Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Giuseppe Mannarino La ragion d'essere della filosofia IntraText CT - Lettura del testo |
A molti sembrerà strano che in un lavoro che è o, almeno, pretende essere di filosofia si dia adito non solo, ma perfino si dedichi un apposito capitolo ad un argomento che n'è tanto lontano; pure per noi questa stranezza e questa lontananza non esistono se non come poste, anzi presupposte da quelle medesime correnti empiriche già lamentate e che in questo, come in altri campi dell'attività umana, hanno sempre predominato e continuano, malgrado tutto, a predominare.
Una di queste correnti infatti, ritenendo che ogni esercizio di carattere fisico non sia che una distrazione da quella che deve essere la severità e la serietà degli studi, propende, nelle sue conclusioni estreme, pel completo sacrifizio della Ginnastica allo studio o tutt'al più, nelle sue forme moderate, al relegamento di essa nelle ore di ozio, considerandola come una specie di riposo e privandola di molte manifestazioni concrete in cui essa si realizza; viceversa un'altra corrente, ritenendo che la forza umana debba intendersi essenzialmente come forza fisica per cui l'unica salute è quella del corpo che lo studio può deprimere, ma non rafforzare, perviene naturalmente alla conclusione opposta e propugna l'estensione obbligatoria a tutti della Ginnastica ed in tutte le sue manifestazioni concrete, e la limitazione dello studio al minimo delle nozioni indispensabili alla vita contingente, mentre quelli che sono gli alti problemi che l'attività del pensiero si pone resterebbero di competenza di pochi eletti ossia di pochi illusi che da se stessi si pongono al bando della Vita.
Intanto però queste due correnti, pur essendo in apparenza opposte, sono - come quelle che abbiamo incontrato nel precedente capitolo a proposito dell'Economia - sostanzialmente identiche in quanto hanno comune il punto di partenza consistente nella scindibilità dell'unica attività umana in varie attività distinte ed autonome, comune il metodo della classificazione, comune la conclusione per cui fra Studio e Ginnastica vi sarebbe un'antitesi che non può risolversi se non con la soppressione di uno dei due termini dell'antitesi stessa, o tutt'al più con la subordinazione di un termine all'altro; diremo meglio: queste due correnti non sono sostanzialmente identiche come quelle che si contendono il campo dell'Economia, ma sono tra loro sostanzialmente identiche perché sono quelle stesse che a proposito dell'Economia abbiamo esaminate e potremmo a quelle ricondurle solo che noi identificassimo lo Studio con le attività superiori e la Ginnastica con quelle inferiori o lo Studio con lo attività accessorie e la Ginnastica con quelle necessarie.
Ora, premesso tutto ciò, è facile dimostrare l'empiricità e l'insostenibilità di queste correnti, richiamandoci a ciò che nel precedente capitolo abbiamo detto: se è stato provato che è impossibile considerare come autonome e distinte le attività umane in quanto esse non sono che le forme in cui esteriormente si manifesta l'unica umana attività che è attività del pensiero, è ovvio che, come non si è potuto distinguere, se non empiricamente, fra attività superiori ed inferiori, fra attività necessarie ed accessorie, non si può neanche se non empiricamente, distinguere fra attività puramente fisica ed attività puramente intellettuale. E non si può distinguere perché, ripetiamo, distinguere è, prima di tutto, delimitare il campo e definire i distinti e, per quel che sappiamo, mai fu delimitato il campo dell'attività fisica e dell'attività intellettuale perché nessuno mai é venuto, né verrà a dirci dove l'una finisca e dove l'altra cominci, né mai dell'una o dell'altra attività è stata data una definizione che non si risolva in una proposizione tautologica, colla ripetizione nel predicato dei termini già impliciti o espliciti nel soggetto.
Ma se non si può delimitare razionalmente, cioè con criteri rigorosamente logici, il campo dell'attività fisica e dell'attività intellettuale in modo da tracciarne definitivamente e con la massima precisione quelli che si chiamano confini - dev'esserci una causa di questa impossibilità, una causa cui noi dobbiamo risalire per poterci spiegare l'effetto.
