Ugo Foscolo
Ajace

ATTO QUINTO

SCENA PRIMA Calcante, Tecmessa, Donzelle frigie

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ATTO QUINTO

SCENA PRIMA

Calcante, Tecmessa, Donzelle frigie

CALCANTE

Fuggi, misera... Scendi.

TECMESSA

Ahi!

CALCANTE

Dall’orrendo

Spettacolo, voi donne, a piè del colle

Sottraetela.

TECMESSA

Il foco ahi! li divora. —

E ripercosse quelle fiamme io sento

Sovra il mio volto. — O Padre mio!... beato

Re di beati popoli ti vidi:

Chi ti strappò la tua corona? Ajace

Struggea la sede de’ tuoi numi; Ajace

T’incatenò: pianse il crudele; e a’ Greci

Ti strascinò di cenere cosperso

mi fe’ moglie sua, ti difende

Che ad inasprir contro di noi l’iniqua

Insanguinata alma d’Atride... — O Ajace

Tu almen ti salva dall’incendio. Invano

Spegnerlo vuoi; vidi crollar fumando

Il carcere de’ miei; io con questi occhi

Dagli armati carnefici in quel rogo

Vidi scagliar vivo cofigli il padre...

Ohimè! spirano ardendo... ed esecrando

La lor sorella. O padre mio, mio padre

Non maledirmi tu.

Silenzio.

TECMESSA

Ma, e voi... non siete

Misere dunque al par di me? me sola

Piangete forse?... E che?... pianger potete! —

Meco tornate su quell’erta: udremo

Delle vittime i gemiti: il mio padre

Mi chiama... io manco... — o terra, ecco io t’abbraccio;

Coprimi.

Silenzio.

TECMESSA

Ajace, vien; mira la tua

Moglie prostesa ove tu dianzi il forte

Provocavi, o superbo, ed obbliasti

Ch’io periva... Ma posso io non amarti?

Morir poss’io finchè il tuo figlio vive? —

E curvo alla valle, e che piú guarda

L’atterrito profeta?... Odi, Calcante;

Volgiti deh!... al mio ultimo priego

Rispondi. Vedi tu forse nei campi

Illuminati dall’iniquo rogo

Cader Ajace?... Ah! gridagli che seco

Corre a perir la moglie sua.

CALCANTE

Rimane

Languida vampa all’arse tende; e il fumo

Ogni veder mi toglie. Atride, o figlia,

S’arretra; chè appressarsi a noi la pugna

Intendo. Sorge in liete voci all’aura

D’Ajace il nome. — Odi feroce un grido?

«Io col mio brando ferirò Bellona».

Dell’aspro figlio d’Oileo è il grido.

Voi difendete l’are vostre, o numi!...

Ma e questa donna a un tempo udite.

TECMESSA

Ah i numi,

Dacchè infelice io fui piú non m’udiro!

Patria e pace m’han tolto, e padre... tutto

M’han tolto: sposo mi torranno e figlio. —

Torni il sorriso al mio pallido volto,

Il ciel non ama i miseri. Versate

Fior sul mio grembo; a me i profumi e l’arpa

Come quando l’allegro inno suonava

Nella mia reggia. Allor m’udiva il cielo;

Allor ch’io non gemeva!

CALCANTE

O desolata

Giovine! oppressa dal cordoglio immenso

Delira.

TECMESSA

E oh quante vergini guidavano

Meco le danze; e zefiro sciogliea

Le lor trecce odorate; ed i miei passi

E il mio sembiante illuminava il sole,

Quando in Lirnesso i candidi corsieri

E l’aureo cocchio risplendean e l’armi

De’ frigi re!... Su via; date all’argiva

Elena il regio peplo, a lei le rose

E l’amoroso canto, a lei che il mare

Empiea di navi a desolarmi. Intanto

Tra i morti, il sangue, i gemiti e la notte

Andrò errando se mai l’ossa de’ miei

Trovassi; e tutta consecrar sovr’esse

La mia chioma recisa; e sotterrarle

Nelle rovine dell’avita reggia.

CALCANTE

O sanguinosa alba tu sorgi!

TECMESSA

Orrenda

Del sacro vecchio odo la voce!

CALCANTE

L’asta

Del Telamonio, o re de’ re, ti giunge;

Tu vacillando nel tuo cocchio a terra

Cadi; ma sul tuo capo ecco prostesi

Cento scudi d’eroi. Muto stupore

Al tuo cadere i popoli confonde.

Stanno attoniti, immobili. Percote

Ajace invan lo scudo ampio col brando

A rinfiammar i suoi guerrieri. — O Ajace,

Solo tu pugni e contro il ciel. Volava

L’aquila intorno alla tua culla, e Alcide

Entro la pelle d’un leon sanguigna

Ti ravvolgeva infante. Ah non ti tolse

L’esser mortal; ritratti: eterno è il fato;

Le Parche ti circondano. E un Iddio,

Manifesto un Iddio serba la vita

D’Agamennone a piú funeste mani! —

Ecco il carro d’Ulisse; a rivi il sangue

Dal rotto usbergo gli prorompe; a stento

Regge le briglie; ma col guardo pugna

E con la voce moribondo. Rapide

Le sue ruote sorvolano i cadaveri

Di schiera in schiera. A’ Tessali si mesce

E a’ Salamini inerme; e l’odon tutti,

Torcendo ad Ilio furibondi il volto. —

TECMESSA

... Spaventoso silenzio!... E non fremea

Di minacce, di carri, e d’omicidi

La terra intorno?... Appena odo da lunge

Il burrascoso muggito del mare. —

O! vi siete tra voi svenati tutti!

CALCANTE

Rapido il campo su le vie di Troja

S’affretta. — Ajace,... Ajace solo a noi

Torce i destrieri a disperato corso. —

Odi il fragor delle sue ruote... Ei giunge.


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