Ugo Foscolo
Ajace

ATTO QUARTO

SCENA QUINTA Agamennone, Tecmessa, Calcante, Donzelle frigie, Araldi, Ajace preceduto da un Araldo.

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SCENA QUINTA

Agamennone, Tecmessa, Calcante, Donzelle frigie, Araldi, Ajace preceduto da un Araldo.

TECMESSA

O padre

Del figlio mio!... pur ti riveggio.

AJACE

... Oh iniqui!...

Tu qui! — Ben poss’io trartene... ma... loco

Ove salvarti a me non resta. — Atride;

Ti sta intorno l’esercito, parato

A ferir ove accenni. Io co’ miei pochi

E coLocri, e coTessali vi aspetto:

Tranne quella di Troja, ogn’altra via

Precideremo a voi. N’avrai nemici

O federati; eleggi. Ma tua fede

Sola non basta: me la die’ in tuo nome

Euribate; qui a dir venni e ad udire

Sensi di pace: e mentre io fra’ prigioni

Finchè il giudizio fosse dato, l’orme

Non pongo, inerme la dolente mia

Donna lasciando; tu svellerla ardivi

Da’ domestici dei; tu la tua fede,

Appena data rompi.

AGAMENNONE

A voi le trame

Romper intendo; ma da voi fur pria

ben conteste, ch’io veder non posso

Se non che siete traditor voi tutti. —

Un alla tregua rimaneva, e in campo

Non eri tu; ma i tuoi soldati il campo

Con prodigi atterrivano. Bastava

Il frigio sangue a’ Mirmidoni, e un grido

Di feminetta contro noi li volge.

Frattanto i numi parlano piú arditi

Dando la gloria de’ trionfi a un’ombra;

Mentre il volgo sommesso arma te solo

Successore d’Achille; e obbedienza

Audacemente il fratel tuo m’impone.

Tu i re chiami a licenza, e ti professi

Vindice a’ Greci e d’Asia domatore;

Mentre l’ora e le vie di trucidarmi

Insegna Teucro in Troja. Ostaggio io chiedo;

Costei non vedi; ma chi tolse a lei

Il figliuolo lattante, e chi piú arditi

Fe’ gli schiavi? Tu sol. Tu che ribelli

Fai teco i Locri e i Tessali, e mi sfidi;

E quando? Or che prorompono i Trojani

Dalle lor rocche: or che novello sangue

Spargerem noi per la vittoria. — Torna

A’ magnanimi detti onde tu velo

Festi alle insidie; or te conosco: trema.

AJACE

Tremi colui che sogna fraudi; trema

Tu che a’ rimorsi e al terror che in te provi

Indur vorresti ogni alto core.

TECMESSA

Oh Ajace!... —

Tu che pur gemi all’altrui pianto, i miei

Occhi in amare lagrime nuotanti

Non vedi e dispietato ahi! con me

Con me che forse t’amo unica al mondo

Sarai? — Potessi almen perir io sola!

CALCANTE

Dir parole di pace era pensiero

Vostro, e agl’insulti trascorrete? aperte

Le greche tende all’assalto e alla fiamma

Vedrà il trojano, e forse unico scampo

Vi saran l’onde ed un ritorno infame

Dopo tante speranze. Unico scampo!

Che spero? Il vincitor fatto piú ardito

All’atterrito esercito la via

Precluderà dell’Oceano. Indarno

Le spose, i padri, i figli vostri indarno

Nella lusinga de’ trionfi vostri

Cercan ristoro dell’incerta amara

Lontananza protratta: abbandonati

Eternamente, appena l’ossa e l’urna

l’urna forse rivedran di voi!

AJACE

Ascolta dunque, o Agamennon. Tradito

O traditore esser dee Teucro; quindi

Te seguir non poss’io, tu a notturna

Pugna puoi mover con fidanza. Al giorno

Sia diferita. A Pirro ed a Pelèo

L’infauste spoglie sien retaggio omai

E conforto nel lutto. Alla mia tenda

Torni Tecmessa. Al re de’ Locri e a’ miei

Tu manda ostaggio Menelao; che inerme

Teco io starò pegno di Teucro. Il sole

Le trame scopra, e il campo Acheo non veda

Di fraterni cadaveri profano.

