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Giuseppe Mannarino La ragion d'essere della filosofia IntraText CT - Lettura del testo |
Il risolvere tutte le forme derivate nella loro attività originaria, e cioè tutte le discipline empiricamente considerate nella Filosofia, è lo stesso che porre la Filosofia medesima come unità del Sapere. Infatti, allorquando si è provato che quest'attività originaria costituisce il presupposto essenziale per l'organizzazione di ogni singola disciplina, ci pare che sia del pari dimostrato che la Filosofia, se non è considerata come prodotto e quindi come sistema, ma come attività del pensiero e quindi come creatrice delle sue forme che concretizza storicamente, debba costituire l'essenziale fondamento unitario di tutte le disciplina comunque considerate.
Il problema non è affatto nuovo: fin dal suo sorgere e dal suo denominarsi, la Filosofia, volendo essere amore del Sapere e quindi drammatica aspirazione al possesso dell'oggetto amato, veniva ad identificarsi col Sapere stesso - sicché le più disparate cognizioni scientifiche, artistiche, politiche e religiose venivano considerate come facenti parte integrante della Filosofia. Cosi, mentre Talete, Anassimandro ed Anassimene danno una base mitica alla ricerca dell'arché, d'altro canto é ad essi che si deve un primo tentativo di organizzazione scientifica delle nozioni con l'indagine naturalistica; così nelle espressioni artistiche del poeta Senofane di Colofone troviamo una critica del movimento, empiricamente considerato, in cui son le lontane origini del Calcolo Infinitesimale; così Pitagora è conosciuto come fondatore di una setta religiosa e politica ed in pari tempo a lui si attribuisce la famosa tavola della moltiplicazione ed il teorema del rapporto fra i cateti e l'ipotenusa nel triangolo rettangolo - e via fino a Platone, ad Aristotele.
Nella Filosofia Greca però l'impostazione del problema è prettamente statica e statica è quindi questa unità, e non poteva esser diversamente per il carattere intellettualista del pensiero ellenico che, prescindendo dall'attività originaria del pensiero, poneva un oggetto del Sapere come distinto ed opposto al Sapere stesso di guisa che l'unità del Sapere era da intendersi piuttosto come unità degli oggetti del Sapere, cioè come unità delle cognizioni scientifiche. Data una simile interpretazione, è naturale che la Filosofia venisse concepita piuttosto come una «Enciclopedia delle diverse cognizioni» anziché come «l'attività originaria umana che quelle cognizioni medesime crea e concretizza storicamente, sistemandole», come sistemazione già avvenuta anziché come atto del sistemare.
Né diversa impostazione ha saputo date la Filosofia Medioevale che non è riuscita a liberarsi dalla influenza dell'aristotelismo come «pensato».
Perciò, se non è nuovo il problema, del tutto nuova è l'impostazione che ne fa il pensiero contemporaneo il quale si è trovato dinanzi a due gravi difficoltà che la impostazione precedente aveva determinato: a) la considerazione, di indole empirica, che ormai lo sviluppo straordinario, che l'attività del pensiero ha raggiunto in tutte le sue forme derivate, impone una specializzazione empirica dell'attività umana nelle forme stesse per cui non è più possibile oggi pervenire alla unificazione del Sapere, fatta consistere nella somma di tutte le sue cognizioni comunque ordinate; b) la considerazione di carattere razionale che la Filosofia come Enciclopedia di cognizioni verrebbe a porsi come diversa ed opposta alla Filosofia come attività originaria del pensiero, per cui quest'attività medesima verrebbe ad essere nello stesso tempo originaria delle sue forme ed autonoma e distinta da queste forme stesse.
Il pensiero contemporaneo supera pertanto la contraddittorietà della impostazione statica del problema e la respinge concludendo che l'unità del Sapere non possa raggiungersi nell'unificazione delle cognizioni, cioè nel pensato, in quanto o esse vengono presupposte all'attività originaria del pensiero e quindi vengono considerate come prodotto di attività distinte ed autonome ed allora l'unificazione di ciò che è distinto ed autonomo non è possibile; oppure esse vengono date come unificabili ed allora, per quel che dicemmo in precedenza non essendovi altro criterio in base a cui si possa unificare all'infuori dell'attività originaria del pensiero è appunto in essa la sola unità possibile del Sapere.
Se ne conclude che «l'unità del Sapere» è tutta nel processo di autoformazione della personalità umana in quanto il Sapere non è nulla di presupposto e di estraneo all'attività del pensiero, non essendo possibile concepire che si dia in qualsiasi disciplina una cognizione data una volta per sempre; ed allora questa unità è soltanto il farsi Storia dell'Umanità, cioè del Pensiero che non può farsi Storia se non autoformandosi.
Siamo dunque, in questa nostra modesta argomentazione, partiti dalla negazione della Filosofia, fondandoci sulla sua contraddittorietà, sulla sua astrattezza, sulla sua inutilità, per arrivare socraticamente al punto estremamente opposto, alla prova cioè della sua coerenza, della sua concretezza, della sua indispensabilità ed imprescindibilità per qualsiasi attività umana o, meglio, per qualsiasi forma di quest'unica attività. Nessuna forma di attività è possibile nell'astrazione dalla Filosofia e quindi nessuna disciplina, anche empiricamente considerata, non solo, ma neanche la vita umana in quanto attività, in quanto pensiero, in quanto educazione ed autoformazione può prescinderne, sia pure nelle sue più modeste esplicazioni concrete, perché essa, a differenza di quella degli esseri inferiori, è essenzialmente vita del pensiero.