Ugo Foscolo
Jacopo Ortis

LORENZO

III - All'alba

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III - All'alba

 

Lorenzo, non odi? t'invoca l'amico tuo: qual sonno! spunta un raggio di giorno e forse per rinsanguinare i miei mali. - Dio non mi ode. Mi condanna anzi ad ogni minuto all'agonia della morte; e mi costringe a maledire i miei giorni che pur non sono macchiati di alcun delitto.

Che? se tu se' un Dio forte, prepotente, geloso, che rivedi le iniquità de' padri ne' figli, e che visiti nel tuo furore la terza e la quarta generazione10, dovrò io sperar di placarti? Manda in me - bensì non in altri che in me - l'ira tua, la quale raccende nell'inferno le fiamme che dovranno ardere milioni e milioni di popoli a' quali non ti se' fatto conoscere. - Ma Teresa è innocente: e anziché stimarti crudele, t'adora con serenità soavissima d'animo. Io non t'adoro, appunto perché ti pavento - e sento pure che ho bisogno di te. Spogliati, deh! spogliati degli attributi di cui gli uomini t'hanno vestito per farti simile a loro11. Non se' tu forse il Consolatore degli afflitti? E il tuo Figlio Divino non si chiamava egli il Figlio dell'Uomo? Odimi dunque. Questo cuore ti sente, ma non t'offendere del gemito a cui la Natura costringe le viscere dilaniate dell'uomo. E mormoro contro di te, e piango, e t'invoco, sperando di liberare l'anima mia - di liberarla? ma e come, se non è piena di te? se non ti ha implorato nella prosperità, e solo rifugge al tuo ajuto, e domanda il tuo braccio or quando è atterrata nella miseria? se ti teme, e non ha in te veruna speranza? Né spera, né desidera che Teresa: e ti vedo in lei sola.

Ecco, o Lorenzo, fuor delle mie labbra il delitto per cui Dio ha ritirato il suo sguardo da me. Non l'ho mai adorato come adoro Teresa. - Bestemmia! Pari a Dio colei che sarà a un soffio scheletro e nulla? Vedi l'uomo umiliato. Dovrò dunque io anteporre Teresa a Dio? - Ah da lei si spande beltà celeste ed immensa, beltà onnipotente. Misuro l'universo con uno sguardo; contemplo con occhio attonito l'eternità; tutto è caos, tutto sfuma, e s'annulla; Dio mi incomprensibile; e Teresa mi sta sempre davanti.

 

Dopo due giorni ammalò. Il padre di Teresa andò a visitarlo, e si giovò di quell'occasione a persuaderlo che s'allontanasse da' colli Euganei. Come discreto e generoso ch'egli era, stimava l'ingegno e l'animo di Jacopo, e lo amava come il più caro amico ch'ei potesse aver mai; e m'accertò che in circostanze diverse avrebbe creduto d'ornare la sua famiglia pigliandosi per genero un giovine che se partecipava d'alcuni errori del nostro tempo, ed era dotato d'indomita tempra di cuore, aveva a ogni modo, al dire del signore T***, opinioni e virtù degne de' secoli antichi. Ma Odoardo era ricco, e di una famiglia sotto la cui parentela il signore T*** fuggiva alle persecuzioni e alle insidie de' suoi nemici, i quali lo accusavano d'avere desiderato la verace libertà del suo paese; delitto capitale in Italia. Bensì imparentandosi all'Ortis, avrebbe accelerato la rovina di lui, e della propria famiglia. Oltre di che aveva obbligata la sua fede; e per mantenerla s'era ridotto a dividersi da una moglie a lui cara. Né i suoi bilanci domestici gli assentivano di accasare Teresa con una gran dote, necessaria alle mediocri sostanze dell'Ortis. Il signore T*** mi scrisse queste cose, e le disse a Jacopo che sapeale da sé, e le ascoltò con aspetto riposatissimo; ma non sì tosto udì parlare di dote. No, lo interruppe, esule, povero, oscuro a tutti i mortali, mi vorrei sotterrar vivo anziché domandarvi vostra figlia in sposa. Sono sfortunato, non però vile. Né i miei figliuoli dovranno riconoscere mai la loro fortuna dalla ricchezza della loro madre. Vostra figlia è più ricca di me, ed è promessa. Dunque? rispose il signore T***. - Jacopo non fiatò. Alzò gli occhi al cielo, e dopo molta ora: O Teresa, esclamò, sarai a ogni modo infelice! O amico mio, gli soggiunse allora amorevolmente il signore T***, e per chi mai cominciò ad essere misera se non per voi? Erasi già per amor mio rassegnata al suo stato; e sola poteva rappacificare una volta i suoi poveri genitori. Vi ha amato; e voi che pure l'amate con sì altera generosità, voi pur le rapite uno sposo, e manterrete discorde una casa ove foste, e siete, e sarete sempre accolto come figliuolo. Arrendetevi; allontanatevi per alcuni mesi. Forse avreste trovato in altri un padre severo: ma io! - sono stato anch'io sventurato; ho provato le passioni, pur troppo! e ne provo - e ho imparato a compiangerle, perché sento io pure il bisogno d'essere compatito. Bensì da voi solo all'età mia quasi canuta ho imparato come alle volte si stima l'uomo che ci danneggia, massime se è dotato di tale carattere da far parere generosi e tremendi gli affetti che in altri pajoni colpevoli insieme e risibili. Né io vel dissimulo: voi, dal che primamente vi ho conosciuto, avete assunto tale inesplicabile predominio sopra di me, da costringermi a temervi insieme ed amarvi: e spesso andava noverando i minuti per impazienza di rivedervi, e nel tempo stesso io sentivami preso d'un tremito subitaneo e secreto allorché i miei servi mi davano avviso che voi salivate le scale. Or voi abbiate pietà di me, e della vostra gioventù, e della fama di Teresa. La sua beltà e la sua salute vanno languendo; le sue viscere si struggono nel silenzio, e per voi. Io vi scongiuro in nome di Teresa, partite; sacrificate la vostra passione alla sua quiete; e non vogliate ch'io sia l'amico insieme e il marito e il padre più misero che sia mai nato. Jacopo parea intenerito: non però mutò aspetto, né gli cadde lagrima dagli occhi, né rispose parola; benché il signore T*** a mezzo il discorso si rattenesse a stento dal piangere: e restò a canto al letto di Jacopo sino a notte tardissima: ma né l'uno né l'altro aprirono più bocca se non quando si dissero addio. - La malattia del giovine aggravò; e ne' giorni seguenti fu sovrappreso da febbre pericolosa.

