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Signor, m’ascolta. Noi finor divisi
Fummo: te indusse inopportuno zelo
De’ dritti altrui: me non ingiusto orgoglio.
Non parve a me finch’ebbi avverso Achille
Persuaderti alle mie parti, quasi
Debole io fossi. Il tacer nostro acerbe
Parer fa l’ire; ed oltre al ver le narra
Tal cui giova innasprirle. Ch’io paventi
Di te nè d’altri, nol presumi, io penso;
Ma ch’io t’onori in te medesmo il senti
Che sai quanto il valor pregia il valore.
Nè ti chiedo amistà. Son tale omai,
Che mentre il mondo m’obbedisce e ammira,
Nessun può amarmi; e tu men ch’altri: credi,
Talor non sono io di me stesso amico.
Ma vo’ aperto il tuo sdegno, onde non forse
A te, ben piú che a me, torni funesto.
A te, Signor?... Se alle paterne leggi
Tu sei custode; se pietà del nostro
Sangue teco versato e amor di vera
Fama ti vince; a me funesto o a Troja
Sarò...
Ma intanto abbiam trofei le tombe
Che la discordia empia di greche vite:
Cosí il Pelide avverò i fati, e Troja
Cosí atterrò! — Nè prima ebbe la Parca
Con lui tronche le sette, ecco novello
Terror d’augurii: ecco le armate gregge
Pervertite alla fuga; e la sua spada
In mezzo al campo guiderdone eretta
A chi fia piú ribelle, e a te commessa,
A te...
Se intendi oppormi insidie vili,
Cessiam; nè udirti nè scolparmi io deggio.
Cieco nel tuo valor corri sull’orme
Ov’altri te precipita. Nè i soli
Tuoi settatori: ogni emulo, e il piú torvo...
Se n’hai... tal larva di virtú mostrarti
Può, che per essa ver me reo ti faccia.
Consigli odo o minacce? io del divieto
Minaccia oprando. — Or piena odi ragione:
Nell’arbitrio de’ regi a me quell’armi
Trasferir piacque: altri le merta forse
O lo presume: ivi contendi. Troja
Mai non cadrà, mai per l’acciar d’Achille.
Eternamente odierai dunque Achille! —
Ma tue vendette primo ei non assunse
Giovinetto in Epiro? Avea di genti
Nerbo e tesori, e fama e onnipotenza
Tal di valor che attonita la Grecia
Suo lo sentí dominator futuro.
Pur te in Asia seguiva; e me v’indusse
Me difensor di picciol regno, e speme
E chi tentò scettro serbarti e figlia?...
— Che ogn’uom mi versi quel sangue sul volto! —
... Fremi?... Obbliate cose io mi credea
Rammentarti, obbliate; e da gran tempo.
Ma e chi volea scettro serbarti e figlia
Se non Achille, Palamede ed io?
Di Marte no; della calunnia preda
Fu Palamede. Poscia il cor d’Achille
Caldo d’amore e di gentil fierezza,
D’atra ingiuria piagasti: orrido amaro
Si fe’ quel cor sí liberale in pria!
Pur in te, benchè ingiusto, accolta io vidi
La maestà de’ patrii numi; e Achille
Orator tuo m’udí; da me sostenne
Veraci, forti udir regie parole.
E a chi d’avi e d’amor fratello m’era
Per te infido sembrai. — Sdegnosamente
O fratel mio, forse or mi nomi all’ombre
Di lor che teco divorò la guerra!
Pur me fuggivi.
E tu il volevi. Cupo
Solitario, assoluto, in te ogni dolce
Senso a studio palliasti. A pochi aperto
Fu il padiglion ch’era a principio albergo
D’accoglienze, di gioja e di conviti,
Ove la fede e l’amor patrio e tutte
Virtú guerriere avean premio ed esempio.
E a che miri? ad estinguere la fiamma
Onde le anime greche arde natura?
Serperà obbliqua torbida. Tendea
Piú che al racquisto d’Elena, e tu il sai,
Questa impresa, a sviar l’armi civili
Sovra barbara terra; e tu l’oltraggio
Tuo vendicando e del fratello, addurle
A concordia potevi ed a’ trionfi:
Che brando e mente e altero animo saldo
Ti dier le sorti; e il tuo mortale aspetto
Spira la luminosa ira di Giove.
Ma le tue doti a noi che pro? per esse
Vedo piú sempre conculcata l’alta
Dignità de’ mortali, e dar lor nome
Di greggia... a te venir dunque io dovea
Ammonitor, complice o servo? — Tutte
Poichè tu il brami, eccoti aperte, o sire,
Le cagion del mio sdegno. — Intanto l’armi
Tremende ad Ilio, e care a’ Greci, e illustri
Al Pelide le stimo; e perchè degno
Men credo, ai re le chiederò. Novello
Rito a me sembra che altro duce regga
Il parlamento, e te lontano, forse
Tal avviso si elegga onde t’incresca...
Ma inviolato a me sarà il decreto
Qual ch’ei pur sia de’ regi: ov’altri il rompa,
A vendicarlo io nuoterò nel sangue.
Signor, te aspetta l’assemblea.
Potremo
Oggi.