Ugo Foscolo
Saggi sopra il Petrarca

SAGGIO SOPRA IL CARATTERE DEL PETRARCA

XV

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XV. Possedendo casa in ogni paese quasi ove teneva benefizio ecclesiastico, il Petrarca visse come non avesse casa affatto, e sempre sospirando l'eremo di Valchiusa. Avea colà soggiornato, con poche interruzioni, dieci anni mentre Laura viveva, e spesso vi tornò dopo morta. «Io mi era proposto di non più ritornarvi, ma i desiderii soverchiarono in me la risoluzione, e nulla più in difesa dell'incostanza mia posso addurre, che il sentito bisogno della solitudine. In patria sono conosciuto e corteggiato troppo, e troppo altamente vantato. Son rifinito da queste adulazioni; e quel luogo mi si fa più caro, dove posso vivere a me solo, lungi dal volgo, intronato dalla tromba della fama. L'abito, nostra seconda natura, ha fatto di Valchiusa la vera mia patria130 L'ultima volta egli vi stette due anni: — «Eccomi di nuovo in Francia, non per veder cose mille volte già viste, ma per riavermi dalla stanchezza e sgombrare dall'animo la inquietudine, come cercano gl'infermi mutando fianco.131 — Così non ho luogo dove rimanermi, dove andare. Sono stracco di vivere, e, qualunque strada io prenda, la trovo sparsa di selci e di spine. Il porto ch'io cerco, sulla terra da vero non si . Oh! fosse arrivato il punto di andarmene in traccia di mondo ben diverso da questo, dove mi sento tanto infelice! — infelice forse per colpa mia; forse per colpa degli uomini; o fors'anche colpa solo del secolo nel quale fui sortito a vivere. E può darsi ancora non sia colpa d'alcuno; tuttavia sono infelice132 Ad ogni sospetto di turbolenze, di guerra, o di morbo epidemico, si sforza di giustificare il mutar che faceva di stanza. — «Non già per fuggir morte vado io così errando sopra la terra, ma per cercarvi, se v'ha, angolo ove possa trovar requie133 Dall'avversione alla medicina, ch'ei deride con meno apatia che non fa Montaigne, e con più scarsa vena di sali che non fa Molière, ma con animo più concitato e più pienamente convinto d'entrambi,134 si fa chiaro non aver lui avuto pusillanime attaccamento alla vita. Ma quand'ei querelavasi di non poter morire in pace, perchè gli uomini correvangli dietro, avrebbe dovuto sapere, che il lasciare d' in ora un paese, e d'ora in ora tornarvi, non è miglior modo di frenare la curiosità, e che un autore può solo sperare di viver tranquillo allorchè nulla degli altri dice, e pochissimo di .

 

Cercato ho sempre solitaria vita

(Le rive il sanno e le campagne e i boschi)

Per fuggir quest'ingegni sordi e loschi,

Che la strada del Ciel hanno smarrita.

 

Comparando lo stato effettivo dell'uman genere con la perfezione cui anelava, meglio ravviluppossi nella contemplazione di , ed ebbe gli uomini per indegni del suo studio, non però della sua censura: e, mentre aspirava al cielo, non era indifferente a questo mondo. È da credersi ch'ei facesse qualche conto della razza umana, perchè, se fosse stato capace di realmente tenerla a vile, non si sarebbe sentito incalzato da quella perpetua necessità di fuggirla, di serrarsi fra quattro mura, di lagnarsi della follia e ignoranza delle brigate, e de' legami onde natura ha stretti noi tutti a vivere fra pazzi, savi, virtuosi, tristi, tiranni e schiavi, e tutti miseri ugualmente. Egli dice, che Laura sopra il suo letto di morte udì una voce, che le ricordava la vita sconsolata e raminga dell'amante suo:

 

O misero colui ch'e' giorni conta,

E pargli l'un mill'anni, e 'ndarno vive,

E seco in terra mai non si raffronta,

 

E cerca 'l mar e tutte le sue rive!

 

Il Petrarca avea già mandato lo stesso lamento nel libro Del disprezzo del mondo, scritto vent'anni prima di questi versi. — «Andai cercando libertà per ogni dove; ad oriente, a mezzodì, a settentrione, a' confini dell'oceano; ma non la trovai in verun luogo, — perchè viaggiai sempre con me stesso.»135





130 Famil., lib. II, ep. 12.



131 Stare nescius, non tam desiderio visa millies revisendi, quam studio, more aegrorum, loci mutatione, taedii consulendi. Epist. ad Post.



132 Famil., lib. XV, ep. 8; lib. XVII, ep. 3.



133 Non ut mortem fugiam, sed ut quaeram, si qua in terris est, requiem. Senil., lib. I, ep. 6.



134 Invectivae in medicum, Senil., lib. XII, ep. 1 et 2.



135 De contemptu mundi; ovvero De secr. confl., coll. 3.



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