Ugo Foscolo
Ajace

ATTO SECONDO

SCENA SETTIMA Calcante, Ajace, Guerrieri

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SCENA SETTIMA

Calcante, Ajace, Guerrieri

AJACE

E a me piú a lungo

Sarà preclusa? Egregi modi in vero

D’un condottier di re! — Olà s’accosti,

Argive guardie, una di voi. — Va; reca

Al tuo Signore che di lui soverchio

Aspettar qui s’è fatto, e che precorri

L’orme d’Ajace.

CALCANTE

Odimi, deh! per poco

Indugia almeno il tuo proposto: almeno

Pria rischiara la notte ove ravvolto

Altri sta, e donde ogni tuo passo esplora.

Dell’alto cor d’Agamennon non temo:

Ma un traditor non mancherà che il Sire

Primo aggirando alla perfidia il tragga.

Forse illusi o atterriti il ferro i tuoi

T’immergeranno: a libertà tu forse

Prime e innocenti vittime, tu stesso

Li svenerai...

AJACE

Tu parli d’imminente

Periglio;... siegui. — Mi contempli e gemi?

CALCANTE

Ahi sciagurati ahi sciagurati Achei! —

AJACE

Dal re venivi... di pietà confuso

Eri... — Pur taci?

CALCANTE

Ajace; al mio silenzio

Abbi rispetto!

AJACE

Orribile un arcano

Io leggo già sul tuo volto smarrito. —

Onta resti a chi teme illustre tomba.

Già i miei fati m’incalzano: se fissa

Han la rovina mia, tu pur che m’eri

E padre e specchio di virtú fra tanta

Comun viltà, tu i fati miei seconda.

CALCANTE

L’ara al trono s’appoggia: empi e innocenti,

Leggi ed altar seppellirà s’ei crolla.

Re giusto io bramo e qual pur sia l’onoro:

Ma non sarò di tirannia ministro.

Io gemerò le dolci aure del cielo

Abbandonando; ma i miei trascorsi

Fede a me fanno che da giusto io vissi,

Morrò da giusto e lo dirà il futuro. —

Se invan t’esorto, avrai il mio pianto. Addio.


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