Ugo Foscolo
Ajace

ATTO TERZO

SCENA TERZA Agamennone, Ulisse

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SCENA TERZA

Agamennone, Ulisse

ULISSE

Sciolto è il consesso, o re de’ re.

AGAMENNONE

L’evento?

ULISSE

Dubbio.

AGAMENNONE

Dubbio!

ULISSE

Sedeano i regi, e surto

Nestore primo dal suo trono indisse

Nullo il suffragio popolar. Le schiere

Silenziose agitavano i brandi

Tutte intente al profeta. Ei le pupille

Or lagrimose, or timide, or ardenti,

Finchè l’ostia fumava agli immortali,

Mai dal ciel non togliea. Fattosi quindi

Imperturbato nel sembiante grida:

«Eroi chiedete ai re l’armi fatali» —

piú fe motto: con la fronte al petto,

Solo e raccolto in , muto sedeva.

AGAMENNONE

Disdirsi a’ numi non s’addice; e sia:

Ma tacciano.

ULISSE

alcun l’armi chiedea.

A Idomeneo possente re la gara

Dubbia o indegna mostrai, Nestore infuse

Orror di risse ne’ suoi figli. Opporre

E gloria e petto e il suo parlar facondo

Potea il gagliardo Diomede a tutti:

Gli membrai che al Pelide emulo aperto

Visse; e bramarne l’armi onta gli fora.

Stenelo e i pari suoi fulmini in guerra,

In assemblea son dubitanti, muti.

Agevolmente io li ritrassi.

AGAMENNONE

Adunque

Tu in consigli converti ogni mio cenno.

A ciascheduno di que’ re t’imposi

Di dir che Ajace m’increscea: bastava.

Se il favoriano, ogni sentenza io solo

Ad annullar non basto? E a che gli obbliqui

Raggiri omai se non a far piú ardito

Chi piú mi teme? All’invidia, all’orgoglio

Di molti, io volli aprire il campo. Achille

Abbiasi eredi, tranne Ajace, tutti.

ULISSE

Che? guidar, disunire i voti,

Comandarli volevi? A te sommessi

Qui ad uno ad uno i regi avrai: ma uniti,

Se un solo a trarli di timor s’appresta

Quel solo udranno. Ed ogni tuo comando

Nuovi sospetti contro te, suffragi

Aggiungeva ad Ajace. E a che ridesti

Le loro forze? debole ti mostra

Sien indolciti; allor gli assali. L’arte

Spregiasti ognora; e dalla forza Achille

Domo non fu: tremenda oggi la sua

Ombra coregi e con Ajace stava;

Non m’atterrí, l’armi sue chiesi.

AGAMENNONE

Quindi,

E mel previdi, rimovevi ogni altro.

ULISSE

S’altri l’audacia, l’eloquenza, e l’arti

Frenar potea del tuo nemico, ascolta:

Già percorreva l’assemblea con gli occhi

Tranquillo in vista e gli esultava l’alma

Che gareggiar con lui nessuno ardisse;

Udimmi, e n’arse: indi com’uom che scorge

Trame e le sprezza, in me ritorse un ghigno...

Mentr’ei favella, piú il popolo accalcasi

Al recinto dei re. Quando una voce

Ripetuta da mille esce dal campo:

«L’armi a colui che il corpo del Pelide

Rapí al trionfo de’ Trojani». — «Meco

Lo serbò Ulisse» gridò Ajace, «meco,

Ed al trionfo di maggior nemico».

AGAMENNONE

E chi ardiva ascoltarlo!

ULISSE

Il nome tuo

Non proferí. — La gloria degli eroi

Esser dicea sprone al valore, e scudo

Alla paterna libertà. Doversi

Quindi l’armi commettere e la fama

Del figliuol della diva a chi macchiarle

Mai non porria torcerle a periglio

Piú della patria che del teucro regno.

Ch’ei condottier di poche genti a’ greci

Ombra dar non potea. — «Dal padre mio,

(Gridò) che già l’antico Ilio distrusse

Il nuovo appresi ad espugnar». — Successe

Alto un silenzio, e alla risposta io mossi.

