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Calcante, Tecmessa, Donzelle frigie, Ajace
O signor mio!... tu vivi; unico vivi...
Nella mia nave è il figliuol nostro; al mare
Fuggi; solingo è il campo: avrai fidata
Scorta l’auriga, e celeri i destrieri.
I tristi antichi genitori miei
Conforta, e di’ che tu non hai piú padre,
Nè congiunti... che sei madre del figlio
D’Ajace... ch’io la reggia tua distrussi,
Che t’amai... che gemendo io ti lasciava...
Di’ che la gloria mia... — Ahi non m’intende
E in me tien fitta l’avida pupilla.
... Breve ed incerta ora m’avanza!
Al fato
Il lutto in parte, e solo in parte, il lutto
Che a noi prepara or pagheremo!
... Sorge
Sorge, o Calcante, a’ Greci il dí supremo.
L’incendio e l’alba fer palesi a Troja
La civil pugna. Immensa onda d’armati
Sul vallo acheo dal monte Ida prorompe
E Teucro ei stesso li precorre. Ulisse,
Che di sue colpe ha complici le furie,
De’ saettieri le faretre addita,
E i noti elmi e i cimieri. Io li conobbi
Co’ nemici da lunge e nella mia
Man tremò il ferro e sol vorrei fumante
Trarlo dal sen del perfido fratello.
E ancor, ahi stolto! perfido nol credo,
Nè so scolparlo. Ad una voce il campo
Fellone il grida; e ogn’uom mi accusa e fugge.
Dell’empia strage de’ prigioni inermi
Già s’esalta il tiranno: a lui sue schiere
Nestore manda; e per l’Achea salute
Gemendo afferra Idomeneo la lancia.
Mi sospettano i Tessali, esecrando
Teucro insieme e gli Atridi; e le funeste
Armi d’Achille chiedono a recarle
Al patrio lido, e abbandonar gli Argivi
All’Iliaca vendetta. Unico il sire
De’ Locri, ancor fido mi resta... ah forse
Il mio verace unico amico è oppresso!
Che regi e plebe e numi affronta. — Omai
Che fia non so: tutti siam noi traditi.
E solo tu, forse tu solo...
O morte!
Vieni.
Tu va... deh! spento è il nostro sangue
Se tardi.
E tu?...
Tu starai forse senza me gran tempo.
Felice un dí, misera poscia, spesso
Tu mi parlavi lagrimando, e il tuo
Cuore accusando, che canuta e assisa
Su le tombe de’ suoi, l’abbandonasti
Sordo a’ suoi lunghi prieghi. Era tua madre
Quella regina; e ancor vive e t’aspetta,
E sventurato t’amerà, e con noi
Lagrimerà di men amaro pianto.
A crescer meco disumano il nostro
Figlio da te, deh! non impari. Torna
Meco al tuo regno. Ahi! se tu mai non torni,
Me d’ogni tua sciagura incolperanno
I genitori tuoi; della straniera
Figlio fia detto il figlio tuo... — Qui teco
Ch’io resti almen: nè ricordar m’udrai
Ch’io per te piú non ho padre e fratelli;
Te piangerò, te seguirò sotterra.
... Mi rivedrai,... se il rivedersi a’ giusti
Non è conteso. Ma il piú starti meco
Fia periglioso, or che i mortali e i numi
Voglion punita la mia gloria. E Teucro...
Ei che noi sempre amò felici... ei forse
Perseguirà il mio figlio! Asilo in Troja
Non ti sperar; se mai da’ greci ha scampo
Oppressa fia dalle sue colpe: e i tuoi
Parenti omai nè il ciel potria ridarti.
Abbi rifugio a’ miei: pietosi afflitti
Sono e innocenti, a te simili in tutto.
Me difender poss’io, me solo; e tolto
Forse dagli altri or ti sarei, se indugi. —
Addio... t’amai; t’amo, Tecmessa...
... Or quando
Tremò, com’or, la tua man nelle mie!...
Cedi a’ miei prieghi... lasciami... — Mi prostri
Il cor. Non far che i miei detti infelici
E a’ Dei del mar commetterò il mio figlio:
Tu, padre mio, deh tu alquanto rimani.
Ratta io qui riedo. Al fero duol ch’ei preme,
E m’atterrisce, alcun sollievo forse
Tal v’ha dolor, cui nulla
Dolcezza val che ad inasprirlo.