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Pur ti trovo: t’arresta. Al tuo disprezzo
È pari alfin la mia vendetta. O Ajace,
Mi spregiasti; e piú vil tu mi credevi
Poichè potendo aver tomba da eroe,
Da te sostenni esser io salvo. Ah! vissi;
Infame; e vivo; ma per farti infame. —
Te ammiri tu! Nessuno ammiro io mai,
Tranne chi proprie fa le forze altrui.
Il tuo valore è mio; lo traggo io solo
A insana guerra: i mutui sdegni vostri
O greci re, son miei; mia la delira
De’ tuoi congiunti, è mio; mia di Calcante
La pietà che abborrendo Agamennone
Darti i suoi Dei non osa. Io la fortuna
Sol con le vostre passioni affretto;
Ed oggi amica, oltre ogni speme, apparve. —
Atride regni. Palamedi e Achilli
E nuovi Ajaci io gli apporrò che Ulisse
Rispetteranno. Ilio conquisti; e vinca,
S’ei può, lo spettro di sua figlia e il muto
Terror della vendetta onde la moglie
Già gli circonda il talamo. Vacilla
Quel trono ognor che su le tombe posa.
Ma per lui posso or assalirti. In campo
T’aspetta, o Ajace, il vincitor di Reso.
Dubbia è mia morte e la tua infamia è certa. —
Il cor dentro ti rugge... mi trafiggi