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Anton Francesco Grazzini
La strega

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Scena quinta - Violante, madonna Sabatina, Clemenza, madonna Oretta

 

VIOLANTE. Ringraziato sia Iddio.

SABATINA. Sempre, figliuola mia.

CLEMENZA. Vogliam noi vedere se elle vi fussino per sorte?

ORETTA. Picchiam prima l'uscio a quella donna, poiché noi semo qui.

VIOLANTE. Ora mi par egli esser tutta scarica che noi abbiamo udito messa.

SABATINA. E anche a me.

CLEMENZA. E quale è desso?

ORETTA. Quel qui c'ha il martello, dove tutti gli altri hanno la campanella.

VIOLANTE. Ma che donne son quelle dirimpetto al nostro uscio?

SABATINA. E chi può saperlo?

CLEMENZA. Guardate, queste che sono uscite di chiesa e che vengano in qua: sarebbono mai desse?

ORETTA. Egli vi è una fanciulla appunto ed una vecchia.

SABATINA. Elle guardano molto in verso noi.

VIOLANTE. Ohimè, ch'io son rovinata!

ORETTA. Quella fanciulla mi par la Violante.

CLEMENZA. E io dico ch'ella è dessa.

VIOLANTE. O monna Sabatina, aiutatemi per l'amor di Dio; ohimè! dite d'esser mia madre.

CLEMENZA. Andiamo a farle motto.

SABATINA. Perché, perché?

ORETTA. Andiamo, ch'io mi struggo d'abbracciarla.

VIOLANTE. Per bene, per bene.

SABATINA. Lascia pur fare a me.

ORETTA. Lodato sia Iddio che io ti veggo pure, figliuola mia dolce.

VIOLANTE. A chi dite voi, buona donna?

ORETTA. A te; non mi riconosci tu?

VIOLANTE. Avvertite a non pigliar errore.

CLEMENZA. O Violante, guardala bene: ella è tua madre, ed io sono la Clemenza.

SABATINA. La Clemenza puoi tu bene essere, ma non già ella sua madre.

ORETTA. Anzi, sono veramente dessa.

SABATINA. Se le fanciulle potessero avere due madri, come due mariti, io direi forse sete voi la seconda.

ORETTA. Come la seconda?

SABATINA. Perché la prima son io.

ORETTA. Ed è tua figliuola questa?

SABATINA. Al vostro piacere.

ORETTA. O dove la ingenerasti?

SABATINA. In Firenze.

ORETTA. Tanto avestu fiato o vita!

SABATINA. E tu anima o corpo, quando altri ti avessi assai sofferto.

ORETTA. Né tu né tutto il mondo potrebbe fare che tu fussi quel che son io.

SABATINA. Né tu né tutto il cielo farebbe che io non fussi quel ch'io sono.

ORETTA. Una ribalda e una sciagurata femmina dèi essere.

SABATINA. Più dabbene e miglior di te in tutti e' conti sono.

CLEMENZA. Ahi, Violante, non patire che questa rea femmina dica villania a tua madre.

VIOLANTE. Egli m'incresce molto di voi, che mi parete donne dabbene, che voi m'abbiate tolto in cambio.

ORETTA. Tu sei pure la Violante.

VIOLANTE. La Violante sono, ma non già quella che voi andate cercando.

SABATINA. Egli è più d'un asino in mercato.

CLEMENZA. Non riconosci monna Oretta tua madre?

SABATINA. Pure, dàlle! sua madre son io, con chi ho io a dire? io non sono però scilinguata.

ORETTA. O Signore! è possibil però questo? e fannosi queste cose ai forestieri?

SABATINA. E diconsi queste parole ai cittadini?

CLEMENZA. Cittadina tu? di quelle di montagna.

SABATINA. Io sono stata per dirtelo... andatene oggimai pe' fatti vostri, che ci avete fracido.

CLEMENZA. Ahi vecchiaccia maladetta! ve' viso invetriato, se ella non ha aria di strega...

SABATINA. Doh, berghinelluzza! con chi ti pare egli avere a favellare?

VIOLANTE. Mia madre, andianne in casa: lasciatele cicalare costì nella strada quanto elle vogliono.

SABATINA. Tu di' la verità: entriamo dentro, che elle debbono esser fuor del cervello.

ORETTA. Ohimè! Clemenza mia, dove son io arrivata?

CLEMENZA. Male, male, male, pare a me.

ORETTA. Questo non mi sarebbe mai stato capace.

CLEMENZA. Mi meraviglio della Violante; ma che! ella ha col vestire insieme preso il parlare e i costumi fiorentini.

ORETTA. Questa è gran cosa! Iddio ci aiuti.

CLEMENZA. Sì, che noi n'abbiamo necessità, nonché bisogno.

ORETTA. Questo Firenze è bello e fello; e come diceva il mio marito, è un paradiso abitato dai diavoli.

CLEMENZA. E da diavolesse e da versiere.

ORETTA. Questo non are' io mai potuto credere, che si potessero trovare al mondo donne tanto prosuntuose, perfide e sfacciate. Ma che farò? dove andrò? a chi ricorrerò che mi faccia ragione?

 

 




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