Ma tutti gli occhi alla Sigea marina

Si conversero. All’oste ancor parea,

Quando il gel della rotta entro le navi

Addensava gli Achei, veder sul vallo

Fra un turbine di dardi Ajace solo

Fumar di sangue; e ove diruto il muro

Dava piú varco a’ teucri, ivi attraverso

Piantarsi; e al tuon de’ brandi onde intronato

Avea l’elmo e lo scudo, i vincitori

Impaurir col grido; e rincalzarli

Fra le dardanie faci arso e splendente,

Scagliar rotta la spada, e trarsi l’elmo

E fulminar immobile col guardo

Ettore che perplesso ivi rattenne

Dell’incendio la furia onde le navi

A noi rapiva ed il ritorno. — O fosse

Che il raccapriccio del passato danno

Tuttor invada i popoli; o che cieca

Gli attizzasse una trama, essi concordi

Nel clamore, ne’ fremiti, ne’ cenni

Quel membravan.

AGAMENNONE

Stupefatto il membri,

Parmi... tu. — A farmi piú tremendo Ajace

Forse?...

ULISSE

Pur oggi a me dicevi, o Sire,

Che tu lo ammiri. E lodator suo primo

M’udir gli Achivi, e mi si fer piú intenti.

Ma infausto dissi ogni valor che sdegna

Leggi; e leggi e vittoria e pace a un tempo

Starsi omai nel tuo soglio. — Al primo grido

Tornò la turba: «Date l’armi al forte

Che le serbò». — «E son pur mie, sclamai,

Mie, dal mio sangue a voi serbate; meco

Ma non già primo difendeale Ajace.

Ei sugli omeri suoi trasse l’estinto

Eroe presso le tende. Ah! ch’io malfermo

Per antiche ferite e allora esangue

Di stral confitto al sen, come potea

Quella gran salma gravissima d’armi

Assumer io?» — Mostrai il mio petto; e inerme

Qual tu mi vedi io stava.

AGAMENNONE

O mal conosco

Ulisse; o tu nell’adunanza a un tempo

Eri e tra il volgo; e ordisti quel clamore

Dell’armi.

ULISSE

... Mio... il negherò fu in parte.

Ma e Teucro overa? in assemblea nol vidi.

AGAMENNONE

Teucro! — Non v’era?

ULISSE

Ei no. Ben il Locrese

Ajace armato di tutte armi e ritto

Stavasi i voti subornando. E ombrati

Già sul poter tuo troppo eran molti,

E aveano eletto in lor pensiero Ajace.

E i suoi guerrier e i Tessali quel nome

Acclamavano. A un tratto il nome mio

Gridar odono i prenci; e i Salamini

Insultar gli Itacensi: e vider l’aste

De’ Mirmidoni balenar sul capo

Alle Argive tue squadre. Muto stava

Calcante: e incerta fu dei re la mente. —

Allor partito necessario estremo...

AGAMENNONE

E qual?

ULISSE

Preaccennato io te l’avea...

Sagace a te, ma poco regio parve...

AGAMENNONE

Che agli stranieri prigionier la lite

Si deferisca? — Arti non mie. Me dunque,

Me primo e solo omai giudice avrete.

Che re? che schiere? che profeti? Atride

Alfin voi tutti acqueterà: e voi primi,

Voi nelle vostre ambizïon discordi,

Voi che movete il volgo, indi il temete;

Ei se ne avvede.

ULISSE

Ajace spegni... e Ulisse

Dunque: incitate abbiam le schiere entrambi.

Sei tu forte? A tuoi nemici in preda

Bensí puoi darmi, e contro me la turba

Ch’io per te mossi irriteranno: Oh! speri

Senza il volgo domarli, e che te solo

Il volgo segua finchè gli altri ammira?

Intempestiva autorità palesi,

O re, se a un tratto la sentenza annulli. —

A’ prigionieri occulto un cenno ingiungi:

Miseri sono, e obbediranno.

AGAMENNONE

...Abbietto

Partito... — e piacque?

ULISSE

A tutti no. Ma quete

Cosí vedean le risse. Indizio n’ebbe

Da me Nestorre; ed egli in ciò non vide

Che amor di pace: ed il partito ei stesso

Commendando propose. Ebbe l’assenso

Dei piú.

AGAMENNONE

E d’Ajace?

ULISSE

Non l’udiva: a lui

Piú tempo innanzi susurrò il Locrese

Non so che detti. Egli balzando in cocchio

Precipitò i destrieri alle sue tende. —

... Tumultuar odi qui presso?...

AJACE

Vili

Prostratevi.

AGAMENNONE

La voce odo d’Ajace?

ULISSE

I tuoi custodi atterra.


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