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Anton Francesco Grazzini La strega IntraText CT - Lettura del testo |
LUC'ANTONIO. So che ella arà un marito che la contenterà.
BONIFAZIO. Anzi, tutti di casa la leccheranno dal capo ai piedi.
LUC'ANTONIO. Ma questo che vien di qua, sarebbe mai desso?
FABRIZIO. O Bonifazio! ecco appunto Luc'Antonio: andiamo a fargli motto.
LUC'ANTONIO. Egli è per certo.
FABRIZIO. Luc'Antonio, il parentado è conchiuso: toccate qui la mano a Bonifazio zio di Taddeo.
LUC'ANTONIO. Buon pro ci faccia.
BONIFAZIO. E ben ci venga.
FABRIZIO. Stasera semo rimasti che Taddeo venga a veder la sposa in casa vostra, e diali l'anello senza replicar altro in quanto alla dote.
BONIFAZIO. Che dote o non dote? a noi basta la fanciulla.
FABRIZIO. Oggimai ella è vostra.
BONIFAZIO. Buon pro ci faccia di nuovo, e a voi doppiamente dell'aver riavuto il vostro figliuolo sano e salvo, secondo che ci ha detto qui Fabrizio or ora in casa.
LUC'ANTONIO. Vero, che Dio ne sia laudato e ringraziato sempre.
FABRIZIO. Non tante cerimonie: stasera ristorerete alle nozze.
LUC'ANTONIO. Fabrizio, io ho caro d'averti trovato, sì per questa cagione, sì per ch'io ho bisogno grandissimo di favellarti.
BONIFAZIO. Io me ne andrò a fare una faccenda intanto, e stasera, se non prima, mi lascerò rivedere a casa vostra.
LUC'ANTONIO. Messer sì, non mancate per nulla.
BONIFAZIO. No, Dio non dubitate.
LUC'ANTONIO. Fabrizio, per dirtela in due parole, egli è in Firenze una donna genovese, nobile e ricca, venuta per trovare una sua figliuola, che poche settimane sono se le fuggì di casa, e stamattina per sorte ella la vide con monna Sabatina, le quali gli fecero una grandissima villania: la giovane a dir che non la conoscesse, e la vecchia a farsi madre della fanciulla; e perché io ho qualche obbligo colla gentildonna, io voglio a ogni modo ch'ella riabbia la figliuola; e se non ch'io l'ho tenuta, ella sarebbe a quest'ora agli Otto. Io ho voluto favellarti innanzi, acciocché, sendo amico di monna Sabatina, tu vegghi di fargliene riavere per amore.
FABRIZIO. Sta bene; ma che obbligo avete voi con questa gentildonna?
LUC'ANTONIO. Tornandomene di Costantinopoli in queste parti sopra una nave ch'era del marito, ed in Genova dopo capitando, stetti più di due mesi in casa sua alloggiato, tanto ch'io guari' d'una grandissima infirmità, e mi fu fatto quello che io non ti potrei mai dire, e particularmente da lei.
FABRIZIO. Certamente che voi avete d'averle obbligo grandissimo.
LUC'ANTONIO. Così fusse la fanciulla buona e cara!
FABRIZIO. Che vuol dir buona e cara?
LUC'ANTONIO. Cioè, che ella non avesse perduto l'onore, che io la darei per moglie a Orazio, e buon per lui e per me.
FABRIZIO. Caso è, se questa donna se ne contentasse.
LUC'ANTONIO. Pur dianzi ne ragionammo insieme, e ne leverebbe le mani al cielo: e mio figliuolo, colla dote che egli arebbe, e con quello che io gli lascerò, sarebbe uno de' più ricchi giovani del suo quartiere.
LUC'ANTONIO. Come daddovero? dal miglior senno ch'io ho.
FABRIZIO. E questa donna dove si trova ora?
LUC'ANTONIO. È colà in chiesa che m'aspetta per andare agli Otto, ed holla alloggiata in casa mia.
FABRIZIO. Oh, Luc'Antonio, andiamo a trovarla, che io vo' far voi il più contento uomo di Firenze, e lei la più felice donna del mondo.
LUC'ANTONIO. Andiamo, poiché te ne imprometti tanto bene.
FABRIZIO. E atterrovecelo e farovvi meravigliare.
LUC'ANTONIO. Al nome di Dio, passiam dentro.
FABRIZIO. Entrate voi prima, come è dovere.
LUC'ANTONIO. Orsù, contentianti.