soverchiamente prematura credenza, che fortuna, fama e mondo sieno indegni amici, e che solo avrebbe trovato felicità nella corrispondenza di caldi e generosi sensi con pochissime persone:
Nè del vulgo mi cal nè di fortuna,
Nè di me molto nè di cosa vile,
Nè dentro sento nè di fuor gran caldo;
Nacque l'anno 1304 in Arezzo, mentre di Firenze erane sbandita la famiglia, e le sostanze confiscate dalla violenza di vittoriosa fazione, spalleggiata dal tenebroso processo di un tribunale inquisitorio. I suoi parenti cercarono rifugio ad Avignone, sperando di provvedere a' figliuoli nella corte del papa. Il Petrarca in età di ventidue anni li perdette entrambi, e, non essendo più a lungo forzato allo studio per sostentarli, abbandonò ogni arringo legale e il traffico
Di vender parolette, anzi menzogne.
L'animo suo rifuggì dall'idea di far acquisto d'una scienza, che lo avrebbe ridotto al dilemma «o di divenire un ricco furfante, o di essere deriso dal mondo quale onesto pazzo che avesse concepito il vano disegno di conciliare insieme legge, beni di fortuna e coscienza.»14 Il giovanetto ebbe quindi ricorso all'abito da prete, non perciò perdonando al libertinaggio de' ministri di Dio; disprezzando le promozioni in una chiesa così contaminata, e lamentando e gemendo di non avere altra patria che la terra dell'esilio:
Dal dì ch'io nacqui in su la riva d'Arno,
Cercando or questa ed or quell'altra parte,
Non è stata mia vita altro che affanno.15
Essendo egli e poverissimo e di mente elevata, la desolante convinzione de' subiti rivolgimenti di fortuna, delle umilianti e spesso inutili cure e della finale vanità dell'umana vita lo trasse a fantasticare per mondi ideali, sclamando «che questo pure era vanità ed afflizione di spirito.» Ruminare i suoi affetti e pascersi delle sue illusioni, fu prima ed ultima e perpetua sua cura. «I vicini lo miravano attoniti e sospiravano, pur benedicendo il giovanetto, taluni stimandolo maravigliosamente savio, e tali altri pazzo;» però che in gioventù il Petrarca sconfidò delle proprie forze; e sentissi così fuggir l'animo per l'immensità, incertezza ed insufficienza di tutto l'umano sapere, che fu in procinto di abbandonare le lettere per sempre, ed implorò consiglio da un amico più provetto: «Debbo io lasciare lo studio? Debbo io entrare in altra via? Pietà di me, padre mio!» Pochi mesi dopo la data di questa lettera, ebbe principio la sua conoscenza con Laura:
Io che l'esca amorosa al petto avea,
Qual maraviglia se di subit'arsi?
La raccolta de' suoi versi comparata alla sua corrispondenza e a tali altri scritti che non intendeva dovessero pubblicarsi, porta seco il progressivo calore di una narrativa, nella quale identifichiamo sempre il poeta con l'uomo, perchè fu accurato nel collocare le sue composizioni secondo l'ordine del tempo; e spesso allude all'occasione che le fe' nascere. Per verità, assai di tali circostanze sono sì frivole in sè, e i poetici ornamenti sì destramente usati a coprire domestici casi, che difficilmente fermano l'attenzione di lettori scaldati all'ardore degli affetti, abbagliati allo splendore delle imagini, attoniti alla elevazione de' concetti e rapiti dalla varietà e melodia della versificazione.
Exul ab Italia furiis civilibus actus,
Huc subii, partimque volens, partimque coactus,
Hic nemus, hic amnes, hic otia ruris amæni:
Sed fidi comites absunt vultusque sereni.