Se, poniamo l'ipotesi, dobbiamo intendere per attività fisica l'attività del nostro corpo, che si esplica nei suoi movimenti, e questa attività deve essere intesa indipendentemente dall'attività unica determinatrice e coordinatrice del pensiero, noi dovremo logicamente concludere che l'attività puramente fisica si riduce ai movimenti inconsci del nostro corpo, cioè ai movimenti caotici e disordinati di esso: ora un tal genere di attività (se attività può chiamarsi) è indubbiamente qualche cosa di estraneo allo Studio, ma non è nemmeno la Ginnastica, sia perché questa, per esser tale, deve concretizzarsi storicamente in determinate manifestazioni (moto, ciclismo, scherma, nuoto ecc.), sia perché essa, nell'atto del concretizzarsi, deve dare a queste manifestazioni una logicità rigorosa basata sulla utilità e sulla necessità di determinati movimenti che perciò non possono essere movimenti inconsci del corpo. Non può dunque esservi Ginnastica in quanto forma tisica dell'unica attività umana quando manchino le altre forme della medesima attività e l'attività stessa come coordinatrice dei mezzi adoperati per superare gli ostacoli e per affrontare, superandoli, i pericoli.
Viceversa non si può concepire un'attività puramente intellettuale, che prescinda cioè da questa forma fisica dell'attività del pensiero, in quanto l'attività intellettuale é intimamente connessa con la nostra sensibilità e non potrebbe assolutamente esplicarsi se noi non fossimo dotati di occhi per vedere, di orecchie per sentire, di mani per toccare, di naso per odorare e di palato per gustare: vero è che è l'attività intellettuale che educa questi organi sensori ad esercitare razionalmente la propria funzione, ma è anche vero che questa educazione non potrebbe aver luogo se gli organi stessi non esistessero.
Non v'ha dubbio dunque che, anche in questo campo, non possa parlarsi di attività distinte ed autonome, ma solamente di forme diverse di un'unica attività umana che è l'attività del pensiero.
Ma risolvere l'antitesi tra Studio (che é attività del pensiero e quindi Filosofia) e Ginnastica in una superiore sintesi che é la stessa attività del pensiero in quanto determinatrice, collegatrice e coordinatrice delle sue forme, è la stessa cosa che ricondurre il problema della Ginnastica a quello della Storia.
Ciò non è veramente una novità se Platone sentì il bisogno di inquadrare nelle molteplici funzioni ed attribuzioni del suo Stato ideale l'insegnamento della Ginnastica cui diede una importanza speciale, e se noi dobbiamo considerare lo Stato come coscienza storica che si realizza concretamente; e, se è indubbiamente vero che Piatone presenta le diverse forme di attività come distinte ed autonome al punto di attribuire il monopolio di un'attività ad una classe e quello di un'altra attività ad un'altra, ciò non può in alcun modo infirmare la storicità della Ginnastica sia perché Platone superò originalmente l'antitesi nella sintesi della sua Repubblica, sia perché la distinzione delle classi fatta da lui rappresenta il prodotto storico dell'attività umana in quei tempi, cioè la concretizzazione di questa attività nella Storia, ed é evidente che Platone, in quanto uomo ed in quanto pensatore, doveva vivere nella Storia e non poteva prescindere dalle sue concrete realizzazioni,
Ora la storicità della Ginnastica in quanto forma fisica dell'attività umana è proprio nel continuo superamento che l'attività del pensiero fa delle sue manifestazioni concrete, cioè storiche che, attraverso il volgere dei secoli, noi vediamo sorgere e declinare, trionfare e sparire, soprattutto trasformarsi continuamente al punto da rendere assai arduo lo studio del loro processo genetico; superamento che l'attività umana fa continuamente in questo, come in tutti gli altri campi, appunto per concretizzarsi nella Storia. E di fronte al variare delle manifestazioni, la Ginnastica permane in quanto forma fisica dell'attività umana - come abbiamo visto - cioè come pensiero, alle cui leggi non può neppure essa sottrarsi, come umanità perché è sempre l'uomo che la realizza nelle sue molteplici manifestazioni, come storia in quanto questa realizzazione è qualche cosa dl continuo, in una parola come «filosofia».1
Possiamo pertanto concludere come cominciammo coll'affermare che l'opposizione, presupposta dalle suddette correnti empiriche, fra Studio e Ginnastica, non regge sul terreno della razionalità, in quanto muove per necessità da una interpretazione falsa dello Studio considerandolo come obbiettività presupposta all'atto della ricerca da parte dell'attività del pensiero, anziché come la stessa attività del pensiero, e da una falsa interpretazione della Ginnastica che viene considerata come prodotto di una pretesa attività autonoma anziché come forma fisica dell'unica attività umana.