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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Terrore è in campo, o re de’ re. La turba
Che all’Ellesponto accompagnò gli avanzi
Il Telamonio Ajace, al campo riede
E fa insanir di nuovo lutto i Greci.
Finge orrendi prodigi; e vien narrando
Per la pietà della divina prole
Di Teti; che un sanguigno astro per l’aere
Notturno errava, e illuminando i mari
Ver occidente si perdea, la Grecia
Quasi accennando ed il ritorno. Invano
Or la pugna a bandir corron gli araldi
Ma la furia
Forse o la trama del terrore illude
Lungo il lito del mar trascorre a torme
Chiamando a nome i padri, i figli e l’ombre
De’ perduti compagni. Al grido, ai cenni,
Al consigliar de’ prenci un disperato
Gemer risponde, e per sè geme ognuno,
Per te, per noi, or che il Pelide è spento.
Varrebbe, or che travolto ha il cor di tutti
Il campo
Me per or non vedrà. Que’ numi suoi
Che alla fuga il sospingono, tra poco
Lo irriteranno alla battaglia. — Annunzi
Un araldo a Calcante augure sommo
Che il re supremo degli Achei lo attende.
Ove uno, arcano, irrevocato il cenno
Non sia d’un solo, il ciel spesso gli audaci
Favorirà. Non pel suo brando e i truci
Suoi Mirmidoni il figlio di Peleo
A tutti primo ed a te pari visse,
Ma per l’are e gli oracoli. Dal rogo
D’orgoglio or arde, e di speranze il petto
Di tal che forte e al par di lui feroce
Piú di lui forse, e ben piú accorto... Ajace.
Intrepid’alma, altero ingegno, aperti
Detti, e severo amor di patria ostenta:
Nè finge forse. Ma finch’ei sostiene
Tutto il furor delle dardanie posse,
Non io l’applauso invidierò del volgo
A chi per noi guerreggia. Ove fortuna
Contraria torni al valor suo, la fama
Non gli varrà d’antichi merti in core
De’ sospettosi e sconoscenti Achei.
Or pugni e vinca, e me non ami. Amarlo
L’alta virtú che in lui ripose il cielo
Mi sforza quasi e ad ammirarlo.
In me sempre starà che Troja
Per Ajace non cada. E indarno il mio
Scettro usurparmi ei tenterebbe: Atride
A rissa forse scenderia col sire
Di pochi armati? M’apparecchia ei stesso
La difesa di tanti emuli prenci
Irati a lui, che sprezzator di tutti
Con la jattanza di virtú gl’insulta.
Un solo ardia disobbedirmi, un solo!
E allor dovea, se ambizioso è tanto
Questo Ajace, affrontarmi, allor che ardire
Trovava e forze nell’insano Achille. —
Ma re volgare e guerrier sommo il tengo
D’Achille
Contro te ribellante è ver che Ajace
Non assumea le parti. A noi fedele
S’attenne ei forse? A poche navi duce,
Nè circondato dalla falsa fama
Di progenie celeste, invan potea
Primeggiar sul Pelide. A lui secondo
Farsi sdegnò. Ma mentre ei si divise
Dall’implacabil Tessalo, le nostre
Tende e la tua fuggía superbamente.
Muto severo all’assemblea de’ regi
Sedeva, e il volgo interprete si fea
Di quel fero silenzio. A suo talento
Pugna, ed a tutta la vittoria a tutta
La lode anela: e deplorando i Greci
Tratti a sterminio dalle risse inique
De’ lor prenci, campione egli si vanta
Sol della patria, a popolar licenza
E a tirannide occulta utile nome.
Ma con Achille gareggiava intanto
Di forti fatti: e quando il truce Eroe
Ostinato nell’ozio, al greco nome
Onte imprecava, e con gioja crudele
Vedea fumar di greca strage i campi
Sotto il brando d’Ettorre, Ajace apparve
Propugnator comune, Ajace quasi
Tolse al Pelide del valor la palma.
Ed ecco volti in lui gli sguardi omai
De’ ribelli e del volgo, a cui sol manca
Un condottier che contro noi lo guidi.
