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Paolo Mantegazza
Un giorno a Madera

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    • 5 - Reliquie di William e di Emma
      • 8 - William a Emma - San Terenzo, 20 Aprile 18...
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8 - William a Emma - San Terenzo, 20 Aprile 18...

 

Sono escito colla mia lettera; il cuore mi batteva forte ed io mi sentiva così turbato, che se un carabiniere mi avesse incontrato per la via, mi avrebbe subito arrestato, vedendo in me il volto di chi sta per commettere un grande delitto. E infatti non ho io violato la parola data?

Son passato dinanzi alla vostra casa: era chiusa; chiuse tutte le finestre; tutto dormiva. Ho fatto il giro della casa, e dove la parete s'inalza sopra un sentiero campestre, mi son guardato intorno; e non vedendo alcuno, mi sono avvicinato e ho baciato quella parete. Non avete voi sentito quel bacio?

Fuggii come se avessi ucciso un uomo, e per più di mezz'ora, turbato, confuso, col corpo tutto in sudore mi sono gettato per viottoli solitari, fra i boschi di olivi, ora guardando alla vostra casa, ora al mare, ora al cielo, finché la stanchezza dei muscoli m'ebbe dato un po' di calma. Oh, come mai il fragile corpo dell'uomo può tener chiuso in sé tanto fuoco, tanto delirio, tanta vita: tutto un mondo di gioia che combatte con un altro mondo di dolore?

Son ritornato al villaggio per la via del mare; camminava lesto lesto sull'orlo dell'acqua, e mi divertiva a veder cancellare le mie orme lasciate sulla finissima arena dal molle e bianco merletto delle onde che parevano volermi baciare i piedi. Qual fascino riunisce tutti gli uomini su quell'orlo sottile che separa la terra dal mare, il finito dall'infinito; la vita di un giorno dai sogni eterni della speranza e del desiderio!

Domandai se in San Terenzo vi fosse una posta; mi dissero di no, che conveniva portar la lettera a Lerici; non v'era altro mezzo che cercarmi un messaggero. Lo trovai, e messomi a sedere sopra un muricciuolo, attesi coll'orologio in mano il ritorno del piccolo pescatore dai piedi nudi che aveva mandato colla mia lettera. Due volte credetti che la lancetta dell'orologio non camminasse e l'avvicinai al mio orecchio; poi, impaziente, chiusi gli occhi, tormentai colle mani le pianticelle di menta sulle quali mi ero seduto e che profumavano l'aria all'intorno. Oh! mia Emma, se un uomo senza amore guardasse un innamorato, come dovrebbe trovarlo ridicolo!

Il mio pescatore ritornava pochi minuti dopo, saltellando di sasso in sasso, ma aveva ancora la mia lettera fra le mani. Chiusi gli occhi di nuovo, come fanno i bambini, quando credono che così facendo non saranno veduti. Seppi dal mio messaggero che la porta era ancor chiusa, né vi era un campanello o altro per risvegliare i dormienti. Il mio vispo messaggero non si era però dato vinto dinanzi alla porta chiusa, e si era arrampicato sull'inferriata del pianterreno, ma tutto era chiuso e fin nella cucina, mi diceva egli, non si vedeva neppure il gatto.

Era venuto di corsa a domandarmi, se potrebbe picchiare alla porta con una pietra per svegliare quei signorini, che dormono alla pisana... diceva ridendo e facendo smorfie vivacissime con quel suo volto bruno, intelligente, sporco. Gli dissi di no, lo ringraziai, e riportando la mia lettera, son qui di nuovo a scrivervi. Oh! l'amore trasforma davvero l'uomo in un ragazzo: ma il fanciullo è anche la creatura più calda, più innocente, più irrequieta del mondo.

E sono qui col capo che mi vuol scoppiare, ma colla calma necessaria per farvi le mie scuse, per giustificarmi, per difendermi, sicché mi abbiate a perdonare il mio peccato.

Voi siete partita da Londra ed io vi son rimasto. Ecco tutta la storia di quel dolore che in tre mesi non ho potuto vincere e che per la prima volta in mia vita, e spero per l'ultima, mi ha fatto spergiuro alla mia parola.