AGAMENNONE

Non nel mio padiglione, in campo il sole

Mi mostri estinto, o tal, che mai piú meco

Nessun da re favelli. Odil tu primo:

Poi la vittoria il manifesti agli altri. —

L’Asia i Greci oltraggiò poi che s’accorse

Quanti discordi avidi re tiranni

Si sbranavan la Grecia; e lor fu esempio

La schiatta vostra, Eacidi superbi

Predatori di regni. A voi traeste

Sol con le sette e volgo e fama e cielo;

E spenti ancor, resta alle vostre spoglie

La perfidia e la rissa. Abbia la Grecia

Vendicator de’ numi suoi me solo;

Moderator, dominator me solo.

Vili ed innocue alfin palesi Ulisse

L’armi vostre. Tu prostrati: o a’ Trojani

Numi impotenti, a cui pace giurava

Il padre tuo; a cui l’infame Teucro

Consacra il figlio della schiava, io stesso,

A strugger tutti d’Eaco i nepoti

Lo svenerò.

AJACE

Perch’io mi prostri, devi

Evocar la tua figlia, e ricomporre

Le ossa che a cena orrenda il padre tuo

Teco imbandiva al suo fratel Tieste.

CALCANTE

O forsennati, forsennati! io veggio

L’inespiata ira d’Iddio chiamarvi

A scontar con novelle orride colpe

Le iniquità de’ padri. Entro quell’urne

Voi le mani sacrileghe cacciando

Sangue e fiele mescete all’esecrate

Ceneri. — O Agamennon! gli avi tuoi crudi

E gli Dei che tu provochi, al tuo letto

Vigili stanno; e tu li vedi; e serpe

Negli occhi tuoi fra le lagrime il sonno,

Fin che il terror ti desti. Empio non sei;

Ebbro d’orgoglio sei. Della tua vera

Gloria deh! ascondi il tumulo d’Atreo;

Con le regali tue virtú la terra

Consola; e il cielo alfin placa e te stesso. —

E tu, mio figlio (o a me piú assai che figlio!)

Obbliar vuoi che sei mortale; alzarti

Oltre la inferma, sventurata, cieca

Nostra natura. Splendida si mostra

Virtú; ma i petti umani arde funesta

Quanto è piú schietta; e appena un raggio scende

Tra noi. T’innalza; già tutta rapita

Al ciel l’hai tu; già del tuo lume splende

L’universo... Ma stride dall’Olimpo

La folgore, e l’obblio teco e la lunga

Notte travolve chi agli Dei s’agguaglia. —

Ma che parlo? Feroci i lumi al suolo

Questi crudeli figgono. Tu indarno

Morente quasi dal marito implori

Pietà, e le voci ti soffoca il pianto.

Qui presso è un colle ed un altar... Mi segui.

TECMESSA

A me ti volgi, o Signor mio; deh porgi

A me la destra, che mi trasse un giorno

Di mezzo al sangue, alle rovine, al foco

De’ miei tetti paterni... — Ove mi lasci?...

Chi mi consola?... Ohimè! corri; in periglio

Forse è il mio figlio...

AJACE

Serva d’altri io mai

Vederti meco! — ...

TECMESSA

Il figlio mio...

AJACE

Di tutti

Noi solo, o donna, il figliuol tuo fia salvo.

AGAMENNONE

Guardie, traete a voi la schiava.

AJACE

A voi

Dunque traete il Signor vostro esangue...

CALCANTE

Non profanate gli occhi miei di sangue,

Empi! o ch’io torco in voi l’ire de’ Greci. —

Della vostra regina, o sventurate,

Reggete i passi. — Ecco la sacra benda

Stendo sul capo all’innocente donna. —

Vieni; sull’are di dolor morremo.


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