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Antonio Labriola
In memoria del manifesto dei comunisti

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A quanti furono comunisti ideologici, religiosi ed utopistici, o a dirittura profetici od apocalittici, parve sempre in passato, che il regno della giustizia, della eguaglianza e della felicità dovesse avere per teatro il mondo intero. Per ora la conquista del mondo la fa l'epoca dei civilizzati; cioè la società, che si regge su le antitesi delle classi, e su la dominazione di classe, nella forma della produzione borghese (il Giappone insegni!). La coesistenza delle due nazioni in uno e medesimo stato, che fu già precisata dal divino Platone, si perpetua. L'acquisizione della Terra al comunismo non è cosa del domani. Ma più larghi si fanno i confini del mondo borghese, più popoli vi entrano, abbandonando e sorpassando le forme inferiori di produzione, ed ecco che più precise e sicure divengono le aspettazioni del comunismo: soprattutto perché decrescono, nel campo e nella gara della concorrenza, i deviatori della conquista e della colonizzazione. La Internazionale dei proletarii, che era appena embrionale nella Lega dei comunisti di cinquanta anni fa, diventata oramai interoceanica, dice ed afferma intuitivamente ogni primo di Maggio, che i proletari di tutto il mondo sono realmente e operosamente uniti. I prossimi o futuri sotterratori della borghesia, e i loro nipoti e pronipoti, ricorderanno in perpetuo la data del Manifesto dei comunisti.

 

 

Roma, 7 aprile 1895

 

 

 




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