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II. Il Petrarca nella sua risposta par che s'adiri «di poter esser creduto geloso della celebrità di un poeta, la cui lingua è ruvida, sebbene i concetti ne sieno sublimi.» — «Voi dovete portargli venerazione e gratitudine, qual a primo lume di vostra educazione;147 laddove io lo vidi soltanto una volta da lontano, o a meglio dire mi fu additato mentr'io era pur anche fanciullo. Fu esiliato lo stesso dì in compagnia del padre mio, il quale, rassegnatosi alle sue sciagure, si dedicò interamente alla cura de' suoi figliuoli. L'altro per lo contrario resistette, e famelico solo di gloria, tutto il resto posto in non cale, proseguì nello scelto sentiero. Se ancor vivesse e se il suo carattere fosse al mio così conforme, com'è il suo genio, non avrebbe migliore amico di me.»148 — Questa lettera, fascio di contraddizioni, d'ambiguità e d'indirette difese di sè, accenna all'individuo per circonlocuzioni, come se il nome ne fosse soppresso per cautela o paura. Pretendono alcuni che a Dante non si riferisca;149 ma la lista, che ancor si conserva autentica,150 de' Fiorentini mandati a confino il 27 gennaio 1302, contiene i nomi di Dante e del padre del Petrarca, e nessun altro individuo cui si possa applicare veruna delle circostanze menzionate nella lettera, mentre tutte e singolarmente quadrano a capello all'Alighieri.