Ugo Foscolo
Ajace

ATTO QUINTO

SCENA SECONDA Calcante, Tecmessa, Donzelle frigie, Ajace

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SCENA SECONDA

Calcante, Tecmessa, Donzelle frigie, Ajace

TECMESSA

O signor mio!... tu vivi; unico vivi...

AJACE

Nella mia nave è il figliuol nostro; al mare

Fuggi; solingo è il campo: avrai fidata

Scorta l’auriga, e celeri i destrieri.

I tristi antichi genitori miei

Conforta, e di’ che tu non hai piú padre,

congiunti... che sei madre del figlio

D’Ajace... ch’io la reggia tua distrussi,

Che t’amai... che gemendo io ti lasciava...

Di’ che la gloria mia... — Ahi non m’intende

E in me tien fitta l’avida pupilla.

... Breve ed incerta ora m’avanza!

CALCANTE

Al fato

Il lutto in parte, e solo in parte, il lutto

Che a noi prepara or pagheremo!

AJACE

... Sorge

Sorge, o Calcante, a’ Greci il supremo.

L’incendio e l’alba fer palesi a Troja

La civil pugna. Immensa onda d’armati

Sul vallo acheo dal monte Ida prorompe

E Teucro ei stesso li precorre. Ulisse,

Che di sue colpe ha complici le furie,

De’ saettieri le faretre addita,

E i noti elmi e i cimieri. Io li conobbi

Conemici da lunge e nella mia

Man tremò il ferro e sol vorrei fumante

Trarlo dal sen del perfido fratello.

E ancor, ahi stolto! perfido nol credo,

so scolparlo. Ad una voce il campo

Fellone il grida; e ogn’uom mi accusa e fugge.

Dell’empia strage de’ prigioni inermi

Già s’esalta il tiranno: a lui sue schiere

Nestore manda; e per l’Achea salute

Gemendo afferra Idomeneo la lancia.

Mi sospettano i Tessali, esecrando

Teucro insieme e gli Atridi; e le funeste

Armi d’Achille chiedono a recarle

Al patrio lido, e abbandonar gli Argivi

All’Iliaca vendetta. Unico il sire

De’ Locri, ancor fido mi resta... ah forse

Il mio verace unico amico è oppresso!

Che regi e plebe e numi affronta. — Omai

Che fia non so: tutti siam noi traditi.

E solo tu, forse tu solo...

TECMESSA

O morte!

Vieni.

AJACE

Tu va... deh! spento è il nostro sangue

Se tardi.

TECMESSA

E tu?...

AJACE

Io? — vado ove andar deggio:

Tu starai forse senza me gran tempo.

TECMESSA

Gran tempo!...

Silenzio.

TECMESSA

Ajace... tu d’una regina

Felice un , misera poscia, spesso

Tu mi lagrimando, e il tuo

Cuore accusando, che canuta e assisa

Su le tombe de’ suoi, l’abbandonasti

Sordo a’ suoi lunghi prieghi. Era tua madre

Quella regina; e ancor vive e t’aspetta,

E sventurato t’amerà, e con noi

Lagrimerà di men amaro pianto.

A crescer meco disumano il nostro

Figlio da te, deh! non impari. Torna

Meco al tuo regno. Ahi! se tu mai non torni,

Me d’ogni tua sciagura incolperanno

I genitori tuoi; della straniera

Figlio fia detto il figlio tuo... — Qui teco

Ch’io resti almen: ricordar m’udrai

Ch’io per te piú non ho padre e fratelli;

Te piangerò, te seguirò sotterra.

AJACE

... Mi rivedrai,... se il rivedersi a’ giusti

Non è conteso. Ma il piú starti meco

Fia periglioso, or che i mortali e i numi

Voglion punita la mia gloria. E Teucro...

Ei che noi sempre amò felici... ei forse

Perseguirà il mio figlio! Asilo in Troja

Non ti sperar; se mai da’ greci ha scampo

Oppressa fia dalle sue colpe: e i tuoi

Parenti omai il ciel potria ridarti.

Abbi rifugio a’ miei: pietosi afflitti

Sono e innocenti, a te simili in tutto.

Me difender poss’io, me solo; e tolto

Forse dagli altri or ti sarei, se indugi. —

Addio... t’amai; t’amo, Tecmessa...

TECMESSA

... Or quando

Tremò, com’or, la tua man nelle mie!...

AJACE

Cedi a’ miei prieghi... lasciami... — Mi prostri

Il cor. Non far che i miei detti infelici

Sien comandi.

TECMESSA

A queste fide ancelle

E a’ Dei del mar commetterò il mio figlio:

Tu, padre mio, deh tu alquanto rimani.

Ratta io qui riedo. Al fero duol ch’ei preme,

E m’atterrisce, alcun sollievo forse

Fia l’amor mio.

AJACE

Tal v’ha dolor, cui nulla

Dolcezza val che ad inasprirlo.


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