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E questa — diceva egli riponendo i frusti di una crosta di pane nella sua bisaccia; — e questa saria la tua parte se tu vivessi a mangiartela meco. — Dall'espressione mi parve che egli parlasse all'ombra del suo figliuolo: parlava al suo asino; e appunto all'asino morto su per la strada, e che diè la mala ventura a La Fleur. E quel pover'uomo mostrava di rammaricarsene pur assai; e mi tornò subito a mente la lamentazione di Sancio per l'asino suo: ma l'uomo ch'io udiva, doleasi con tratti di natura più schietti.
Il dolente sedeva a un muricciolo dell'uscio, col basto e la briglia del suo asino accanto; e di tanto in tanto li ripigliava, poi li posava; rimiravali, e crollava la testa. Ripigliò la crosta di pane fuori della bisaccia, quasi volesse mangiarne; la tenne alquanto, e poi la posò sul morso della briglia dell'asino: mirò pensieroso all'apparecchio ch'egli avea fatto, e sospirò.
La semplicità del suo cordoglio gli trasse attorno assai gente; fra gli altri La Fleur; ed io, tanto che si allestivano i cavalli, rimasi nella mia sedia, donde poteva vedere e ascoltare sovr'essi.
Disse ch'ei veniva di Spagna, dov'era ito dagli ultimi confini della Franconia; e, trovandosi ancor sì lontano dalla sua terra, l'asino suo gli morì. Mostravasi ognuno bramoso d'udire perché mai un uomo sì vecchio e sì povero si fosse tolto dal proprio tetto ed accinto a tanto cammino.
Piacque al cielo, ei diceva, di benedirlo di tre figliuoli, bellissimi fra tutti i garzoni in Germania; ma in una settimana perdé i due primogeniti di vajuolo; e ne ammalò anche il minore: però, temendo di rimanersi deserto nella sua casa, fe' voto che, se Dio non si toglieva anche questo, egli per gratitudine peregrinerebbe a sant'Jago in Ispagna.
Qui tacque, perché la natura gli ridomandava il tributo; e pianse amaramente.
Poi disse che il cielo aveva accettati i patti, e ch'egli erasi partito dal suo tugurio con quella povera creatura, la quale gli fu pazientissima compagnia nel suo viaggio, e che aveano in tutto il loro cammino mangiato del medesimo pane; e vissero come due amici.
Tutti i circostanti ascoltavano contristati. La Fleur gli esibiva del danaro.
— N'ho un poco e non piango — dicea quel dolente — l'importo; piango la morte dell'asino: l'asino mio, e ne sono sicuro, mi amava.
Su di che raccontò la lunga storia di certo disastro per cui, mentre passavano i Pirenei, s'erano per tre giorni smarriti l'un lontano dal l'altro; che in que' tre giorni l'asino aveva cercato di lui quanto egli aveva cercato dell'asino; e che non aveano quasi mai toccato pane né acqua, finché non si furono riveduti.
— Tu hai, se non altro, una consolazione, o uomo dabbene — io gli dissi — nella perdita della tua povera bestia: perch'io sono certo che tu gli fosti misericordioso padrone.
— Ohimè! — mi rispose quell'addolorato — così anch'io mi credeva finché il mio asino visse; non così ora ch'è morto; e temo che il peso di me, e delle mie afflizioni insieme, non gli sia stato assai grave e avrà logorato la vita a quella povera creatura: e temo che dovrò renderne conto.
«Vergogna a noi!» dissi meco «se tra di noi almeno ci amassimo quanto questo povero vecchio amava il suo asino non saria poco».