Alta prudenza è in te. Forse talvolta,
Inclito Ulisse, a stimar troppo altrui
Ti persuade. — Sorgeran ribelli?
Ma inerme forse è il nostro petto? o trema
Di tanti regi nella man lo scettro?
L’oste dapprima a’ miei comandi; apprese
Poi mormorando ad obbedire: il tempo
Ed io ben presto avvezzerem gli Achei
All’ossequio e al silenzio. Ajace segua
Del Pelide l’esempio; esempio ei stesso
A tutti, ei solo insegnerà ch’io regno.
S’io temo, Atride, in parlamento io temo;
In campo no, tu il sai: nè a me rileva
Ch’altri il rimembri. Oh ben mi duol che un tempo
Non inclinavi ad ascoltarmi! Antichi
Ma veri avvisi io ridirò. Tu fidi
Troppo nella tua grande anima invitta,
E nella fè de’ regi, e nel tremante
Ossequio delle turbe. Armata plebe
Pria d’atterrir vuolsi ingannarla; e primo
Destan odi, timor, ira e licenza
In tante schiere a lor talento i duci
Che da tetti paterni alla vendetta
Del fratel tuo le han tratte a lunga guerra.
Mostravan tutti di seguirti in nome
Della Grecia e de’ Numi; e ognun correa
Di fama avido, e piú delle opulente
Spoglie dell’Asia. In te pervenne il sommo
Scettro, e Achille usurpò la gloria prima.
Quasi a vendetta del superbo ognuno
Te non amando t’onorava in vista.
Ma successor d’Achille oggi il piú ardito
Sorge; e ne’ molti in chi il valore è scarso
Molto è l’orgoglio, e te che sei piú grande
Temono e attizzan la discordia. Gli altri
Dopo tanti anni di speranze e tanto
Sangue e tesor per te consunto, appena
Il giuramento, ed il pudor costringe;
Ma volti han gli occhi e il desiderio ai liti
E alla pace de’ lor vuoti regni.
Il troppo indugio omai svelò gli eccelsi
Disegni tuoi. Già bisbigliar s’intende
Che il pugnar per l’adultera è pretesto;
Che ad ardua guerra oltre l’Egeo raminghe
Le danae genti a te sommesse adeschi
Per usarle al tuo freno, e stender quindi
Lo scettro tuo sovra la Grecia.
E il lungo
Dissimular finor mi spiacque; ed oggi
Che giova?
E il tuo potere omai saria. Ma Achille
Non rivive in Ajace? A’ Salamini
Congiunge i suoi saettator quell’acre
Ajace figlio d’Oïleo che in petto
Non ha virtú che di corrucci e sangue:
Derisor de’ mortali e de’ celesti,
Nè di patria gli cal, nè di fortuna:
Nè di sè molto: forte nacque, e pugna:
D’Ajace è amico e sol per lui combatte,
E a lui baldanza il nome e la comune
Stirpe degli avi accresce. Ajace in campo
Non ha un fratel nato d’Iliaca madre?
Di profeti, di vittime e d’Eroi
Invaso, ardente, credulo, facondo,
Sovvertitor de’ popoli; ed a tutto
Pronto ed appena al suo fratel sommesso.
Ajace ha frigia sposa: in mezzo a noi
(Vinti e prigioni è ver) ma in mezzo a noi,
Si stanno i prenci suoi congiunti; in Troja
Han le lor armi. Ajace oggi d’Achille
Venerator magnanimo si mostra,
Oggi rimembra che di sangue avvinto
Gli era e d’amor: ma un capitano manca
A’ ribellanti Tessali d’Achille.
Che bado or piú? Valor, possanza e senno
È in lui. Tu dianzi sprezzator d’ognuno
E imprudente il nomavi. Oh non t’avvedi
Ch’arte col volgo è il disprezzar chi ’l regge?
Disprezzar me?
L’ira mia
Armi, consiglio, ardir, tempo e speranza
Gli rapirà.
Temi, se il versi venerato e pianto.
Al volgo che ama e invidia e anela a un tempo
Di conculcar gl’idoli suoi, sospetti
Rendili e vili; e avrai dall’altrui ferro
Senz’odio tuo, vittime inulte.
Mezzi e soverchi or che col brando impero.