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XIII. Bisogno di consolazione lo forzò a cercar rifugio fra coloro stessi ch'egli sprezzava:
Il vulgo a me nemico ed odïoso
(Chi 'l pensò mai?) per mio rifugio chero;
e amore nol trasse ad Avignone, se non perchè il misero tornasse di nuovo e di subito a Valchiusa. Lasciò la Francia, e vi tornò di lì a pochi mesi. Imprese lontani viaggi, e fece ogni sforzo per dimenticar Laura con prolungate assenze; e in tali accessi di sdegno e di vergogna pensò che una meno platonica affezione avrebbe posto fine alla servitù in che la sua mente stavasi allacciata. «Non era più da sperarsi che ne venissi liberato per mero caso.»24 Ebbe allora un figliuolo, e, dopo alcuni anni, una figliuola; ma protestò che, non ostante queste licenze, non amò mai altra che Laura. «Io sempre sentii,» dic'egli, «la indegnità delle mie inclinazioni, e, al mio quadragesimo anno, me ne liberai come se non avessi mai veduto altra donna; sano e robusto; nel caldo e vigore dell'età soggiogai necessità così vergognosa.»25 Anche verso questo periodo, che fu intorno a quello della morte di Laura, nè l'esempio della virtù di lei, nè i suoi forti dubbi ch'ella non fosse una ritrosa senza cuore, bastarono a saldarne la piaga, ed egli aprì il suo petto, che scoppiava di dolore, a' suoi più intimi amici. «Il dì non è forse lontano ch'io sarò tranquillo abbastanza da contemplare tutta la miseria della mia anima, e da esaminare la mia passione, non però per continuare ad amarla, bensì per amare te solo, o mio Dio! Ma per ora quanti pericoli mi rimangono da superare, quanti sforzi da fare! Non amo più come amai, ma amo ancora. Amo mal mio grado, ma amo in lamentazioni ed in lagrime: la odierò? no; bisogna amarla ancora.»26 Sette anni dopo la data di questa lettera, il conflitto non era per anche cessato. «Il mio amore,» dic'egli, «è veemente, estremo, ma esclusivo e virtuoso. — No, questa irrequietudine, questi sospetti, questi trasporti, queste vigilie, questo delirio, questa stanchezza d'ogni cosa, non sono già i sensi di un amore virtuoso.»27