Dopo alcuni giorni, quando la stanchezza della disperazione mi diede tempo e modo di pensare e di ritornare un uomo, immaginai un modo di poter vivere. Appena alzato, vi scriveva e per due o tre ore, era con voi. Piegava la lettera, come se avessi potuto impostarla, faceva insellare il mio cavallo, e a caso entrando nel primo parco che incontrava, mi dava a tutto lo sfrenato galoppo del mio Blitz, su e giù per i lunghi viali, immaginandomi di raggiungervi e di consegnarvi io stesso la mia lettera che portava sempre meco. A quell'ora io era il solo cavaliere che calpestasse l'arena dei parchi di Londra; e la fantasia, riscaldata dal pensare sempre ad una cosa sola, mi dava tale illusione che io, isolato affatto dal mondo esterno, sulle ali del mio cavallo, correva e correva, sbarcava sulla costa del Mediterraneo, trovava la vostra casa, vi vedeva alla finestra, vi vedeva sorridere, vi salutava. E poi, e poi, io mi rizzava sulle staffe; voi allungavate il braccio ed io vi consegnava la mia lettera. Ed io andava così smarrito in questo sogno che, sin quando la stanchezza del mio cavallo non mi obbligava a rientrare, io era ancora con voi.

Rientrato, era così stanco che poteva sdraiarmi e passare una o due ore in un sopore inebbriante che mi lasciava vivere senza far nulla. Alzato da quel letargo che avrei voluto durasse tutta la vita, rientrava nel mio studio, rileggeva la mia lettera, e immaginandomi di essere voi stessa, rispondeva una lunga lettera a William, e la piegava e vi scriveva il mio indirizzo. A voi devo dir tutto, perché sappiate quanto io vi ami. Più d'una volta ho impostato quella vostra risposta fatta da me e ho giubilato, quando il mio servo me la portava col bollo della posta.

Questa non era sicuramente la vita che voi mi avevate imposto di vivere, ma io non poteva condurne un'altra; e fuori di essa non poteva intendere e immaginare che il suicidio. Voi mi avevate scritto di studiare, di rialzare i caduti, di confortare gli avviliti, di seminare la gioia e la verità intorno a me; ma il vostro povero William, invece, non sapeva fare che una cosa sola: amarvi, amarvi con tutta la forza che la disperazione.

Poco a poco però quell'esaltazione continua in cui mi trovava, quell'immaginarmi vivo e attivo in un mondo che non esisteva, mi trassero in una specie di demenza, in una vera follia che mi mettava paura più che la morte: fin da giovinetto ho sempre avuto più orrore di quella morte della ragione che si dice la pazzia, che della morte intiera che non è poi se non la negazione della vita, la negazione d'una ben povera cosa.

Allora risorsi ad un tratto come una molla compressa da lunghi anni e che, levato il peso, solleva e schianta ogni ostacolo. In pochi minuti, vidi chiaro il mio posto nel mondo, sentii che tre mesi di separazione mi avevano fatto sempre più innamorato di voi, sentii che senza di voi la vita era per me un peso insopportabile, una tortura senza nome. Vi avevo promesso di vivere, ma, continuando così come faceva da tre mesi, sarei divenuto un povero demente, e voi di certo, voi così buona, non avreste voluto fare del vostro William un pazzo. Allora pensai di cercarvi, di cercarvi in capo al mondo, se fosse stato necessario, di domandarvi il vostro amore e la restituzione della mia parola.

Era un dilemma crudele, ma inesorabile: io non ne sapeva veder altro, non ne poteva immaginare uno migliore.

Nei labirinti del cervello, fra i vulcani del cuore mille e mille pensieri sorgono, si accavallano, si intrecciano; mille passioni si fondono, si equilibrano, si elidono; ma venuto il della battaglia, ogni nebbia sparisce, ogni delirio s'accheta, ogni convulsione si calma e sul campo trasparente dell'azione rimane con matematica crudeltà dinanzi a voi un dilemma; la lotta di due principii, di due passioni, di due individui, di due epoche, di due armate, due cose, insomma, delle quali una deve vincere e l'altra deve perdere; due cose vive, una delle quali deve morire.

E per me il dilemma era uno solo: o vivere col vostro amore, o morire. Rientrato dal mondo dei sogni sul terreno dell'azione, consumata tutta la poesia italiana che mi faceva così caldamente innamorato, ritornai a sentirmi tutto inglese, non dubitai un momento che non vi avrei potuto trovare. Voi odiate il freddo e i pini e i tetti grigi del nord; non potevate essere che in Italia; e dal vostro viaggio in quel paese voi avevate riportato due care memorie, che insieme le tante volte avevamo accarezzato nelle nostre lunghe conversazioni dei crepuscoli della sera. Voi non potevate essere che a Sorrento o nel Golfo della Spezia; io ne ero sicuro. Non è menzogna, non è poesia che il cuore abbia le sue divinazioni. Non si può amare senza avere gran parte, senza avere forse tutta l'anima di un altro fusa colla nostra, senza avere una parte del pensiero di un altro fuso col nostro pensiero, senza sentirsi incarnate nelle proprie viscere, le viscere di un altro. Ecco perché il cuore legge e indovina: perché non fa che leggere in sé stesso ciò che ha trascritto da un altro libro; non fa che sentire in sé stesso insieme alla sua una coscienza che ha strappato da un'altra anima sorella.

