Ugo Foscolo
Saggi sopra il Petrarca

PARALLELO FRA DANTE E IL PETRARCA

VII

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VII. Rispetto al piacere diverso che questi due poeti arrecano, fu già osservato, che il Petrarca eccita le più care simpatie, e sveglia le più profonde emozioni del cuore; e, sieno esse di mesta o di lieta tempra, ne siamo ansiosamente bramosi, perchè più ci scuotono e più forte avvivano la coscienza nostra di esistere. Ancora, dibattendoci noi senza posa a cacciare il dolore e a procacciarci il piacere, i nostri cuori oppressi sotto il fascio delle proprie agitazioni si sentirebbero mancare, abbandonati che fossero da' sogni dell'immaginazione, onde fummo provvidamente dotati ad aumentare il nostro capitale di felicità, e a dorare di fulgide illusioni le triste realtà della vita. Soli i grandi scrittori possono tanto frenare la immaginazione, da rendere poi impossibile il distinguere nelle opere loro queste illusioni dalle realtà. Se in un poema l'ideale e il fantastico sieno predominanti, ben può la meraviglia coglierci per brev'ora, ma non potrà mai commoverci per oggetti, che o non abbiano persona, o troppo si dilunghino dalla nostra comune natura. E d'altra parte, se la poesia si fermi troppo sopra cose reali, subito ne assale stanchezza; perchè le veggiamo da per tutto; rattristano ogni minuto della nostra esistenza; ci vengono sempre in uggia come note a sazietà: — aggiugni che se la realtà e la finzione non sieno fuse intrinsecamente in un sol tutto, vengono a mutuo conflitto e si distruggono a vicenda. Non molti esempii occorrono nel Petrarca di felice combinazione del vero col finto, pari a quello ov'ei descrive le fattezze di Laura immediatamente dopo ch'ella spirò:

 

Pallida no, ma più che neve bianca

 

Parea posar come persona stanca.

 

Quasi un dolce dormir ne' suoi begli occhi,

Sendo lo spirito già da lei diviso...

Morte bella parea nel suo bel viso.

 

No earthy hue her pallid check display'd,

But the pure snow

Like one recumbent from her toils she lay,

Losing in sleep the labours of the day.

And from her parting soul an heavenly trace

Seem'd yet to play upon her lifeless face,

Where death enamour'd sate, and smiled with angel grace

BOYD's Transl.

 

Se il traduttore si fosse nell'ultimo verso tenuto più stretto alle parole del suo testo:

 

Morte parea nel suo bel viso,

 

avrebbe data più alta e nondimeno più credibile idea della beltà di Laura, e destramente converso in sensazione più gradevole l'orrore con che si guarda un cadavere. Ma «Morte che siede innamorata sopra la faccia di Laura» non presenta immagine distinta, se pur quella non fosse dell'allegorica forma di Morte trasmutata in angelo assiso sopra la faccia di una donna; — il che valga a esempio che colpisca delle sconce assurdità, a cui trae un mal accorto accozzamento del vero colla finzione.


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