Frattanto io sgomentato e dalle lettere recenti di Jacopo, e da quelle del padre di Teresa, studiava ogni via per accelerare la partenza dell'amico mio, come solo rimedio alla sua violenta passione. Né ebbi cuore di rivelarla a sua madre, la quale aveva già avuto molte altre dolorosissime prove dell'indole sua capace d'eccessi; e le dissi soltanto, ch'era un po' malato, e che il mutar aria gli avrebbe certamente giovato.

In quel tempo stesso incominciavano a inferocire in Venezia le persecuzioni. Non v'erano leggi; ma tribunali arbitrarj; non accusatori, non difensori; bensì spie di pensieri, delitti nuovi, ignoti a chi n'era punito, e pene subite, inappellabili. I più sospettati gemevano carcerati; gli altri, benché d'antica e specchiata fama, erano tolti di notte alle proprie case, manomessi dagli sgherri, strascinati a' confini e abbandonati alla ventura, senza l'addio de' congiunti, e destituti d'ogni umano soccorso. Per alcuni pochi l'esilio scevro da questi modi violenti ed infami fu somma clemenza. Ed io pure tardo, e non ultimo e tacito martire, vo da più mesi profugo per l'Italia volgendo senza nessuna speranza gli occhi lagrimosi alle sponde della mia patria. Onde io allora, adombrato anche per la libertà di Jacopo, persuasi sua madre, quantunque desolatissima, a raccomandargli che sino a tempi migliori cercasse rifuggio in altro paese; tanto più che quando s'era partito di Padova, si scusò allegando gli stessi pericoli. Fu fidata la lettera a un servo il quale giunse a' colli Euganei la sera de' 15 Luglio, e trovò Jacopo ancora a letto, sebbene migliorato d'assai. Gli sedeva vicino il padre di Teresa. Lesse la lettera sommessamente, e la posò sul guanciale; poco dopo la rilesse, e parve commosso; ma non ne parlò.

Il 19 s'alzò da letto. In quel giorno stesso sua madre gli riscrisse inviandogli danaro, due cambiali, e parecchie commendatizie, e scongiurandolo per le viscere di Dio che partisse. Assai prima di sera andò da Teresa; e non trovò che l'Isabellina la quale tutta intenerita contò ch'ei s'assise muto, si rizzò, la baciò, e se ne andò. Tornò dopo un'ora, e salendo per le scale la incontrò nuovamente, e se la strinse al petto, la baciò più volte, e la bagnò di lagrime. Si pose a scrivere, mutò varii fogli, e li stracciò poi tutti. Si aggirò pensieroso per l'orto. Un servo passandovi su l'imbrunire, lo vide sdrajato: ripassando, lo trovò ritto presso al rastrello in atto d'uscire, e col capo rivolto attentissimo verso la casa ch'era battuta dalla Luna.

Tornatosi a casa, rimandò il messo rispondendo a sua madre, che domani su l'alba partiva. Fece ordinare i cavalli alla posta più vicina. Innanzi di coricarsi, scrisse la lettera seguente per Teresa, e la consegnò all'ortolano. All'alba partì.

 

 





10 Esodo XX, 5.



11 Malach. III, 3.



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