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I. Un anno a un bel circa prima di far conoscenza con Laura, il Petrarca entrò in casa di Jacopo Colonna vescovo di Lombes, che lo introdusse presso il fratello Giovanni cardinale, e vi fu eletto aio d'uno de' nipoti loro. Ma non andò guari a venire con essi a sì dimestica amicizia, che Stefano Colonna capo della famiglia, il quale avea gran potere in Roma, e non mancavane in Avignone, lo teneva in conto di figliuolo, e affatto indipendente.72 A quel tempo uomini d'alto affare e ingegno da tutte le nazioni traevano ad Avignone; fra i quali Riccardo di Bury, poi vescovo di Durham, vi si trovava ambasciatore di Edoardo III. Laonde il Petrarca ebbe di buon'ora opportunità di procacciarsi, coll'amicizia de' più eminenti personaggi vissuti a que' dì in Europa, notizia non comune della letteraria e politica condizione del mondo. Nel suo trentesimo quarto anno ottenne da Benedetto XII un beneficio ecclesiastico per mediazione del cardinale,73 e si ritirò a Valchiusa, come in porto di tutta pace, ove potesse menar vita non molestata da amore o da ambizione, e non tentata dalle depravazioni di quella corte.
«Rev. et amplissime Præsul Jacobe Domine perhonorande: Me invitate en Avignone a trattenerme a la Corte Romana con gonfiarme di speciosissime speranze. E se lo affecto amorevolissimo di Voi el non me fosse a mille altre dimostranze cognosciuto, potrei affermare esserme voi el più rio nemico che el misero Francesco potesse havere al mondo. El sa per lo tanto che haviamo più fiate favellato onsieme, le grandi promissioni fattemi dal pontefice Giovanne, a modo io me lusingava essere ben tosto en qualche stato sublime; et poi me cognosco essere el tapino Petrarca che sempre fui, et sarò. Ben el sapete voi con la longa experientia quanto le sono fallaci et fraudolente le lusinghe de la Corte, anzi che en quella li huomini ben veduti sono li ribaldi, o li idioti, o somigliante schiuma de gente, che o per simonia, favori, o adulatione, el montano a li gradi et le dignitade. O tempora, O mores! El mi torrei a vituperio per queste non licite vie conseguire cosa di buono. Hor puote esser dunque che voi Misser Jacomo, che el siete ingenuo et virtuoso signore, el me proponiate che io faccia ritorno en la Corte, dove non che uno che el se professa homo dabbene, ma lo sia punto iudicioso, si torrebbe a gran vergogna dimorare, ove no el costrengesse el bisogno? Præterea quando ben ancora el fosse certo haver a conseguire cosa di buono da la munificentia del Papa, li vitii scelerati de la Corte el me sono così a noja, che al sol pensarli el me fa stomaco. Sappia che en partirme da la Corte del Papa cantai il Psalmo: In exitu Israel de Ægipto. Godo en queste amene solitudini de Valclusa una dolce et imperturbata tranquillità, el virtuoso et placidissimo otio de' miei studj: el tempo che mi vaca de le volte passo a Cabrieres per diportarme. Ah! se vi fosse licito, Misser Jacomo, el dimorare en la dicta Valle, di certo vi rincrescereste di tutto el mondo, non che de la Corte del Papa. Son fermo en la deliberatione di non più rivederla. Me commendi en buona gratia de lo excellente signor Misser Stephano Colonna, vostro padre, et di Misser el Cardinale vostro virtuoso fratello, et conservatemi el vostro cordiale affecto. Vale. En Val-clusa. X kal. junij MCCCXXXVIII.
Tui studiosissimus, Franc. Petrarca.»
«Rever. et amplissime Præsul Jacobe Domine perhonorande. Io godo assai ben, perchè Voi, per lo affecto en lo qual mi havete, patiate sì gran noja, quando el sentite carpire le mie compositioni alcuno ignorantello disgratiato: imperciocchè penso esserve molto en grado el mio honore, el che non poteria essere se non me amaste. El sappiate nondimeno per vostro consuolo, che io de el garrire de le stridule cicade non ricevo più rincrescimento che el senta la Luna quando un rabbioso mastino con isquarciata gola latra contro de ella. Se ho voluto imitare el primo verso de la canzone de Arnaldo Danielo Provenzale,
Drez et raison es que je cante de Amour,
mutilandolo en parte, el feci così poi che entiero non faceva al mio proposito; et per la dicta cagione me sono servito di quello parlare solo en quello che me bisognava. Se li miserelli el sapessero la differentia tra lo imitare el prender di netto, così sconciamente non cicaleriano. Ma io me consolo con el detto de M. Tullio, Vera laus fit a laudato viro. Hor pensate voi, præstantissimo Misser Jacopo, se el me ponno le costoro ineptie et cicalecci portar duolo. El me rincresce pur assai che el nostro virtuosissimo M. Bernardo el sia molestato da el suo consueto male, come voi me ne date aviso con la vostra lictera: homo così excellente el fora dovere che non patisse male alcuno, se così el fosse en piacere de Iddio. El salute a nome mio, et sappia che molto me duole de ello. El ve prego ad excusarme appresso el Reverendiss. Card. M. Joanne, vostro fratello, de el non haver data opera en trovar el libro che el me disse; imperciocchè, en questi pochi momenti che ho dimorato appresso el serenissimo Re Roberto non sono stato niente mio, e volendo partire per Roma, non me ha vacato el salutare alcuno amico. Me commendi en gratia de excell. M. Stephano, vostro honoratissimo padre, et Franciscum tuum tuis jucundissimis epistolis exilarare non desinas. Vale. Neapol. VIII kal. aprilis, M. CCCXLI.
Tibi de voluntate et debito deditissimus F. Petrarcha.»