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La città d'Abdera, quantunque vi abitasse Democrito e s'industriasse di farla, con tutta l'efficacia dell'ironia e del ridicolo, ravvedere, era dissoluta ed abiettissima fra le città della Tracia: ed era da tanti veneficj e assassinj e congiure libelli e pasquinate e tumulti appestata che pochi vi giravano sicuri di giorno, e di notte nessuno.
Or mentre ogni cosa andava alla peggio, avvenne che l'Andromeda d'Euripide47 si rappresentasse in Abdera, e con sommo diletto del popolo; ma più ch'altro que' tocchi che la Natura aveva divinamente suggeriti al poeta nella patetica invocazione di Perseo:
Re de' celesti e de' mortali, Amore — e segg.
que' teneri tocchi vinsero tutti i cuori.
E quasi tutti, il dì dopo, parlavano in jambi schietti; e non parlavano che della patetica invocazione di Perseo:
Re de' celesti e de' mortali, Amore!
Per ogni via d'Abdera, per ogni casa:
E per ogni labbro quasi note di musica naturale modulate inavvedutamente per soave forza di melodia, scorreano queste parole:
O Amore! o re de' numi e de' mortali!
E furono faville d'immensa fiamma; perché la città, come fosse il cuore d'un uomo solo, s'aperse tutta quanta all'Amore.
Né speziale trovava da vendere più ormai dramma di elleboro, né verun armajuolo si attendeva di temprare un solo stromento omicida: l'amicizia e la virtù s'incontravano baciandosi per le vie: il secolo d'oro tornava pendendo su la città d'Abdera: ogni Abderita diè di piglio alla sua zampogna, e tutte le donne Abderite, smettendo i loro trapunti di porpora, sedevano vereconde ad ascoltar la canzone.
Quel Nume (dice il frammento) che regna dal cielo alla terra e negli abissi del mare, poteva solo oprar tanto.