Son venuto alla Spezia, ho frugato in ogni albergo, in ogni casa; seppi ieri da un barcaiuolo, che or son tre mesi egli aveva condotto due signore a San Terenzo; una, diceva egli, molto bella e giovine e sofferente; l'altra una vecchia grassa che pareva una molto buona signora. Eravate voi certamente, voi colla vostra zia.

Dissi subito a quel barcaiuolo di condurmi a San Terenzo, mi rispose che il vento era gagliardo e conveniva ch'egli si prendesse un compagno; non volli; egli solo vi aveva condotto, egli solo doveva condurre anche William.

Mi mise al timone, la vela era gonfia fino a voler strapparsi, si volava sulle onde; ma io pativa troppo spesso di distrazione e più d'una volta arrischiai di gettare il guscio sugli scogli o di rovesciarlo sulle onde. Gaetano non mi permise più di reggere il timone. Fu meglio per me anche. Mi buttai sulla prora, e , chiuso fra due vele, ad un palmo dalle onde, col vento fresco che mi penetrava fino alle ossa, potei divorarmi cogli occhi tutto questo paradiso di colli ridenti, di scogli infernali o di azzurre pianure che si chiama il Golfo della Spezia. Amava ogni foglia d'ulivo, ogni ombrello di pino; seguiva cogli occhi amorosi, ogni perla che si distaccasse dall'oltremare delle onde, per correre sotto la sponda del nostro schifo e sparire; assaporava colla bocca aperta l'aroma del mare, godeva con ogni senso di quel paradiso, perché era il nido in cui si era nascosta la mia Emma.

Giunsi a San Terenzo all'ora del crepuscolo; andai subito al Caffè dell'Unione, e senza prudenza alcuna, anzi con selvaggio ardimento, domandai il vostro nome: seppi ciò che già sapeva; presi in affitto una camera in faccia alla vostra; mi sentii per un momento il più felice degli uomini; ma la mia felicità non mi portò al delirio, perché ho saputo attendere, perché dopo aver veduto alla sera il vostro volto pallido e divino alla finestra, ho saputo resistere e son rimasto in casa; perché a pochi palmi da voi ho saputo strozzare nella gola un grido che mi prorompeva violento: Emma! Emma! e fuggito dalla finestra, mi son gettato sul letto, soffocando il grido e il volto, e tentando di smarrirmi in me stesso, onde scordare per pochi momenti la coscienza di una sensazione così violenta che pareva dovesse uccidermi.

Il mio amore mi gridava forte forte nel petto: - La tua Emma è , è presso di te; potrebbe sentire la tua voce; è ed è tua, perché nessuno può amarla quanto William, nessuno può farla felice quanto lui...

E il mio orgoglio gridava forte anch'esso quanto l'amore:

- La tua Emma era in Europa, questo solo sapevi, e il tuo cuore ti portò dov'ella era; come colomba con gli occhi chiusi spiccata da lontane regioni ritorna al suo nido; come freccia di abile cacciatore che cerca infallibile il suo bersaglio; come occhio di creatura viva e foglia di pianta sepolta che ritrova il suo raggio di sole; come l'arabo del deserto che fiuta l'acqua dell'oasi remota; come William che cerca Emma; come Emma troverebbe William.

Credi tu, mia Emma, dopo tutto questo, che Dio, non mi abbia creato con te, non credi tu forse, che siamo due rami spiccati da un tronco solo e che la mano pietosa del tuo amore deve saldare e fasciare insieme, sicché vivano dello stesso succo, aspirino l'aria stessa, e eternamente avvinti e saldati non vivano che d'una vita sola?

Fuori di questo, tu puoi dirmi una cosa sola, ed è che tu ami un altro uomo. Se questo è vero, dimmelo fra un'ora, anzi in questo momento, sicché io muoia di dolore dinanzi alla tua casa, dinanzi a quella parete, su cui ho stampato pochi momenti sono un bacio ardente come la vita, fedele come la morte.

 

 




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