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IX. A uno scrittore moderno, costretto a tessere poesia più secondo il gusto analitico de' propri tempi, che secondo le poetiche dottrine del Petrarca, non venne fatto di tradurre questo passo, se non con doppio numero di versi.
I know what hope and fear assail the mind
When I pursue my love, yet dread to find;
I know the strange and sympathetic tie,
When, soul in soul transfused, a fond ally
For ever seems another and the same,
Or change with mutual love their mortal frame.
Ma, lasciata anche stare sì fatta amplificazione, i versi del Petrarca nulla hanno che fare col mutuo amore, poich'egli pensatamente chiama in essi Laura sua nemica: e diresti che il traduttore mirasse più ch'altro a un passo della Epistola di Eloisa:
Oh! happy state! when souls each other draw,
When love is liberty, and nature law:
All then is full, possessing and possest,
No craving void left aching in the breast;
Ev'n thought meets thought, ere from the lips it part;
And each warm wish springs mutual from the heart;
This sure is bliss (if bliss on earth there be),
And once the lot of Abelard and me.
Questa scuola di poetica analisi, che il gusto mirabile di Pope recò a tanta perfezione, è, se oso arrischiare una opinione, tutta propria degl'Inglesi, e già antica. La nozione espressa dal Petrarca nel solo verso:
L'amante nell'amato si trasforme,
fu stemperata da Ben Jonson in metafisiche particolarità:
It is a flame and ardour of the mind,
Dead in the proper corpse, quick in another's:
Transfers the lover into the loved:
That he or she, that loves, engraves or stamps
The idea of what they love, first in themselves,
Or, like the glasses, so their minds take in
The forms of their beloved, and them reflect.
Alcuni passi stanno, non v'ha dubbio, troppo a disagio nel Petrarca, e fannosi oscuri per brevità; nondimeno tanto il lettore sentesi rapito dal calore della passione dell'amante, che gli par di capire a tutta prima ciò che in effetto a snodarsi richiede qualche ponderazione. Sembrerebbe ch'ove non comprendiamo distintissimamente i pensieri di un poeta, i suoi versi dovessero perdere non poca della forza loro; pure quanto è con profondità sentito, presumiamo che sia distintamente compreso; e giusto allorchè stiamo in forse di poterci levare con lui a spaziare sopra i limiti della terra, il Petrarca trova modo d'insinuarsi nelle più riposte pieghe de' nostri cuori; e nel punto che entriamo negli stessi suoi sentimenti, siamo anche pronti ad ammetterne per vere le visioni. Egli esclama:
Chi vuol veder quantunque può Natura
E 'l Ciel tra noi, venga a mirar costei.
E di nuovo
Le stelle e 'l cielo e gli elementi a prova
Tutte lor arti ed ogni estrema cura
Poser nel vivo lume in cui Natura
Si specchia.
«Che Laura venne vestita di tutte le sue virtù dal pianeta ch'ella abitava prima di scendere sopra la terra:»
In tale stella duo begli occhi vidi,
Tutti pien d'onestate e di dolcezza.
«Che la bellezza di Laura preesisteva nel concetto della Divinità alla creazione dell'universo:»
In qual parte del cielo, in quale idea
Pure in questo medesimo sonetto, ove si dispiega la teorica di Platone — «che tutti gli oggetti i quali cadono sotto i sensi sono soltanto copie di modelli più o meno perfetti che esistevano ab eterno nella mente di Dio,» — il poeta esclama improvvisamente:
Benchè la somma è di mia morte rea.
Così il fulgore della descrizione viene maestrevolmente temperato con un solo verso, il quale ne ricorda che, se Laura è un angelo, l'amante suo almeno è un mortale che patisce al pari di noi.