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Antonio Labriola
In memoria del manifesto dei comunisti

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Non come voce di una scuola, ma come promessa, minaccia e volontà di un partito, veniva alla luce la nuova dottrina dei comunisti critici. I suoi autori e seguaci non viveano di fantasia del futuro, ma con animo tutto intento alla esperienza e alle necessità del presente. Viveano della coscienza dei proletarii, cui l'istinto, non sorretto ancora dalla esperienza, spingeva a rovesciare a Parigi e in Inghilterra il dominio della borghesia, con rapidità di mosse non dirette da una tattica studiata. Quei comunisti diffusero in Germania le idee rivoluzionarie, furono i difensori delle vittime di Giugno, ed ebbero nella «Neue Rheinische Zeitung» un organo politico, che ora, alla distanza di tanti anni, per fino nei brani che qua e ne vengon riprodotti, fa scuola2. Cessate le contingenze storiche, che nel 1848 spinsero i proletarii sul davanti della scena politica, la dottrina del Manifesto non trovò più, né base, né terreno di diffusione. Ha aspettato degli anni a diffondersi; perché sono occorsi degli anni avanti che il proletariato potesse riapparire, per altre vie e con altri modi, su la scena come forza politica, e fare di quella dottrina il suo organo intellettuale, e trovare in essa i mezzi di orientazione.

 




2 Devo al Partei-Archiv di Berlino d'aver avuto per dei mesi a mia disposizione un esemplare completo dell'irreperibile giornale.






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