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XII. Immaginando che gli uomini men contra lui, che contra saviezza e virtù cospirassero, l'indole sua ne contrasse un'ombra di misantropia a lui per nessun modo naturale. Quanti gli si avvicinavano più dappresso scorgevano in lui più timore e pietà dell'uomo, che odio e spregio. Infatti la propensione a farsi utile altrui, benchè tropp'alto professata, nacque seco, e, invece di allentare per vecchiaja, che suol essere tutta di sè, crebbe in fervore che solo cessò colla vita. Ad un amico perseguitato così scriveva: «A te sta lo scegliere; o riparerai all'asilo che il mio tetto ti apre, o mi forzerai ad accorrere in Francia per proteggerti.»112 Le avversità che ne flagellano negli anni più verdi, sogliono incallire le anime tutte di sè; ma, quanto al Petrarca, ne educarono il generoso petto a patire de' patimenti altrui; e trascurando — come quanti si pascono meramente de' propri sentimenti e delle intellettuali facoltà — le cure richieste all'acquisto e alla conservazione delle ricchezze,113 nella baldanza della gioventù fu tratto a dar fondo in altrui vantaggio a quasi tutta la scarsa eredità venutagli da' parenti morti in esilio. Ne diè porzione in dote alla sorella, che si maritò a Firenze,114 il restante partì tra due vecchi e benemeriti amici, che n'erano in gran bisogno.115 Prestò pure alcuni classici manuscritti, ch'ei chiamava i suoi unici tesori, al suo vecchio maestro, affinch'egli potesse impegnarli: per tal modo ebbero a perdersi irreparabilmente i libri De Gloria di Cicerone.116
Se i regali suoi venivano scansati, con appiccarvi alcuni versi costringeva gli amici ad accettarli; e le sue poesie italiane distribuiva tra rimatori e canterini di ballate, in guisa di limosina.117 Come inoltrò negli anni, «il sovrano disprezzo delle ricchezze,» che continuò a professare,118 divenne più apparente che reale, in ispecie verso il finire di sua carriera:119 pure non dimenticò mai chi a lui si rivolgeva per ajuto, che prestò sempre con cortesia. Fra molti legati del suo testamento lasciò ad uno degli amici il suo liuto, affinchè potesse cantare le lodi dell'Onnipossente, — a un altro una somma di danaro, scongiurandolo di non la sprecare, al solito, nel giuoco, — al suo amanuense una tazza d'argento, raccomandandogli di colmarla piuttosto d'acqua che di vino, — e al Boccaccio una pelliccia d'inverno pe' suoi studi notturni. Nè aspettò già che la morte lo forzasse a largheggiare. — «Davvero,» scrive al Boccaccio, «non so che cosa v'intendiate, rispondendo che mi siete debitore di danaro. Oh! se mi fosse possibile d'arricchirvi! ma a due amici, qual siamo, in un'anima sola, una casa è bastante.»120