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XVII. Tollerò per anni ventuno la sciagura di adorare a un tempo e d'avere in sospetto l'umana creatura ch'egli stimava sola valevole a renderlo felice; perplessità che riduce ad angosce mortali, ed umilia a' propri occhi ogni uomo il quale sia
D'alta, amorosa indole costante. — Otello.
Perchè tali appunto sono le umane tempre che natura condannò a passioni violenti; dove rarissimi, anche fra cotestoro, ne ricevettero in compenso la fortitudine di farsi tanto severi alle proprie più profonde affezioni, da sradicare a qualsiasi costo quell'ulcera che gli uomini in generale altro non fanno che nodrire ed allevare co' temporeggianti rimedi che vi adoperano. Sembra che il Petrarca si compiacesse negli sforzi di coraggio, e nel reggere a lunga guerra con le speranze e co' timori propri, e che mai non gustasse il piacere di una mente che, sprezzati gli adescamenti della speranza e sdegnata la commiserazione degli uomini, misura tutta l'ampiezza del suo dolore, e lo sostiene, non si lasciando svolgere dalla fluttuazione de' dubbi e delle illusioni. Egli sentì anzi ognora una sorta di necessità di conciliarsi per ogni maniera la simpatia dell'universo; e il meschino che trova conforto in sì fatta vanità è intieramente inetto a consolare sè stesso. Una mente raffinata, commossa da naturale vivacità di sensazioni non use a freno, lo recò a temere ed a bramare a vicenda il possesso di Laura. La sua passione fu prolungata da quella non virile irresolutezza, vera fonte della infelicità e delle querele di lui, e che porse a Laura opportuno spediente di serbarsi a un tempo e l'amante e la virtù sua. Come che fosse conscio «della follia ed umiliazione di amare non essendo riamato,»31 tuttavia persistè nel credere, che
Non è sì duro cor, che lagrimando,
Pregando, amando, talor non si smova.
Con tali versi finiscono quelli fatti in vita di Laura. La sua bellezza avea da gran tempo ceduto più alle infermità, che agli anni. Ella ne contava appena trentacinque, allorchè il Petrarca in una delle più gravi sue opere scrisse: «Se avessi amato in lei soltanto la persona, avrei mutato pensiero già da gran tempo.»32 Gli amici suoi stupivano, come beltà sì appassita durasse a tener saldo in lui così ardente affetto. «Che monta ciò?» rispose il Petrarca,
Piaga per allentar d'arco non sana.
Quando ella sparve per sempre dagli occhi suoi, i melanconici sentimenti erano in lui da lunga mano divenuti abito, e il vigile presentimento della sciagura che gli sovrastava avevagli destato le più mordaci sollecitudini. Nel corso de' dieci anni che venner dopo, dettò la seconda parte de' suoi versi amorosi: a volte descrive Laura che gli appare di mezzo alla notte; a volte «rapito in estasi, il terzo cielo apresi agli occhi suoi,» ond' ei ne contempli le celestiali bellezze. Assai volte si duole del fato, che lo condannò a nodrire tuttavia i suoi desiderii della polvere di un sepolcro, e di un'ombra.
Tale è terra, e posto ha in doglia
Lo mio cor, che vivendo in pianto il tenne.
Che 'l desir vive e la speranza è morta.
E di nuovo:
Che fai? che pensi? che pur dietro guardi,
Nel tempo che tornar non puote omai,
Anima sconsolata? che pur vai
Giugnendo legne al foco ove tu ardi?
Cerchiamo 'l ciel, se qui nulla ne piace;
Che mal per noi quella beltà si vide,
Se viva e morta ne dovea tor pace.
E il dubbio di non essere stato riamato mai, o di essere stato sempre da Laura deluso, pur seguitava a rodergli il cuore. Venti lunghi anni almeno dopo averla perduta, standosi egli stesso sull'orlo del sepolcro, mentre poteva più placido volgerle il pensiero, cavò da la memoria pittura più distinta, benchè forse non al tutto verace, del cuore e delle massime e de' costumi della donna, fonte d'ogni felicità e d'ogni travaglio di sua vita.