Ugo Foscolo
Saggi sopra il Petrarca

SAGGIO SOPRA LA POESIA DEL PETRARCA

XVI

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XVI. Più andava il Petrarca scoprendo opere di antichi, e più diveniva competente a giudicarne la eccellenza; e sì addentro sentì quanto quelli gli andassero innanzi, che que' latini poemi, ne' quali per tanti anni avea riposto ogni speranza di gloria, nella fine gli cagionarono mortificazione interna, che i plausi del pubblico valsero solo a far palese.64 All'udire in Verona ripetersi alcuni versi dell'Affrica, il Petrarca scoppiò in lagrime di vergogna.65 Le copie, che circolarono dopo la sua morte, non poterono essere tratte dal manuscritto che aveva preparato, ma che non ebbe animo di dare al pubblico, e che subito dopo gettò alle fiamme. — «Di rado un padre nel porre il corpo morto dell'unico figliuolo sul rogo sentì agonia maggiore di quella ch'io provai nel distruggere il frutto di tante fatiche: pensate a ciò, e appena potrete frenare le lagrime66 Parecchie sue egloghe ed elegie, e i suoi trattatiDella propria ignoranza e di quella di molti altriDe' fatti memorabili, specialmente del proprio tempoDe' rimedi della buona e cattiva fortunaDel reggimento di una repubblicaDei doveri di un comandante d'esercitoItinerario per la Siria — una serie non compiuta di Vite d'illustri Romani da Romolo a TitoApologie ed Invettive contro i suoi avversari, — tutti questi con alcuni altri, che si rimangono tuttavia inediti, sono probabilmente la minor parte de' suoi latini volumi. Mentre stava componendo, stimavasi l'Achille, e mentre rivedeva, il Tersite degli autori; e sovente, allorchè la morte degli amici suoi gli recava più addentro la persuasione della vanità della vita, ardeva i suoi scritti.67 L'unico che continuò a tenersi caro sopra ogni altro, fu il libro della Solitudine, ch'ei chiamava: Liber maximus rerum mearum. Ne aggiunse un altro: Della vita pacifica de' monaci, che indirizzò a Gerardo suo fratello minore, il quale, sperimentate tutte le gioie e le traversie della gioventù, alla morte di una diletta amica riparò, per chiudervi i giorni suoi, ad un monastero di certosini. «Mio fratello ed io,» sclamava il Petrarca dopo la morte di Laura, «stavamo in ceppi ugualmente. La tua mano, o mio Dio! ha rotto le nostre catene: ma siamo noi sciolti entrambi? Egli sì che si liberò davvero68 Allora si fu ch'ei distrusse molte lettere, nelle quali interteneva gl'intimi suoi amici intorno a Laura: ma, avvertendo poi ch'altre si erano conservate e copiate, ei ne raccolse un gran numero, prevedendo forse ch'esse avrebbero all'ultimo salvato i suoi scritti latini dal venir trascurati.





64 Quotiescumque AFRICÆ mentio incidisset, toties conturbabatur, molestiamque mente conceptam foris facies indicabat. Vergerius Senior, Vita Petr.



65 Trovandosi il Petrarca in Verona, e sentendo cantare i versi dell'Affrica, pianse, dolendosi non poterla nascondere affatto. Beccadelli, Vita del Petrarca.



66 Raro unquam pater aliquis tam mœstus filium unicum in rogum misit: quanto id fecerim dolore, et omnes labores meos eo in opere perditos, acriter tecum volvas, vix ipse lachrymas contineas. Queste parole sono ripetute dal Vergerio, il quale viveva in Padova nello stesso tempo che il Petrarca vi si trovava.



67 Incredibilem rem audies, veram tamen, mille vel amplius seu omnis generis sparsa poemata seu familiares epistolas Vulcano corrigenda tradidi non sine suspiriis. Petr. apud Tomasinum, f. 28.



68 Cum ego et frater meus gemino laqueo teneremur, utrumque contrivit manus tua; sed non ambo pariter liberati sumus: ille quidem evolavit. Epist. var., 28.



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