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Antonio Labriola
In memoria del manifesto dei comunisti

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Con tutte coteste tendenze la ruppero recisamente i comunisti critici. Essi furono i successori e continuatori della Economia classica1. Questa è la dottrina della struttura della presente società. Ora non è dato a nessuno di combattere cotesta struttura praticamente, e rivoluzionariamente, senza rendersi innanzi tutto conto esatto degli elementi, e forme e rapporti suoi, approfondendo appunto la dottrina che la illustra. Queste forme, e elementi, e rapporti si generarono, sì, in date condizioni storiche; ma ora sono, e sono resistenti, e connessi, e correlativi fra loro, e perciò costituiscono sistema e necessità. Come passar sopra a tale sistema con un atto di negazione logica, e come eliminarlo coi ragionamenti? Eliminare il pauperismo? Ma se è condizione necessaria del capitalismo! - Dare all'operaio l'intero frutto del suo lavoro? Ma dove se ne andrebbe il profitto del capitale? - E dove e come il danaro speso in merci potrebbe crescere di un tanto, se fra tutte le merci che incontra, e con le quali si scambia, non ce ne fosse appunto una, che produce a chi la compra più di quel che gli costi; e se questa merce non fosse appunto la forza-lavoro presa a salario? Il sistema economico non è una fila o una sequela di astratti ragionamenti; ma è anzi un connesso ed un complesso di fatti, in cui si genera una complicata tessitura di rapporti. Pretendere che questo sistema di fatti, che la classe dominatrice si è venuto costituendo a gran fatica, attraverso i secoli, con la violenza, con l'astuzia, con l'ingegno, con la scienza, ceda le armi, ripieghi, o si attenui, per far posto ai reclami dei poveri, o ai ragionamenti dei loro avvocati, gli è cosa folle. Come chiedere l'abolizione della miseria, senza rovesciare tutto il resto? Chiedere a questa società, che essa muti anzi rovesci il suo diritto, che è la sua difesa, gli è chiederle l'assurdo. Chiedere a questo stato, che esso cessi dall'essere lo scudo e anzi il baluardo di questa società e di questo diritto, è volere l'illogico2. Cotesto socialismo unilaterale, che, senza essere strettamente utopistico, parte dal preconcetto che la storia ammetta la errata-corrige senza rivoluzione, ossia senza fondamentale mutazione nella struttura elementare e generale della società stessa, o è una ingenuità, o è un imbarazzo. La sua incoerenza con le rigide leggi del processo delle cose si faceva chiara appunto in Proudhon; che, o riproduttore inconsapevole, o diretto ricopiatore di alcuni dei socialisti unilaterali inglesi, voleva intendere, fermare o mutare la storia su la punta di una definizione, o con l'arma di un sillogismo.

 




1 Perciò i critici alla Wieser e simili propongono di abbandonare la teoria del valore di Ricardo, perché quella mena al socialismo.



2 Nasceva allora, specie in Prussia, la illusione di un monarcato sociale, che passando sopra all'epoca liberale, armonicamente risolvesse la così detta questione sociale. Questa fisima si riprodusse poi in seguito in infinite varietà di socialismo cattedratico, e di stato. Alle varie forme di utopismo ideologico e religioso se n'è aggiunta così una nuova: l'utopia burocratica e fiscale; ossia l'utopia dei cretini.






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