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XIII. I conati loro per recare l'Italia sotto il reggimento di un solo sovrano, e per tôr via il poter temporale de' papi, ecco l'unico punto in cui conversero questi due personaggi. Pare che fortuna e natura cospirassero a separarli nel resto per una irreconciliabile discrepanza. Dante percorse più regolare carriera di studii, e in tempi che Aristotele e Tommaso d'Aquino tenevano soli il campo nelle università. L'austero metodo e le massime loro lo ammaestrarono a scrivere solo dopo lunga meditazione, — a tenersi davanti «un gran pratico fine, cioè quello dell'umana vita»157 — e a proseguirlo saldamente con un preconcetto disegno. Poetici ornamenti paiono usati da Dante solo a lumeggiare i suoi soggetti; nè egli consente mai alla fantasia di trasgredire leggi, che previe siasi imposte:
Perchè non corra, che virtù nol guidi. — Inferno.
Non mi lascia più ir lo fren dell'arte. — Purgatorio.
Lo studio de' classici e il crescente entusiasmo per platoniche speculazioni, che il Petrarca propugnò contra gli aristotelici,158 accordossi con la naturale inclinazione di lui, e ne informò la mente dalle opere di Cicerone, Seneca e Sant'Agostino. Ei ne colse la maniera saltuaria, la dizione ornata, allora pure che i temi meno poetici vennergli a mano; e sopra tutto imitò quel mischiar ch'essi fecero sentimenti individuali con universali principii di filosofia e di religione. La sua penna andò dietro alla perpetua irrequietudine dell'animo: ogni argomento attraeva i suoi pensieri, e di rado tutti i suoi pensieri furon devoti ad un solo argomento. Così, più ardente ad imprendere che perseverante a finire, il numero grande de' suoi non terminati manuscritti gli fece alla fine pensare, che tra il frutto d'industria e quello d'ozio assoluto fosse per correr poco divario.159 — Dante confessa che in sua gioventù soggiaceva a lungo e quasi insuperabile scoraggimento; e duolsi di quella mutezza di mente che ne inceppa le facoltà, nè però le distrugge.160 Ma la mente sua, riavuta la elasticità, non più ristette finchè non ebbe conseguito lo scopo; e nessuna forza nè cura umana potè stornarlo dalle sue meditazioni.161