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Anton Francesco Grazzini
La strega

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Scena ottava - Taddeo, Farfanicchio

 

TADDEO. Tu vedi, Farfanicchio: la fortuna m'ha, di soldato, convertito in cittadino.

FARFANICCHIO. Se voi sete così buon cittadino, come voi sete stato soldato, rallegrisi la patria nostra.

TADDEO. Chi ne dubita?

FARFANICCHIO. Ma mi par bene che voi abbiate fatto un cattivo baratto.

TADDEO. Sì di' tu, che non sai più là che tanto.

FARFANICCHIO. Io non so altro, ma so bene che non vi si può dir più Signor sì e Signor no; perché il dar di signore a uno cittadinuzzo di fava, sarebbe cosa troppo gretta e meschina.

TADDEO. Credi a me, che tu non te ne intendi: egli è vero che per ancora il Signore non mi si conviene.

FARFANICCHIO. Né converrà mai.

TADDEO. Ma aspetta, che io vo' squittinarmi, entrar nelle borse, esser de' magistrati, andar podestà...

FARFANICCHIO. De' granchi.

TADDEO. Vicario...

FARFANICCHIO. De' topi.

TADDEO. Capitano...

FARFANICCHIO. Delle cimice.

TADDEO. E commessario...

FARFANICCHIO. Delle piattole.

TADDEO. Che sentenze risolute!

FARFANICCHIO. Dissolute, volle egli dire.

TADDEO. Che giudizi pettorali!

FARFANICCHIO. Io ne disgrazio l'acqua delle giuggiole.

TADDEO. E non ci andrà molto tempo che io sarò mandato ambasciadore al Re...

FARFANICCHIO. Di Biliemme.

TADDEO. E allo Imperadore...

FARFANICCHIO. Del Prato.

TADDEO. E allora il Signore, Farfanicchio, come mi starà?

FARFANICCHIO. Dipinto.

TADDEO. Tu hai sdegno che tu non mi potrai riporre la lancia all'agiamento; ma io ti vo' vestire domani tutto di nuovo.

FARFANICCHIO. In parole.

TADDEO. Io dico in fatti; e voglio che tu sii cameriero mio e della Geva, che tu dia bere a me e a lei: il resto del tempo non vo' che tu attenda ad altro che a imbottar nebbia.

FARFANICCHIO. Caso è se io saperrò: come è ella spiacevol cosa?

TADDEO. Durasi manco fatica che a starsi.

FARFANICCHIO. Oh, cotesta, cotesta è l'arte e l'esercizio mio.

TADDEO. Mi par mill'anni di toccar la mano, d'abbracciar e di basciar la Geva.

FARFANICCHIO. Credovelo; ma stasera non volete voi fare una danza?

TADDEO. S'intende: e per segno di ciò lo ho portato meco il mio stormento.

FARFANICCHIO. Ohimè! padrone, dunque volete andare col cembolo in colombaia?

TADDEO. Come in colombaia? siam noi pazzi? io voglio in sala o in camera fare gli atti miei, e sonarlo sopra l'arpe o in compagnia, se vi saranno, del piffero e delle nacchere, e mostrare loro che io sono vertuoso.

FARFANICCHIO. E se non vi fussero altri suoni?

TADDEO. Sonerò il cembolo a solo a solo.

FARFANICCHIO. Sì, ma non potrete sonare a un tratto e ballare.

TADDEO. Se io non potrò sonare e ballare, io sonerò e canterò.

FARFANICCHIO. Oh, puossi cantare in su 'l cembolo senza altri suoni?

TADDEO. Oh, buono! i più bei versetti del mondo!

FARFANICCHIO. Io nollo posso credere.

TADDEO. Tu lo sentirai ora, ascolta un poco:

 

La Geva mia adesso è bianca e bruna,

bruna la veste, ma bianca la carne;

l'è più brillante che non è la luna,

e più frullante che non son le starne.

Bisogna esser amico di fortuna,

di Cupido e d'Amor chi vuol beccarne,

come son io amante e semideo:

viva la Geva e 'l suo sposo Taddeo.

 

Che dì tu ora, Farfanicchio? pàrti ch'io sia, o ch'io non sia, o ch'io ci stia a pigione, o a sportello? che di', che di'? tu non rispondi?

FARFANICCHIO. Che volete voi ch'io dica o ch'io risponda altro, se non che voi sete cima delle cime in tutte le cose?

TADDEO. Orsù, poiché ragionando ragionando noi semo giunti all'uscio, picchia: costì sta madonna.

FARFANICCHIO. Oh, egli è aperto.

TADDEO. Arannomi veduto di lontano, me che sono lo sposo, e tirato la corda: passiamo dentro a onor del padre Venere e della madre d'Amore.

FARFANICCHIO. Buono! padrone: or così fate pure il letterato e 'l savio.

TADDEO. E però non rispondere se io non ti domando, e non favellar se io non t'accenno o con gli occhi, o con le mani, o coi piedi.

FARFANICCHIO. Lasciate pur fare a me.

TADDEO. Ma a chi fo io primo motto? o a Orazio risuscitato e ritrovato, o alla Geva mia che ha a esser sempre mia, mia?

FARFANICCHIO. A chi voi riscontrate prima.

TADDEO. Tu di' il vero; a chi Dio la dà, San Pietro la benedica. Serra.

FARFANICCHIO. Ecco: guarda sposo da dirgli voi!

 

 




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